La propaganda russa è una guerra parallela alla realtà: nel giro di un giorno, bloccati tre media indipendenti, mentre alla tv di Stato si spiega che gli ucraini si bombardano da soli. «Siamo governati da una corporazione fascista», dice la direttrice del soppresso magazine moscovita New Times. «La colpa è anche vostra: Putin ha corrotto i politici occidentali»

«Putin ha fatto della Russia il mondo di Orwell». Parla la giornalista Albats


«Irina, ma tu ci credi a quel che dice la tivù?» «Sì, è quel che dice il governo, quindi ci credo». Il televisore da 65 pollici copre mezza parete nel salottino dell’appartamento al dodicesimo piano di un palazzone tardo-sovietico in una selva di palazzoni tardo-sovietici alla periferia di Mosca. Sullo schermo, un servizio in cui si spiega che il missile sul palazzo della Regione nella piazza principale di Kharkiv gli ucraini se lo son tirato da soli. Irina ha 40 anni, è un insegnante di inglese. Non vuole che pubblichiamo il suo cognome per non associarlo con media stranieri. «Non è vero che spariamo addosso agli ucraini, come dite voi». Cambiamo canale. «I nazisti ucraini impediscono alla popolazione di lasciare Mariupol», dice il conduttore Ruslan Ostashko. Il suo talk show è stato allungato, così come quello del sulfureo Vladimir Solovyov, che ha due ville sul Lago di Como ed è furioso per le sanzioni («io in Italia ho pagato le tasse!», strepita in diretta), e quello del capo-propagandista di Putin Dmitri Kiselyov - anche lui colpito da sanzioni personali.

 

Una guerra parallela contro la realtà
Quella russa più che propaganda è una guerra parallela contro la realtà. Nelle scuole, conferma. Irina, sono stati distribuiti manuali in cui si legge che le forze armate russe «non effettuano alcun attacco aereo o di artiglieria sulle città dell’Ucraina» e che «nulla minaccia la popolazione civile pacifica». Il ministero dell’Istruzione comunica di aver preparato una “lezione” obbligatoria: è un video che racconta del pericolo della Nato, e di come la Russia protegga la popolazione civile». Soprattutto, di come bisogna diffidare del “flusso di informazioni, foto e video dI internet». Come dire: ragazzi credete solo alla tv di stato. E vietata la parola ”guerra”: quella in Ucraina è una “operazione militare speciale”. A dire guerra ci si mette nei guai. Anche da molto giovani: cinque bambini sono stati fermati e portati a un posto di polizia insieme alle loro mamme per aver esposto cartelli con scritto “no alla guerra“ davanti all’ambasciata ucraina a Mosca. Sono oltre 6mila le persone fermate per motivi analoghi nella prima settimana dell’attacco russo, secondo le Ong che monitorano le proteste.

 

La pasionaria che combatte lo zar
«Certo che abbiamo usato la parola “guerra”, e anche “invasione”. Abbiamo prima ricevuto un’ avviso da parte di Roskomnadzor (una sorta di “Minculpop” russo, ndr), che poi ci ha bloccato il sito». Yevgenya Albats è una delle più famose giornaliste russe e dirige il New Times, una prestigiosa rivista liberale colpita duramente dal regime nel corso degli anni, fino a quest’ultimo provvedimento repressivo. È fiera di aver disobbedito. Con motivazioni analoghe, ovvero per «aver incitato ad attività estremistiche e diffuso informazione deliberatamente falsa sulle azioni delle forze russe», è stata tolta dall’etere la popolare radio Ekho Moskvy, su cui Albats ha un suo programma, e la televisione online Dozhd Tv. Tre degli ultimi media indipendenti in un colpo solo. Il direttore di Dozhd Tikhon Dzyadko si è rifugiato negli Usa per motivi di sicurezza. Albats no. Lei resta. Continua a sfidare il regime. E a fare la sua rivista, per i lettori russi all’estero e per quelli in patria che riescono ad aggirare il blocco imposto da Roskomnadzor con i Vpn, che permettono l’anonimato transnazionale su internet.

 

Fascismo al potere nel mondo di Orwell
La redazione dove l’abbiamo incontrata l’ultima volta cinque anni fa però non c’è più. Il giornale adesso Albats lo fa a casa sua, coordinando il lavoro esterno dei suoi collaboratori. Si esce solo online. «Abbiamo dovuto chiudere l’edizione cartacea perché eravamo preclusi da ogni tipo di distribuzione e le tipografie si rifiutavano di stampare la rivista», ricorda la direttrice. Che una volta per aver intervistato il nemico di Putin Alexey Navalny si è beccata una multa da 350mila euro. «Ora poi la situazione è ancora peggiore: siamo nel mondo di Orwell. Trionfa il doublespeak: la guerra è pace, la bugia è verità. Tutto è inventato». Nessun dubbio sul tipo di regime al potere: «Siamo governati da una corporazione fascista, i cui membri sono gli uomini del vecchio Kgb, dice Albats a L’Espresso. «Non hanno creduto ai loro occhi, quando nel 2000 hanno visto uno dei loro diventare presidente. E con la costanza e lo spirito di gruppo proprio delle corporazioni, o delle confraternite, si sono ripresi la Russia». L’attuale offensiva contro la realtà è di stampo sovietico: «Mi sembra di esser tornata. ai tempi dell’invasione dell’Afghanistan. Ci fu detto che eravamo stati invitati per liberare un popolo. Come ci dicono adesso. Bugie senza pudore».

 

Navalny contro il grande corruttore
Forse il tragico pantano in cui Putin si è infilato in Ucraina e le sanzioni porteranno ad un colpo di stato in Russia? «Possibile. Regimi del genere, quando il dittatore supera i limiti, finiscono con un colpo di stato. I miliardari di regime stanno perdendo un sacco di soldi». E la gente normale, Yevgenya? Quando il morso delle sanzioni si farà davvero sentire, ci sono da aspettarsi proteste di massa? Navalny dal carcere ha invitato i russi a scendere in piazza. «C’è timore. A protestare si finisce in galera. Ma col blocco delle importazioni molte fabbriche si fermeranno. Col crollo del rublo ci sarà inflazione. Niente più risparmi. La propensione a manifestare potrebbe aumentare (secondo un sondaggio dell’istituto indipendente Levada al 21 febbraio il 23% dei russi era pronto a proteste per motivi economici, il 18% per motivi politici, ndr)». Navalny potrà diventare un leader nazionale? «Sta pagando un prezzo enorme per la sua lotta. Ha tutto il diritto di chiedere ai cittadini di aderirvi. Chi altri potrebbe far tornare questo un paese normale»? Intanto, per quello che la Russia è diventata «non possiamo che biasimare noi stessi: abbiamo tollerato questo figlio di buona donna per 21 anni». Ma la colpa non è solo dei russi: «Putin è riuscito a corrompere tanti politici occidentali, a partire dal vostro paese», sostiene Albats.

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