Ha iniziato con un chiosco di hot dog per poi aprire ristoranti di lusso. E, dopo aver conosciuto Vladimir Putin, ha finanziato la disinformazione e preso la presidenza del gruppo Wagner che controlla le forze paramilitari per il Cremlino

Da venditore di hot dog a oligarca della ristorazione russa. Da detenuto per frode e rapina a organizzatore della più grande rete di attacchi ibridi al servizio di Vladimir Putin. Nessuno meglio di Yevgeny Prigozhin, classe 1961, incarna il modello di guerra ibrida, non lineare, insidiosa che Putin ha ingaggiato da una decina di anni contro l'Occidente, dopo lo smacco subito in Libia nel 2011, e che oggi ha preso nuovamente di mira i confini orientali dell'Europa. Confini che il leader russo intende distruggere e ricostruire a suo vantaggio, riesumando le vestigia di un impero che non ha mai dimenticato.

 

È con il crollo del mondo sovietico che Prigozhin intraprende la sua spregiudicata carriera imprenditoriale. Grazie al successo di un banchetto di hot dog apre a San Pietroburgo una catena di ristoranti di lusso che offrono una cucina diversa da quella tradizionale per palati sempre più ricchi e sempre più sofisticati. Quando nel ristorante più in voga della città, "La nuova isola", si presenta a cena anche il presidente Vladimir Putin, Prigozhin non esita a servirgli i piatti di persona, conquistandosi la sua fiducia al punto da diventare in pochi mesi il fornitore ufficiale dei pasti delle scuole di San Pietroburgo, poi di Mosca, poi dell'intero esercito russo.

 

Qualche anno e il «cuoco di Putin», come viene soprannominato, diventa uno degli uomini più ricchi di Russia. Poi l'ennesima svolta. Nel 2013 la sua società, Concord, diventa la principale finanziatrice dell'Internet Research Agency, quella che diventerà la più grande fabbrica russa di troll, centro di ogni attacco contro l'opposizione russa e principale fonte di disinformazione in Occidente, in particolare durante la Brexit e nella campagna presidenziale americana del 2016, con l'obiettivo di aggravare le divisioni politiche e sociali in Usa e in Europa.

 

Un'azione che non è mai cessata e che oggi ha preso di mira l'Ucraina, presentata come «una società corrotta che non ha il diritto ad esistere», dice una fonte della Commissione europea che lavora sulla disinformazione russa.

 

In cambio dei suoi servizi di disinformazione per il regime, Prigozhin (che è sulla lista nera degli Usa dal 2016 e di quella Ue dal 2020) comincia a ricevere decine di contratti statali, e non più solo nel settore della ristorazione, finché nel 2014 gli viene affidata la presidenza del gruppo Wagner, una serie di società a servizio del Cremlino che includono anche una forza combattente privata formatasi nel 2013 sulla falsariga dei contractor americani per mano di ex-soldati in cerca di lavoro.

 

L'anima pare essere Dimitry Utkin, un veterano dell'intelligence militare russa (Gru), estimatore del terzo Reich, in onore del quale dal 2014 si fa chiamare Wagner.

Mercenari russi del gruppo Wagner a Bangui

Putin era da tempo che pensava a copiare gli americani e servirsi di milizie private. In testa ha un obiettivo preciso: eseguire operazioni di interesse nazionale per cui la Russia non deve risultare la mandante. Non nuoce il fatto che Prigozhin sia un manager della ristorazione e non un ex militare, dunque un uomo d'affari apparentemente legittimo. Così Wagner diventa strumentale all'annessione della Crimea prima e poi dei territori orientali dell'Ucraina, gli stessi che in questi giorni Putin ha riconosciuto come indipendenti, in violazione degli accordi di Minsk. «In Donbass, Wagner è adesso presente e come», dice da Mosca Marta Ottaviani, autrice del libro "Brigate russe": «Da anni permette a Putin di mantenere il controllo del territorio senza esporsi. Per non parlare del ruolo che il gruppo ha nell'alimentare la disinformazione». La formula d'ingaggio di Wagner è semplice. «Più Prigozhin è utile a Putin e alle sue ambizioni geopolitiche, più riceve in termini di risorse e potere», dice Nathaniel Reynolds del Carnagie endowement for international peace. Da parte sua, Putin riesce ad avere una forza di mercenari senza dovere sborsare denaro contante, visto che il vero bottino sono le risorse che trovano sul campo (da contratti pubblici a sfruttamento di giacimenti) e può negare ogni responsabilità governativa.

