Lo strano caso della Serbia, in attesa di entrare nell’Ue ma troppo amica della Russia di Putin

Nei giorni in cui l’offensiva si intensifica contro l’Ucraina, il Paese balcanico vota a favore della risoluzione Onu di condanna all’invasione ma non si allinea alle altre decisioni occidentali. Non sospende il traffico aereo da e verso Mosca, non si unisce alle sanzioni e i media filo-governativi sostengono “lo zar”

In bilico, ostinatamente neutrale. È questa la posizione della Serbia, che preferisce l’immobilismo nel conflitto tra l’esercito del Cremlino e la resistenza dei civili ucraini capace di ricompattare l’Occidente. Anche se nella sfera occidentale la Serbia vuole entrare eccome. Lo dimostrano, era il 2014, i negoziati di adesione per diventare parte dell’Unione Europea. Ma i legami con l’alleato russo, fornitore di riserve di gas e allineato a Belgrado nel non riconoscere l’indipendenza del Kosovo, sono troppo importanti per appoggiare le sanzioni decise da Nato e Ue.

 

Pur votando a favore della risoluzione che condanna l'invasione russa dell'Ucraina, approvata quasi all’unanimità dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e con un’astensione importante, quella cinese, la Serbia non vuole compromettere il rapporto con la Russia. Per questo la compagnia di bandiera, Air Serbia, è tra le poche che ancora sorvolano i cieli russi. E anzi annuncia che nelle prossime settimane aumenterà i voli tra le due capitali, Belgrado e Mosca, garantendo sul suo sito internet «da uno a tre collegamenti diretti». I passeggeri, tra l’altro, potranno volare anche facendo scalo a Istanbul. Il Paese di Recep Tayyip Erdogan, la Turchia, pur avendo condannato l’attacco dalla Russia non ha impedito a Turkish Airlines di continuare a erogare il servizio.

 

Ma il sostegno serbo al Cremlino non si gioca solo nei cieli. Il Paese non si è allineato agli altri stati occidentali che dopo l’invasione, avvenuta il 24 febbraio, hanno imposto sanzioni a oligarchi, istituzioni e aziende russi. Nonostante la candidatura per entrare nell’Ue implichi l’allineamento della politica estera serba a quella degli stati membri. Eppure, il presidente Aleksandar Vucic, leader del Partito progressista e a capo del Paese dal 2017, in una conferenza stampa la settimana scorsa aveva sì confermato il rispetto «per la pace e il diritto internazionale» e espresso supporto per «l’integrità territoriale dell’Ucraina», ma in nome degli «interessi nazionali» aveva deciso di non sostenere le sanzioni contro la Russia. «La Serbia protegge i suoi interessi e i suoi legami di amicizia. Non tutti saranno soddisfatti di questa scelta, ma è la decisione migliore», aveva detto.

 

Per quanto i rapporti con l’Ucraina siano buoni, infatti, la Serbia ha legami (e affari) maggiori con la Russia, sul piano politico ed economico. Il Paese guidato da Vucic dipende in larga parte dal gas russo e Putin, inoltre, non riconosce l’indipendenza del Kosovo. Una posizione importante, perché essendo uno dei cinque paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dispone dunque del cosiddetto diritto di veto (la possibilità di impedire, tramite voto contrario, l’adozione di una delibera da parte del Consiglio stesso). La Russia è quindi un alleato prezioso. Tanto più se, come denunciava pochi giorni fa la ministra degli Esteri kosovara Donika Gervalla, Vucic dovesse essere davvero impegnata «ad affermare il diritto della Serbia sulla regione», aumentando così il rischio di emulare il comportamento di Putin con l’Ucraina.

 

Nei giorni scorsi anche la stampa serba filo-governativa si è schierata a favore della Russia, raccontando l’invasione in modo unilaterale e fazioso su tabloid e quotidiani. Informer e Alo, a 24 ore dall’attacco, titolavano “Kiev raggiunta in un giorno”. Informer si è spinto anche oltre, scrivendo in prima pagina “L’Ucraina ha attaccato la Russia”. Citando persino l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump: “Putin è un genio, ha ingannato tutti”. Kurir, un'altra rivista, assicurava invece: “La Russia ha fatto di tutto per la pace”. Non sono mancati i quotidiani. Vecernje Novosti motivava l’atteggiamento russo descrivendolo come una risposta alle minacce della Nato. Mentre Politika raccontava dell’operazione di «demilitarizzazione e denazificazione» del territorio ucraino citando però solo fonti russe e non ucraine.

 

Non c’è solo l’ostilità alle sanzioni e la narrazione distorta della stampa. Un’organizzazione estremista di destra, in italiano “Le pattuglie della gente”, nata come movimento ostile ai migranti e ai rifugiati in viaggio attraverso la Serbia per arrivare in Europa, e in prima fila contro la campagna vaccinale, venerdì sfilerà nelle strade di Belgrado. Con l’obiettivo di appoggiare la guerra voluta da Putin: «Vogliamo supportare russi e bielorussi nella lotta contro il governo di Kiev, nazista e favorevole all’Occidente», hanno scritto sul loro profilo Instagram. Al momento, le autorità serbe non hanno smentito né confermato la manifestazione. 

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