Diritti

Un anno dopo la morte di Mahsa Amini, in Iran la protesta contro il velo è diventata quotidiana

di Chiara Sgreccia   15 settembre 2023

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Tehran, Iran. 2023. Photographic Still of Live Streaming Webcam

Le manifestazioni delle prime settimane sono cessate, ma il cambiamento dei costumi e la ribellione a questa imposizione sono entrate nel sentimento comune e nella vita di tutti i giorni. Come dimostrano le immagini delle telecamere di sicurezza installate dal regime e raccolte dall'artista Gaia Light

Più di 500 persone sono morte. Quasi 20 mila sono state arrestate: a un anno dalla morte di Mahsa Amini, il 16 settembre 2022, che ha dato il via all'enorme ondata di proteste che ha scosso l’Iran, forse le più pericolose per la tenuta Governo dalla Rivoluzione islamica del 1979, il bilancio della repressione è triste. Ma controverso. 

 

Non c’è stato alcun cambiamento politico, la polizia morale è tornata a perseguire le donne che non rispettano il codice di abbigliamento, centinaia di nuove telecamere sono state installate lungo le strade delle città per scovare chi non indossa l’hijab. Oltre agli arresti e alle esecuzioni che sono cresciute del 75 per cento in un anno, le autorità iraniane hanno utilizzato altre misure coercitive per inibire i cittadini, fermare le manifestazioni. Per schiacciare il desiderio di libertà di un popolo costretto da anni a vivere una doppia vita, una privata e l’altra in società: intimidazione via sms, negazione dei dritti civili, chiusura delle attività commerciali che fanno entrare le donne senza il velo.

 

Eppure il grido «donna, vita, libertà», non si è spento. Con la morte della 22enne curda arrestata a Tehran per aver indossato in modo improprio l’hijab, avvenuta mentre era in custodia della polizia morale, quello slogan è diventato un movimento che si è diffuso in tutto il mondo. E le proteste scoppiate il giorno del suo funerale si sono trasformate nel simbolo della lotta per la libertà del popolo iraniano. In piazza e su internet. Se da un lato a un anno dall’uccisione di Amini le grandi manifestazioni di piazza non ci sono più - e la repressione da parte del governo della guida suprema Ayatollah Ali Khamenei aumenta di pari passo con gli arresti, i posti di blocco, il controllo - dall’altro la protesta ha permeato la società iraniana, si è fatta quotidiana. Con decine di azioni di disobbedienza civile che trasformano la realtà di tutti i giorni. Soprattutto grazie alla resistenza delle donne. «Non riesco a rimettere il velo dopo così tante vite perse. Le ragazze adolescenti ci hanno insegnato quanto sia ridicolo accettare i dettami di chi detiene il potere riguardo al nostro abbigliamento. Dire no alla sottomissione inizia con il rifiuto del velo», spiega una nota attrice che preferisce restare anonima, intervistata dal quotidiano francese Le Monde.

La repressione non è stata in grado di fermare il cambiamento culturale in atto: le donne cantano, ballano in pubblico. Bruciano il velo, non si arrendono. Sciolgono i capelli e camminano fiere lungo le strade, come si capisce anche dalle immagini scattate dall'artista Gaia Light che da un anno cattura la vita quotidiana nelle principali città iraniane, accedendo ai circuiti delle telecamere di videosorveglianza che il regime implementa per controllare la popolazione. «Iran Unveiled costruisce una riflessione sulla smania di controllo che caratterizza la contemporaneità per mostrare le falle e le ambiguità del sistema della sorveglianza di massa, rivelandone la debolezza. Evidenziando l’ipocrisia di un regime che vuole sorvegliare e finisce per essere sorvegliato», chiarisce Gaia Light.

Così un sistema pensato per opprimere diventa uno strumento utile nelle mani di chi lotta per abbatterlo. Mette sotto gli occhi di tutti la realtà di un Paese che cambia: migliaia di donne che ostinatamente resistono. E promuovono la trasformazione sociale giorno dopo giorno entrando a scuola, in un centro commerciale, in ufficio, camminando per strada senza velo. Con coraggio.