L’analisi
Elezioni Francia, l’estrema destra ha preso quasi un terzo dei voti. E il dibattito si è “trumpizzato”
Le Pen e Zemmour hanno convinto oltre il 30 per cento dei votanti, mentre i partiti storici sono di fatto scomparsi. In questo contesto la vittoria di Macron non è scontata
Il pericolo di un nuovo shock politico con conseguenze internazionali, dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump, sembra essere superato. Lo scarto elettorale tra Marine Le Pen, candidata del Rassemblement National alla sua terza elezione, ed Emmanuel Macron, presidente uscente del neonato partito En Marche, non è molto diverso da quello già visto al primo turno del 2017. Eppure la vittoria di Emmanuel Macron non è ancora certa, perché la situazione politica e sociale della Francia è molto cambiata.
Al primo turno delle elezioni, il cosiddetto “voto del cuore” diverso dal “voto utile” del secondo round, il 30,46% degli elettori ha scelto un leader di estrema destra. Nella terra di nascita dell’Illuminismo e dei diritti dell’uomo, e nonostante la maggioranza dei voti sostenga il cosiddetto fronte repubblicano contro le forze anti-democratiche, questo è un dato estremamente inquietante. Lo stesso Macron, in un’intervista alla radio France Inter una settimana prima del voto, ha riconosciuto di non essere “riuscito ad arginare” l’ascesa dell’estrema destra durante il suo mandato. È vero, il nuovo arrivato Eric Zemmour, ex giornalista e commentatore tv, non sarà al secondo turno e nemmeno “capo dell’opposizione”, come ha tuonato poco prima dello scrutinio, ma è comunque riuscito ad ottenere il 7% con proposte come la “ri-emigrazione” degli immigrati, riabilitando il regime di Vichy e l’intellettuale di estrema destra Charles Maurras, antisemita, teorico del “nazionalismo integrale” e dirigente dell’Action française, le cui idee sono state a lungo tenute lontane dal dibattito pubblico.
Oltre al “dejà vu” del duello Macron-Le Pen e all’affermazione dell’estrema destra, questa elezione ha provocato nuove e serie conseguenze, soprattutto per i partiti. A destra si registra un’implosione: con il 4,79% il partito repubblicano, erede di Charles de Gaulle, ottiene il peggiore risultato della storia. Il partito rappresentato da Valérie Pécresse non ha nemmeno raggiunto la soglia minima del 5% che gli avrebbe permesso il rimborso delle spese di campagna, avviandosi così verso la morte finanziaria oltre che politica.
L’altro colpo duro è il disastro socialista di Anne Hidalgo, sindaco di Parigi, che ha ottenuto un misero 1,74%. Gli elettori francesi hanno sanzionato i grandi partiti storici che hanno governato la Francia fino al 2017: incapaci di alleanze strategiche e della comunicazione di una visione chiara e coerente, sono stati allontanati dal gioco elettorale.
Il fronte di estrema sinistra rappresentato dalla France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, leader carismatico alla sua terza elezione, giudicato populista, e con una spiccata capacità di attrazione nei confronti di un elettorato giovane, istruito, internazionale, si è posizionato terzo al 22%, con uno scarto minimo, di solo 1,46% rispetto a Marine Le Pen. Ora il futuro del secondo turno è in mano proprio agli elettori di Mélenchon: a differenza del 2017, la sera dell’elezione il leader sconfitto ha ripetuto tre volte “non bisogna dare nessun voto a Marine Le Pen”.
Ma questo sarà sufficiente per mobilizzare l’elettorato? Bisogna tenere conto del fenomeno crescente dell’astensione confermata al 25,24%, e maggiore di tre punti rispetto al 2017. Non bisogna dimenticare che le prossime due settimane, in cui Macron si dedicherà ad una vera e propria campagna, dopo essersi concentrato principalmente sulle urgenze internazionali imposte dalla guerra in Ucraina, saranno giorni di vacanza per la maggioranza dei dipartimenti francesi. E poi, naturalmente, c’è la nuova strategia della “dolcezza” e della moderazione di Marine Le Pen, che pare averla ripagata. Come Matteo Salvini in Italia, Le Pen si è mostrata empatica proponendo idee di estrema destra come fossero inoffensive, grazie ad una comunicazione innovativa, tra selfie, gattini, giacche instagrammabili color pastello, danze con i simpatizzanti e un sorriso stampato. In Francia i leader politici hanno finora mantenuto un ritegno e una moderazione repubblicana che gli impediva di comunicare mostrandosi in costume al mare o con la maglia di giocatori di calcio.
Eppure ora il paese sembra aprirsi alla trumpizzazione e alla salvinizzazione della comunicazione politica. In questo nuovo contesto, Emmanuel Macron potrà vincere la sua scommessa?