In Iraq e in Siria, ma anche in Giordania e in Libano. L’abuso di Captagon e Crystal si diffonde, mietendo vittime tra miliziani Isis e giovani. Perciò il governo di Bagdad e le forze curde chiedono controllo dei confini e sostegno per combattere i trafficanti

Enas sorseggia la sua limonata in un caffè nel centro di Karada, quartiere vivace di Bagdad. Dopo anni d’insegnamento si batte per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle dipendenze, un tema tabù in Medio Oriente. Racconta con convinzione che da due anni c’è una nuova forma di terrorismo in Iraq: prima c’erano le bombe, adesso c’è il narcotraffico.

Nella sua esperienza d’insegnante è rimasta stupita della quantità di allievi che assumevano anfetamine. Nelle scuole le droghe sintetiche hanno trovato mercato tramite una semplice strategia: diffondere il prodotto a prezzi irrisori, se non gratuitamente, e proporlo come stimolante per rimanere svegli e poter studiare. E negli ultimi due anni, passato il periodo della pandemia, in Iraq due droghe hanno trovato spazio: il Captagon, la celebre anfetamina utilizzata dai combattenti dell’Isis, e il Crystal, una metanfetamina proveniente dall’Iran, ma che da poco viene prodotta anche in territorio iracheno con conseguenze disastrose.

Basta andare nel centro ospedaliero di al-Ataa, alle porte di Sadr City, nella periferia della capitale, per rendersene conto. Giovani da tutto il Paese tenuti in celle, smagriti e con gli occhi di chi non dorme da mesi, i corpi devastati da tagli e macchie. Uno di loro, Husain, costellato di cicatrici ed eruzioni cutanee, è sicuro di potersi riprendere la propria vita; ma dopo due anni di dipendenza da Crystal e un via vai dalla prigione, dove finisce per piccoli furti – sussurrano le guardie sciite della struttura – non ci sono molte speranze con lui: appena terminerà le due settimane di terapia, probabilmente cercherà di nuovo i suoi amici spacciatori e verrà trovato di nuovo a rubare per pagarsi la droga.

I sintomi della dipendenza da Crystal sono molto dolorosi: oltre a macchie ed escoriazioni, lo stomaco brucia e le fitte all’addome diventano insopportabili. Eppure la sostanza è diffusa ovunque, dal Sud, in città come Bassora, fino al Nord del Kurdistan iracheno. La situazione è paragonabile all’epidemia di Fentanyl negli Usa, proprio per questo il governo presieduto da Mohammed Shia’ Al Sudani ha fatto qualcosa di importante in termini comunicativi: dichiarare guerra ai narcotrafficanti, con il motto «Come abbiamo combattuto il terrorismo, combatteremo la droga». Infatti, i sequestri sono frequenti: solamente a Bagdad, lo scorso 24 luglio è stato bloccato un carico da un milione di pasticche di Captagon.

Gli interventi delle forze di polizia irachene vengono spiegati dal generale Saad Maan, portavoce del ministero degli Interni: «Il governo americano ci sta sostenendo. L’Iraq è diventato crocevia del narcotraffico in Medio Oriente, perciò il ministro Abdul Amir al-Shammari ha incontrato due mesi fa i suoi omologhi dei Paesi arabi per esporre il problema. Bisogna essere uniti, fondamentale è il pattugliamento dei confini perché il Captagon proviene dalla Siria. Senza cooperazione, però, l’Iraq non potrà fermare questa tragedia».

Anche in Libano e Giordania i sequestri del Captagon sono aumentati, ma la radice del problema affonda sempre e soprattutto in Siria. Qui, nel territorio curdo del Rojava, le forze Ypg si stanno addestrando e hanno creato dipartimenti appositi per i sequestri e le indagini necessari a fermare i narcotrafficanti e i gruppi criminali coinvolti nel mercato degli stupefacenti. E ciò nonostante il contesto sia fragile a causa delle forze turche che continuano ad attaccare le postazioni curde con droni e artiglieria. Ma la pasticca mas-hrny, che non fa dormire, si sta diffondendo a macchia d’olio.

Nel periodo di massima espansione dei territori occupati dall’Isis, il Captagon era indicato come la droga della jihad, proprio perché i miliziani dello Stato islamico ne abusavano per combattere: rende straordinariamente forti, dando la capacità di non aver bisogno di mangiare e dormire anche per due giorni, oltre a tenere alta l’adrenalina necessaria per farsi coraggio nei momenti disperati.

Dal 2020 il Captagon è diventato una nuove fonte di reddito per portare avanti altri interessi: politi e strategici. La produzione, secondo le autorità Ypg, non avviene nel loro territorio, ma in quello sotto il controllo del governo di Damasco. La Siria di Bashar al-Assad è diventata agli occhi della comunità internazionale un narco-Stato: forse la strategia del regime è quella di ottenere un dialogo con i Paesi arabi mostrando la capacità di aprire e chiudere i rubinetti di questa anfetamina. Le indagini dell’Organized Crime and Corruption Reporting Project indicano molti membri della famiglia di Assad, sia il fratello minore Maher sia alcuni cugini, in particolare Wasim Badia e Rami Makhlouf, come i principali produttori e distributori di Captagon.

Oltre il confine con l’Iraq, il traffico più intenso si trova nella valle della Beqaa, in Libano, dove gli uomini legati a Hezbollah fanno arrivare il Captagon nei porti industriali per tentare l’assalto al mercato europeo. A cominciare dall’Italia. Come dimostra il sequestro avvenuto nel 2020 nel porto di Salerno, dove la Guardia di finanza ha trovato oltre un milione di pasticche. Ai tempi, il tenente colonnello Giordano Natale aveva ipotizzato che vi fosse anche il supporto logistico della camorra.

In questi giorni, nei territori Rojava sono stati compiuti sequestri importanti. Ma s’intercetta una minima parte di quello che gira per le strade teatro della lunga guerra civile: «Siamo soli, non abbiamo mezzi, servirebbero unità specializzate addestrate, droni e investimenti», dichiara il colonnello delle forze Ypg Haval Hassan con il volto stanco di chi affronta battaglie difficili.