In Francia, la tradizione vuole, sin dal 1978, che ciascun primo ministro pianti un albero nel parco dell’Hotel di Matignon, uno dei più grandi e bei giardini di Parigi. Un modo per lasciare una traccia del proprio passaggio: se i presidenti sono eletti per cinque anni, i primi ministri conoscono spesso un’esistenza molto più breve. Lunedì 28 novembre, Elisabeth Borne ha scelto la sua pianta: una quercia verde, un albero sempreverde. «Una scelta ecologica e rispettosa dell’ambiente», si è compiaciuto il gabinetto del primo ministro. Un modo di ricordare che il capo di governo è anche ufficialmente in carico della «pianificazione ecologica» voluta da Emmanuel Macron. Una formula che il presidente francese ha preso in prestito alla sinistra e a Jean-Luc Mélenchon, quando era ancora in campagna elettorale, per convincere di voler veramente agire sulla questione ambientale.
Sei mesi dopo la sua nomina, è ancora qua, Elisabeth Borne, i piedi ben piantati per terra. Dopo avere puntato su un fallimento veloce, la stampa francese è oggi vittima di una sindrome inaspettata di “Bornemania”: “L’Odissea di una resistente” (Les Echos), “La trasformazione politica di Elisabeth Borne” (Le Point)... Prima dell’estate, nessuno avrebbe scommesso su una tale resilienza per la sessantunenne.
Troppo rigida, troppo tecnica, troppo fredda… Laureata al Politecnico - la più prestigiosa scuola di ingegneria francese - questa alta funzionaria non era mai stata eletta, né candidata a un’elezione. Il capo dello Stato aveva dapprima offerto il posto a una donna di destra, il sindaco di Reims Catherine Vautrin, conoscenza di Nicolas Sarkozy, ex ministro sotto la presidenza di Jacques Chirac. Ma Macron ha cambiato idea sotto la pressione della sua cerchia ristretta, preoccupata di questa ennesima svolta a destra. Ed è stato allora che Elisabeth Borne è entrata in scena: nel passato, è stata consigliere dei socialisti Lionel Jospin e Ségolène Royal, e rivendica, ancora oggi, una sensibilità di sinistra. Membro del governo durante l’intero quinquennio precedente, ha già occupato diversi posti strategici: trasporti, ecologia, lavoro… Ma senza riuscire mai a imporsi come personaggio politico di prim’ordine.
Al di là del suo profilo, è soprattutto la situazione politica che sembrava dover condannare il Premier a un contratto a breve termine. A giugno, le elezioni legislative hanno regalato una brutta sorpresa a Emmanuel Macron: una maggioranza relativa all’Assemblea nazionale. Per la prima volta dal 1988, l’Eliseo non può più contare su un gruppo di deputati che obbediscono come un esercito di soldati alla volontà del Presidente. Ormai, ogni legge deve essere discussa con i gruppi di opposizione, fino ad ottenere un compromesso. In alcuni paesi, si chiama democrazia. Nel contesto della Quinta Repubblica francese, tutta incentrata sul presidenzialismo, si definisce instabilità. Da qui in avanti, l’ipotesi di uno scioglimento del Parlamento per provocare nuove elezioni legislative, prerogativa che il presidente può attivare quando vuole, sembrava l’unico orizzonte a medio termine. Ma anche su questo punto, il timore sembra scemare. Numerosi testi sono stati votati, anche se non senza difficoltà. Un successo che nessuno si aspettava. E se la ragione si chiamasse Elisabeth Borne?
Il Premier ha dimostrato la serietà del suo metodo: concertazione, dialogo con le opposizioni e le parti sociali. Quelli che la pensavano trasparente e in disparte sono stati delusi: l’appassionata di running può anche alterarsi quando lo ritiene necessario, la sigaretta elettronica sempre in mano con gesto nervoso. All’interno del governo, ha dato prova di leadership, nei confronti di quelli che sognano di rubarle la poltrona, o che vogliono quella di Emmanuel Macron, dal 2027. Una puntualizzazione fatta in privato - i ministri devono giocare da collettivo - era dedicata soprattutto agli ambiziosi ministri Bruno Le Maire (Economia), o Gérald Darmanin (Interno).
Lo “stile” Borne - efficace e discreto - sembra funzionare. Negli ultimi sondaggi, il primo ministro è più popolare di Emmanuel Macron. Piccoli segnali che possono avere grandi conseguenze. Edouard Philippe ne sa qualcosa, congedato perché più apprezzato nei sondaggi del Presidente. Tra l’attuale inquilino dell’Eliseo e quello di Matignon, i potenziali screzi esistono già. Emmanuel Macron sta cercando un accordo con la destra; Elisabeth Borne afferma che così si correrebbe il rischio di perdere a sinistra i voti trovati a destra. Il Presidente fa sapere che vuole imporre rapidamente la sua riforma delle pensioni; il Premier insiste sulla necessità «di lavorare più a lungo» sull’argomento… E mentre Elisabeth Borne è ufficialmente incaricata del delicato tema dell’ecologia, è Emmanuel Macron stesso che decide di riprendere il dossier in mano, e si occupa di nuove riforme di trasporti pubblici, convinto che sul tema della transizione ecologica non si vada abbastanza veloci.
Per Elisabeth Borne, il più difficile deve quindi ancora venire. Al parlamento, si aspetta per il 2023 l’ennesima legge sull’immigrazione, tema sempre difficile per una maggioranza divisa. La riforma delle pensioni, che dovrebbe essere sul tavolo in primavera, rischia di essere esplosiva. Nel frattempo, Elisabeth Borne deve continuare ad occuparsi di una crisi energetica senza precedenti, e di numerose critiche sulla gestione statale, in particolare per quanto riguarda la questione del nucleare. L’equazione sembra irrisolvibile: come promuovere la costruzione di sei nuovi reattori (Epr) - come ha promesso Emmanuel Macron nel suo programma - quando il dispositivo attuale funziona già così male, con il 41 per cento del parco nucleare spento per motivi tecnici? Quando il governo chiederà ai francesi di ridurre il riscaldamento quest’inverno, di rinunciare a far funzionare la lavatrice, o di accettare delle interruzioni di corrente per due ore, Elisabeth Borne si ritroverà da sola in conferenza stampa, per spiegar loro tali misure. Una mossa sbagliata potrebbe danneggiare una popolarità basata soprattutto sull’immagine e non ancora su fatti concreti.
Le sfide sono talmente numerose che nessuno parla più del fatto che una donna occupa la poltrona di Primo Ministro. «Dedico questa nomina a tutte le bambine», aveva dichiarato con emozione l’interessata nel suo primo grande discorso. Una cosa purtroppo eccezionale nella storia politica francese: era avvenuto solo una volta, tra il 1991 e il 1992, per un periodo di undici mesi, con Edith Cresson. Questo è senza dubbio il più bel tour de force di Elisabeth Borne.