L’Inflation reduction act, contestato dai repubblicani, mette sul piatto 350 miliardi di incentivi. Ma non mancano i delusi che speravano in un piano più ambizioso

«Mio padre era un agricoltore. I contadini sono conservatori in termini di attenzione e cura della terra, si assicurano che sia ben preservata. Perché oggi un partito conservatore, appunto, sia contrario a fare qualcosa per l’ambiente per me è incomprensibile. Il cambiamento climatico potrebbe essere la questione più importante che l’umanità abbia mai affrontato». Il professor Donald Wuebbles, uno dei massimi esperti americani in materia di clima, non si capacita. Gli sembra assurdo che l’Inflation reduction act, firmato da Joe Biden lo scorso 16 agosto, sia passato senza neppure un voto repubblicano, non al Senato e nemmeno alla Camera. Il più grande balzo in avanti sul clima mai fatto dagli Usa – un pacchetto da 750 miliardi di dollari – è dunque un successo personale per il presidente Biden la cui popolarità, dopo aver raschiato i minimi storici, sembra recuperare terreno toccando il 44 per cento. Lo è anche per il partito democratico, in vista dell’appuntamento alle urne del prossimo novembre con le elezioni di metà mandato.

 

«C’è chi si oppone a qualsiasi tipo di investimento in questa direzione, eppure si tratta di interventi essenziali per trasformare il sistema energetico e di trasporto. Non solo qui, ma in tutto il mondo», dice Wuebbles. Nel 2007 vinse il Premio Nobel per la pace con i colleghi dell’Intergovernmental panel on climate change, il comitato intergovernativo internazionale dell’Onu per i cambiamenti climatici (quell’anno il riconoscimento fu condiviso anche con Al Gore, ex vicepresidente e profeta del movimento ecologista americano). «La situazione è già critica, ma le conseguenze saranno molto più gravi se non prendiamo davvero sul serio la questione. In questo senso, l’Inflation reduction act è un avanzamento significativo», spiega l’esperto, oggi in forze presso l’università dell’Illinois.

 

Il piano complessivo punta a ricalibrare l’industria energetica, ma anche ad offrire all’americano medio alternative ai combustibili fossili. La Casa Bianca assicura che la misura sarà in grado di affrontare di petto l’inflazione indirizzando l’economia verso politiche energetiche più sostenibili. Un macro programma che interviene anche nel campo dell’assistenza sanitaria, limitando i costi per le fasce a reddito medio-basso. Prevista inoltre un’aliquota fiscale del 15 per cento per le compagnie con profitti superiori a un miliardo di dollari annuale. Il messaggio dei democratici alla classe media è chiaro: i soldi verranno dalle tasche di paperoni e corporation, non da quelle dei lavoratori.

Donald Wuebbles

«Tutte cose che avremmo dovuto fare prima, ma sono comunque soddisfatto. Sostengo da anni politiche di questo tipo», aggiunge Wuebbles. Un passo deciso, forte dei 370 miliardi indirizzati specificamente a combattere il cambiamento climatico. L’obiettivo è quello di ridurre del 40 per cento entro il 2030 (rispetto al 2005) le emissioni di gas serra. Nonostante all’inizio della presidenza, Biden si fosse impegnato a ridurre le emissioni tra il 50 e il 52 per cento per poi arrivare a zero entro il 2050, si tratta di un’inversione decisa di marcia se si considera che la previsione attuale si ferma intorno al 25 per cento. Punto focale, le agevolazioni fiscali per i consumatori che scelgano l’energia verde: generosi crediti di imposta e incentivi a chi acquista un veicolo elettrico, ma anche a chi produce e a chi consuma energie rinnovabili come quelle solari, eoliche e nucleari.

 

Una versione indubbiamente stemperata del rivoluzionario Green new deal sognato dalla sinistra del partito, protestano gli ambientalisti. E più modesto dell’ambizioso Build back better proposto da Biden appena messo piede nello studio ovale. «Certo, vorremmo politiche ancora più forti, che includano ad esempio una carbon tax o altri mezzi per compiere la transizione più rapidamente, ma dovremmo celebrare quello che abbiamo piuttosto che lamentarci di quello che avremmo voluto», taglia a corto Wuebbles, che ha lavorato con Barack Obama come vicedirettore dell’Ufficio per le politiche scientifiche e tecnologiche. In quegli anni, osserva, si tentò di lavorare ad una simile legislazione, ma senza successo.

