MONDO IN CRISI
345 milioni di persone soffrono la fame: «Per scongiurare la catastrofe nasce una task force Onu»
La guerra, il clima, la povertà hanno moltiplicato il numero di chi rischia di morire per mancanza di alimentazione. Parla Cindy McCain, la direttrice del World Food Programme
«Il nostro Pianeta è in grado di produrre abbastanza cibo per tutti, ma un mix tossico di conflitti, cambiamenti climatici, disastri, povertà strutturale e disuguaglianze ci impediscono di avere un mondo senza fame». La neodirettrice esecutiva del World Food Programme dell’Onu Cindy McCain, 68 anni, ci parla dal suo quartier generale a Roma.
Da poche settimane guida la più grande organizzazione umanitaria del mondo che ogni anno assiste 160 milioni di persone (di cui 15 milioni di bambini) in 120 Paesi. Grazie a un budget annuale di 10 miliardi di dollari e 23.000 dipendenti, ogni giorno il programma alimentare mondiale trasporta tonnellate di aiuti umanitari a bordo di 5.600 camion, 100 aerei e 30 navi.
Vedova di John McCain (ex senatore e candidato repubblicano alla Casa Bianca), già ambasciatrice permanente degli Stati Uniti presso le agenzie delle Nazioni Unite per l’Alimentazione, con un passato da volontaria per i diritti umani, al suo primo mese nel nuovo prestigioso ruolo non ha perso tempo.
Ha già visitato la Somalia («senza di noi 135 persone al giorno morirebbero di fame») e il Kenya, si è occupata della guerra scoppiata in Sudan, ha incontrato il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky («abbiamo distribuito quasi 2 miliardi di pasti agli Ucraini») ed è intervenuta al summit del G7 in Giappone («ho ricordato ai leader politici che bisogna agire adesso»).
«Stimiamo che quest’anno 345 milioni di persone stiano soffrendo la fame, più del doppio rispetto a prima e ci sono 43 milioni di persone in 51 Paesi a un passo dalla carestia», ci spiega McCain, mentre dice di lavorare senza sosta per scongiurare «un’inaccettabile catastrofe».
Ma quali sono le cause dell’emergenza alimentare? «L’insicurezza nutrizionale acuta che stiamo vivendo è dovuta a diversi fattori come conflitti, shock economici, eventi climatici estremi e l’impatto collaterale della pandemia di Covid-19». Nel 2020 l’agenzia Onu che dirige ha ottenuto il Premio Nobel per la Pace «per i suoi sforzi nel combattere la fame, per i suoi contributi nel migliorare le condizioni della pace in aree di conflitto e per la sua azione nel prevenire l’uso della fame come arma per promuovere guerre e conflitti».
Il presidente della Russia Vladimir Putin sta usando il cibo come arma di guerra in Ucraina? «Non ci sono dubbi – risponde la direttrice – le guerre causano fame, e questa guerra non fa eccezione. La soluzione migliore per evitare la malnutrizione, in Ucraina come altrove, è porre immediatamente fine ai combattimenti. Ma questo non è il nostro compito. Noi ci concentriamo nel raggiungere coloro che lottano per la sopravvivenza».
McCain annuncia a L’Espresso la nascita di una task force sull’innovazione per metterà insieme le menti migliori che suggeriscono passi misurabili da intraprendere per affrontare la fame. Tra le priorità del suo mandato, ci rivela, c’è l’esigenza di migliorare l’efficacia d’azione e ampliare le collaborazioni e l'innovazione per fornire soluzioni moderne ai più bisognosi. Ma anche sviluppare, con progetti mirati nei Paesi più poveri, un’agricoltura sostenibile del rispetto dell’ambiente.
L’ex ambasciatrice ammette che non può farcela da sola e auspica una cooperazione globale, chiamando a raccolta anche più donatori per consentire al capitale umano di crescere, alle economie di svilupparsi e alle persone di prosperare. «Il mondo ha bisogno di un impegno politico più decisivo per raggiungere l’obiettivo Zero Fame. Ma non possiamo aspettarci che i governi facciano tutto. Serve uno sforzo coordinato assieme al settore privato e alle istituzioni finanziarie internazionali». Insomma, milioni di vite a rischio possono essere salvate solo se c’è l’impegno di tutti.
McCain sottolinea l’importanza di intervenire non solo nelle crisi ma anche prima che queste si verifichino, «così che le persone possano rimanere dove è la loro casa, dove preferirebbero essere, piuttosto che cercare una nuova vita attraverso la migrazione». Quando le persone non possono coltivare cibo o procurarsi da mangiare dove vivono, ragiona, sono infatti costrette ad abbandonare le proprie abitazioni per trovare modi per nutrire e sostenere le loro famiglie. Le sfide da affrontare, oltre all’Ucraina e al Sudan, sono innumerevoli e complicate; 19 milioni di afgani non hanno cibo a sufficienza, il 40 per cento della popolazione di Haiti non riesce a mangiare adeguatamente, almeno una famiglia su tre in Yemen ha un regime alimentare insoddisfacente, 3,4 milioni di bambini in Congo sono gravemente malnutriti, 300.000 bambini al di sotto dei cinque anni non hanno cibo nel Nordest della Nigeria, più della metà della popolazione in Siria è in condizione di insicurezza alimentare. La direttrice si dice consapevole di aver ricevuto una responsabilità enorme in un periodo sempre più critico. Ciò nonostante, è onorata della nomina da parte del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres e dal direttore generale dell’Organizzazione per l'alimentazione e l’agricoltura (Fao) Qu Dongyu e si dichiara determinata a costruire un percorso verso la pace, la stabilità e la prosperità grazie all’assistenza alimentare. «L’unica cosa che conta è lavorare per fare in modo che nessun genitore vada a letto affamato e nessun bambino muoia di fame».