Una sonda cinese ha rilevato segnali della presenza del liquido nell’ultimo milione di anni. Per le esplorazioni è una svolta. Che dimostra quant’è indispensabile la cooperazione mondiale

Il rover cinese Zhurong ha trovato evidenze geologiche della presenza di acqua “recente” nelle dune di Utopia Planitia, regione equatoriale di Marte. Dal momento che “follow the water” è il mantra di chiunque voglia cercare forme di vita su altri pianeti, ogni notizia collegata alla presenza di acqua su Marte suscita un giustificato clamore mediatico.

 

Zhurong ha fotografato nella sabbia croste fessurate e formazioni poligonali. L’analisi con lo spettrometro ha rivelato la presenza di composti idrati dello zolfo e del silicio, che possono essersi formati solo in presenza di acqua liquida, forse neve che si è sciolta, nonostante la temperatura relativamente bassa, grazie alla presenza di sali nella sabbia.

 

Considerando la giovinezza delle dune dove sono state trovate zone di sabbia “cementata”, si deduce che l’acqua debba essere stata presente nell’ultimo milione di anni. È questa la novità dei risultati di Zhurong, il cui nome omaggia un personaggio mitico della cultura cinese associato al fuoco e alla luce. Con lui la Cina è stata la terza potenza spaziale a posarsi sul Pianeta rosso, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti. L’Europa ha tentato due volte la manovra, senza fortuna. Avrebbe dovuto riprovarci quest’anno con il rover Rosalind Franklin della missione ExoMars, ma la guerra in Ucraina ha causato il rinvio alla fine del decennio.

 

Oltre a rappresentare il primo esempio di ammartaggio riuscito al primo tentativo, Zhurong ha trovato prova della presenza di acqua “moderna”, che ha fatto la sua fuggevole comparsa di recente – geologicamente parlando – in regioni vicino all’Equatore.

 

Cioè prima dei ripple da onda, quelle forme ondulate che si vedono sulla battigia d’estate, trovate dal rover della Nasa, Curiosity, nel cratere Gale, probabilmente il letto di un antico lago. La scoperta cinese segue una serie di studi, fra cui uno dei più importanti fu pubblicato su “Nature Communications” nel 2020 dall’italiano Francesco Salese, geologo 34enne oggi al Centro de Astrobiologia, Csic, di Madrid. «Scoprii la prima evidenza di rocce sedimentarie esposte in falesia, che mostra canali formati da grandi fiumi attivi circa tre miliardi e 700 milioni di anni fa – racconta – quei sedimenti indicano che su Marte c’erano condizioni ambientali adatte alla presenza di corsi d’acqua di grande portata e a un ciclo idrico con precipitazioni importanti. In precedenza, avevo già individuato 24 paleolaghi a quattromila metri di profondità nell’emisfero nord, dove molto probabilmente in passato c’è stato un oceano. Le evidenze di queste scoperte sono compatibili con l’ipotesi della vita».

 

Beninteso, Zhurong non ha visto zampilli e rivoletti scroscianti: la densità dell’atmosfera di Marte è circa un centesimo di quella terrestre e non permette l’esistenza di acqua allo stato liquido in superficie. È però noto che non sia stato sempre così: guardando la mappatura fatta dai satelliti in orbita, si nota che la superficie marziana è ricca di fiumi e laghi fossili a dimostrazione che l’acqua c’è stata, ma, come indicato da Salese, almeno tre miliardi di anni fa. In seguito il pianeta deve avere perso il campo magnetico e con lui la possibilità di trattenere l’atmosfera, a quel punto spazzata via dal vento solare. I dati del radar italiano che opera a bordo di Mars Express, il satellite veterano dell’Agenzia Spaziale Europea, dicono che l’acqua si è nascosta nel sottosuolo, sotto forma solida e liquida.

 

«L’acqua è una risorsa cruciale per le spedizioni umane, sia per il consumo da parte degli astronauti sia per il carburante – aggiunge Salese – le missioni robotiche che stiamo facendo atterrare su Marte da oltre mezzo secolo, come anche il rover cinese, sono fondamentali per capire dove siano disponibili potenziali risorse per i futuri esploratori umani e come sfruttarle».

 

Purtroppo Zhurong non è sopravvissuto all’inverno marziano e non è più operativo. Ammartato nel maggio 2021, ha svolto il suo lavoro esplorativo per un anno, durante il quale ha condotto anche un importante test di comunicazione con la sonda Mars Express. Nasa ed Esa sono abituate a usare le sonde come ponti radio per comunicare con i rover al suolo. La collaborazione con l’agenzia spaziale cinese, l’ultima arrivata su Marte, è invece una novità.

 

Considerando lo scenario politico internazionale, non stupisce che solo l’Esa abbia partecipato al test di trasmissione. Fare comunicare due sonde non è cosa banale: occorre che entrambe utilizzino lo stesso protocollo per trasmettere e ricevere i segnali. Prima di tutto Mars Express ha dovuto puntare Zhurong mentre gli passava sopra per poter raccogliere il segnale che il rover, istruito dalla sonda orbitante Tianwen-1, gli stava inviando. Mars Express ha quindi mandato a terra i dati che sono stati raccolti da una delle antenne del Deep Space Network dell’Esa, per poi essere spediti in Cina dove sono stati paragonati con il segnale originale. Dopo quattro tentativi andati a vuoto per interferenze con l’elettronica di bordo, il quinto, il 20 novembre 2021, è riuscito, dimostrando che il dialogo spaziale è possibile.

 

«La cosiddetta space race è in atto da oltre mezzo secolo e negli anni recenti sta intensificandosi – commenta Salese – sebbene l’ipotesi che rimanga una competizione fra Occidente e Oriente non sia da escludere, l’esplorazione umana di Marte molto probabilmente sarà percorribile solo attraverso la cooperazione. L’impresa è ardua sia dal punto di vista economico sia per il rischio. E l’opinione pubblica andrà resa partecipe di questa impresa epocale. Solo insieme sarà più semplice».