 

Secondo le stime della Casa Bianca, l’Inflation reduction act potrebbe ridurre i costi sociali del cambiamento climatico fino a 1.900 miliardi di dollari entro il 2050. «Se si considerano gli ultimi anni, l’impatto sull’economia statunitense dei cambiamenti climatici e dell’aumento dell’intensità dei fenomeni atmosferici è compreso tra i 150 e i 200 miliardi di dollari. Non ci vorrà molto per risparmiare mille miliardi». Interessante, ora, vedere come il piano verde verrà attuato. «Penso che sarà piuttosto semplice, per via delle agevolazioni fiscali. Negli ultimi tempi, molta gente ha già iniziato a installare impianti solari in casa (io ne ho uno, ad esempio), ma anche le città. Ne vedremo tanti di più».

 

Dei temi in ballo, in casa democratica si parlava da tempo. La legge è stata in incubazione per oltre un anno. Al Senato è passata 51 a 50, con il voto favorevole di tutti i democratici e quello decisivo della vicepresidente Kamala Harris. Dopo trattative sfiancanti, alla fine anche il senatore centrista Joe Manchin si è allineato alla traccia del suo partito, trovato l’accordo con il capogruppo Chuck Schumer. Alla Camera, dove i dem mantengono una solida maggioranza, ha avuto vita più facile con 220 favorevoli e 207 contrari. Nessun repubblicano a favore. Nonostante l’assertività del nome, il partito dell’elefante è convinto che l’Inflation reduction act non solo non rispecchi i bisogni reali del Paese, ma gioverà poco o niente all’economia.

 

Per James Stock, professore di economia e responsabile del comparto clima e sostenibilità di Harvard, il problema è squisitamente politico. «Abbiamo un sistema a due partiti completamente disastrato. Se il voto fosse stato segreto, la normativa sarebbe passata con un sostegno più consistente. Ma i repubblicani non potevano fare altrimenti per ragioni politiche. Ha a che fare puramente con le divisioni del Paese e l’eredità di Trump». Un lascito inconsistente, almeno in tema di ambiente. «Peggio di zero, perché ha politicizzato queste questioni. È diventato semplicemente un altro problema su cui i repubblicani non possono scendere a compromessi», sentenzia Stock, che ha alle spalle un’esperienza alla Casa Bianca come membro del gruppo dei consiglieri economici del presidente Obama.

 

Per l’economista, l’Inflation reduction act ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo decisivo nella prossima tornata elettorale. «Produrrà un abbassamento dei prezzi dell’elettricità; tutte le stime, francamente, indicano che ridurrà l’inflazione; produrrà un abbassamento dei prezzi dell’elettricità, ma soprattutto farà davvero qualcosa di significativo per il clima», sostiene. «Sarà più economico costruire impianti eolici e solari, che a gas naturale e ancor meno a carbone. Per la prima volta nella storia, ci troviamo in una situazione in cui è possibile immaginare di decarbonizzare il settore dell’energia elettrica e di risparmiare denaro. Siamo in grado di fare politica climatica senza che costi una fortuna».

 

Il piano, spiega, stimolerà lo sviluppo di nuovi mercati e tecnologie, generando posti di lavoro e favorendo la produttività. «Un esempio: c’è un buon sussidio per le pompe di calore. In passato ho cercato di metterne una a casa mia, ma la ditta che avrebbe dovuto istallarla non sapeva nemmeno cosa fosse. C’è un enorme mercato potenziale, questa legge farà scendere i prezzi e insegnerà alla gente come usare le fonti alternative». Basterà a convincere gli elettori in autunno? Stock è cauto. «L’ambiente politico è fortemente polarizzato, le persone non ascoltano le stesse fonti di notizie. Vedremo cosa succederà a novembre».