 

Posta di fatto fuori dal diritto russo che non permette l'esistenza di eserciti mercenari, Wagner ha completa mano libera prima nell'Ucraina orientale dove il 18 luglio 2014 abbatte un aereo civile malese con un missile dell'esercito russo e, subito dopo, in Siria, dove Putin vuole sostenere il regime di Assad ma evitare morti ufficiali. Le operazioni in Siria sono anche l'occasione per espandere il numero di combattenti (addestrati in una base meridionale russa dei servizi speciali) e di impiegare più a lungo uomini che non troverebbero posto nella vita civile. Ma il costo per la popolazione locale è alto, come dimostra la decapitazione nel 2015 di un presunto disertore dell'esercito siriano, la prima di una lunga serie di violenze che sono state condannate anche dalle Nazioni Unite e dalla Commissione europea che lo scorso 13 dicembre ha imposto sanzioni sul gruppo Wagner e su otto dei suoi esponenti, dicendo che il gruppo è una minaccia per le persone dei Paesi in cui è presente e per tutta la Ue.

 

Wagner non è l'unico gruppo russo ad impiegare mercenari ma ha una peculiarità: i suoi servizi si sono ampliati nel tempo sia in termini qualitativi che numerici. «A differenziare Wagner dalle altre società è la completezza dei servizi offerti: un esercito privato ma anche protezione e sicurezza personali; training per le forze di polizia locali ma anche grandi capacità di manipolare l'informazione», elenca Eleonora Tafuro, ricercatrice dell'Ispi.

Mercenari russi in Africa dal 2015 al 2021

È grazie a questa flessibilità che nel 2017 il gruppo è riuscito a fare il salto oltre il Mediterraneo e ad arrivare in Africa, un Continente sul quale Putin ha recentemente deciso di scommettere. I vuoti lasciati da Cina e Occidente sono molteplici e Mosca non è mai stata timida nel cercare di cogliere ogni opportunità in ambito politico, economico e della sicurezza. Non a caso uno dei primi Paesi africani in cui ha inviato la sua presenza para-diplomatica è stata proprio la Libia, dove si è sentita tradita dagli americani nel 2011 con l'eliminazione del regime di Gheddafi non prevista dal via libera dell'Onu all'attacco contro le truppe del colonnello in marcia sulla ribelle Bengasi. Da allora Putin è un grande sostenitore del generale Khalifa Haftar, a cui ha permesso di impedire una vera riunificazione del Paese, con sgomento dell'Europa, e Prigozhin è divenuta una figura immancabile durante qualsiasi trattativa militare.

 

L'entrata degli uomini della Wagner nella sfera d'influenza francese è passata invece per la Repubblica centroafricana. In cambio della sicurezza dei suoi leader e del training alle forze di sicurezza locali, la Car (ma anche il Sudan) ha garantito a Prigozhin i diritti sui siti minerari. Putin attraverso la presenza delle truppe del suo oligarca ha invece guadagnato una grande influenza politica, prima sottraendo ai francesi il ruolo di partner principale di Bangui e poi spingendoli a sospendere lo scorso giugno ogni cooperazione militare e ogni aiuto finanziario al Paese. In barba a qualsiasi regola diplomatica, il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Faustin-Archange Touadera era diventato un russo che lavora per la Wagner mentre lo stesso Progozhin aveva preso parte in prima persona alle trattative di pace della Repubblica centroafricana in Sudan.

 

E certo ha avuto un ruolo definitivo l'arrivo, lo scorso dicembre, della Wagner nella recente decisione di ritirare le forze francesi anche dal Mali, dove si trovavano dal 2013 inviate da François Hollande per impedire che la capitale Bamako finisse in mano ai fondamentalisti islamici e per controllare le rotte dei migranti. I mercenari russi non hanno esitato a sfruttare il risentimento coloniale contro i francesi per accreditarsi come i protettori del nuovo governo ostile a Parigi, arrivando a un’intensa azione di propaganda che include il ricorso a film e cartoni animati, come quello in cui l'orso che viene dalla Russia salva l'elefante assalito dalle iene indicate con le bandiere americane e francesi - per cementare l'immagine dei soldati della Wagner come salvatori intenti a difendere il Paese da forze maligne.

 

«L'obiettivo di Putin è rompere ogni coesione occidentale, destabilizzando l'Europa per impedirne una crescita in potenza», dice Mike Martin, un ex militare britannico che tra le altre cose insegna Conflitti e sicurezza al King's college di Londra: «L'Africa gli offre una grande opportunità». Complici il cambiamento climatico e regimi instabili, dal Sahel potrebbe arrivare un'ondata migratoria che farebbe impallidire quelle passate e metterebbe a dura prova l'unità europea. «La massiccia presenza della Wagner è inquietante: dopo avere destabilizzato il fianco orientale dell'Europa, la Russia potrebbe in futuro dedicarsi a quello meridionale». Il più debole.

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