Scenari
La Russia di Vladimir Putin sta armando la giunta militare del golpe in Birmania
Veicoli, elicotteri, aerei, materiale bellico. E non solo: anche accordi sullo sviluppo del nucleare. Così lo zar estende la propria rete di influenza nell’Asia sudorientale
Vendita di armi, costruzione di una fabbrica di veicoli militari, firma di un accordo per la fornitura di carburante e per la cooperazione nel settore dell’energia nucleare, attivazione di voli diretti e integrazione dei sistemi finanziari. È il sostegno politico ed economico che la Russia sta fornendo alla giunta militare birmana salita al potere con un colpo di Stato il 1° febbraio 2021.
«I preesistenti legami tra il regime russo e la giunta birmana si sono intensificati dopo il golpe», conferma a L’Espresso Yadanar Maung, portavoce di Justice For Myanmar. Il gruppo di attivisti, che opera in clandestinità segnalando chi intrattiene relazioni con i golpisti, ha individuato almeno 19 aziende russe del settore difesa, le cui armi e attrezzature militari continuano a finire nelle mani dell’esercito birmano.
Nell’elenco delle forniture (disponibile sul loro sito) c’è di tutto: veicoli corazzati Brdm-2 aggiornati, caccia Su-30Sme (alcuni dei quali sarebbero già stati schierati dall’aviazione birmana nello stato di Kachin), droni Orlan-10E, sistemi di difesa aerea Pantsir-S1, motori, pezzi d’artiglieria, parti di ricambio per la flotta di aerei Mig-29, Yak-130 e di elicotteri Mi-24 e Mil, nonché per i missili terra-aria Pechora 2M.
Le esportazioni di armi russe nell’ex Birmania, come anche quelle di Cina e Serbia, «sono avvenute con la piena consapevolezza che sarebbero state usate per attaccare i civili, in probabile violazione del diritto internazionale», ha scritto lo scorso febbraio in un rapporto il Relatore speciale dell’Onu sulla situazione dei diritti umani in Myanmar, lo statunitense Tom H. Andrews.
Diverse nazioni (come Stati Uniti, Regno Unito e Canada) e l’Unione europea hanno varato diversi pacchetti di sanzioni, vietando alle proprie imprese di avere rapporti con i golpisti e con i soggetti e le entità a questi vicini. Misure simili a quelle intraprese nei confronti della Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina. Ma in entrambi i casi, a causa del veto nel Consiglio di sicurezza dell’Onu di Mosca e Pechino, non si è mai arrivati a sanzioni globali delle Nazioni Unite alle quali ogni Stato deve attenersi. C’è così chi può continuare a fare affari con una giunta militare che da quando ha preso il potere ha ucciso oltre 2.500 persone (in gran parte civili) e arrestato circa 16.000 oppositori politici, sparando sui manifestanti pro-democrazia e compiendo continui raid nei villaggi, dando alle fiamme abitazioni, scuole, campi coltivati e persino i cadaveri delle vittime.
Il 16 settembre, alcuni elicotteri da combattimento, assieme alle truppe di terra, hanno, per esempio, aperto il fuoco sulla scuola del monastero di Let Yet Kone (regione di Sagaing) uccidendo 13 persone, 11 delle quali erano bambini. Nello Stato del Kachin, dove secondo gli attivisti la giunta avrebbe schierato i nuovi caccia di produzione russa Su-30Sme, il 24 ottobre sono state uccise in un raid aereo almeno 60 persone (tra cui diversi noti artisti e musicisti). Dopo il bombardamento, compiuto nel villaggio di Kansi durante un concerto per l'anniversario di un gruppo separatista che sostiene la resistenza contro il golpe, i militari avrebbero impedito l'evacuazione dei feriti bloccando le vie di fuga.
Da quando è avvenuto il colpo di Stato, il generale Min Aung Hlaing (autoproclamato premier birmano e comandante in capo delle forze armate) si è recato tre volte in Russia, uno dei pochi Paesi che può ancora visitare, visto che la maggior parte delle nazioni vietano l’ingresso ai membri della giunta. A settembre si è recato nello stabilimento aeronautico di Irkustsk (Siberia centrale) dove fabbricano i nuovi caccia a reazione Su-30Sme che, a suo dire, «saranno tutti consegnati presto». A produrli la Sukhoi, parte del maggiore conglomerato russo del settore difesa Rostec: 700 imprese in 14 holding, tra le quali la United aircraft corporation (Uac) proprietaria al 90 per cento anche della Superjet International (il restante 10 per cento è del colosso statale italiano Leonardo).
A causa delle sanzioni europee imposte alla Russia, a questa joint-venture con sede a Tessera (Venezia) ad aprile sono stati congelati beni per circa 150 milioni di euro, bloccando il pagamento degli stipendi. Altra partnership europea della Uac, quella con i francesi di Thales.
Ancora in Russia, il capo della giunta birmana si era precedentemente recato alla Russian Helicopters, che ha fornito all’esercito birmano la flotta di elicotteri da combattimento e da trasporto M-2, Mi-17 e Mi-24. Visite ricambiate: in Myanmar, a fine aprile, della delegazione della Repubblica russa del Tatarstan faceva parte anche Sergey Kogogin, sottoposto alle sanzioni internazionali in quanto direttore generale della Kamaz, il più grande produttore di camion della Russia.
Altre armi, come avvenuto nel caso di ditte occidentali (durante la repressione delle manifestazioni da parte della giunta sono ad esempio state rinvenute cartucce della franco-italiana Cheddite di Livorno), sarebbero invece finite nelle mani dell’esercito birmano tramite triangolazioni o broker: ben 116 le imprese intermediarie birmane e di Singapore individuate da Justice For Myanmar. Tra queste la Dynasty International che, per il gruppo di attivisti, «ha stretti legami con il regime bielorusso e ha mediato l’acquisto di armi e materiale correlato da Bielorussia, Russia e Germania». Rapporti in seguito confermati anche dal dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti.
Alla ricerca di clienti per la sua energia, la Russia sta inoltre inviando idrocarburi via mare: le prime navi sono approdate a settembre. «Da quando Singapore ha sospeso le esportazioni di carburante in Myanmar, in soccorso della giunta è arrivata Mosca», denuncia a L’Espresso la segretaria generale di Italia-Birmania Insieme, Cecilia Brighi. Il 10 ottobre, la sua associazione ha scritto ai rappresentanti delle istituzioni europee per chiedere di inserire il combustibile nella lista dei prodotti da sottoporre a sanzioni per il suo duplice uso (anche militare, il cosiddetto “dual-use goods”), allegando la lista delle navi e delle aziende coinvolte e chiedendo il blocco delle banche della giunta.
Per Yadanar Maung di Justice For Myanmar, «il fatto che la giunta militare abbia riserve di valuta disponibili per l’acquisto di armi e carburante dalla Russia, utili a sostenere la sua campagna terroristica, mostra chiaramente che le sanzioni sono state insufficienti e che gli sforzi devono essere intensificati». C’è poi la questione nucleare. Nel suo ultimo e terzo viaggio in Russia, dove a settembre ha partecipato all’Eastern Economic Forum 2022 di Vladivostok (incontrando anche lo stesso Vladimir Putin), il generale Min Aung Hlaing ha inoltre incassato la firma di diversi protocolli d’intesa con l’azienda statale russa Rosatom, grazie ai quali in Myanmar potrebbe essere costruito il primo reattore atomico.