Accade all'estero

Negli Usa sempre più scuole provano la settimana di 4 giorni. Ma scoppia la polemica. Le notizie dal mondo

di Chiara Sgreccia   29 settembre 2023

  • linkedintwitterfacebook
scuola 4 giorni 2

La fine della Repubblica dell’Artsakh. I timori per le elezioni in Slovacchia, la tensione che sale tra Kosovo e Serbia. E la crisi dei migranti a New York. Ecco i fatti della settimana

Usa, a scuola settimana corta
Negli Usa sempre più scuole adottano la settimana di quattro giorni. Secondo Cbc, sono quasi 900 i distretti scolastici negli Stati Uniti che oggi utilizzano il programma. Un numero in crescita: da 650 nel 2020 a 876, in 26 stati, nel 2023. Le amministrazioni locali si dicono soddisfatte per i risparmi sui costi di gestione e per i vantaggi nel reclutamento degli insegnanti. Alcuni studiosi, però, sono preoccupati per gli effetti sull’apprendimento. E alcuni genitori lamentano difficoltà nella gestione dei figli, soprattutto nella ricerca di attività alternative per tenerli lontano dai dispositivi elettronici.

 

New York, crisi migratoria
La città di New York è da tempo una calamita per gli stranieri. Più di un terzo dei suoi residenti, oltre tre milioni di persone, sono immigrati. Prima della pandemia, ogni anno circa 60 mila persone nate all’estero si trasferivano ogni anno nella città. Dall'anno scorso, però, il numero dei nuovi arrivati è cresciuto molto: dalla primavera del 2022 alla fine di settembre 2023 sono arrivati a New York più di 118.800 migranti. E mentre prima i nuovi arrivati andavano a vivere nei quartieri in cui i connazionali avevano già creato reti sociali. Oggi la maggior parte non ha una comunità a cui unirsi, così nascono nuovi villaggi in cui la piazza è un parcheggio o la hall di un hotel. I nuovi spazi prendono forma ai margini della città, all’interno degli edifici per uffici nei quartieri commerciali di Manhattan o nelle scuole vuote nei quartieri residenziali. Come scrive il New York times , «potrebbero essere posti strani per iniziare una nuova vita. Ma la vita non può fare a meno di accadere».

 

La Slovacchia si prepara alle elezioni
Sabato 30 settembre, in Slovacchia ci saranno le elezioni per rinnovare il Parlamento. Secondo i sondaggi ci sarà un testa a testa tra il partito liberale e i socialdemocratici di Robert Fico, leader populista, russofilo, molto vicino al primo ministro ungherese Viktor Orbán. L'unione europea guarda con attenzione all'esito del voto, spaventata da un possibile cambio di maggioranze che metterebbe in crisi l'intesa in chiave anti russa fino ad ora solida.

 

Nagorno-Karabakh, la fine?
Il governo separatista del Nagorno-Karabakh cesserà di esistere, ponendo formalmente fine a più di 30 anni di dominio separatista, una settimana dopo che l'attacco da parte dell’Azerbaigian ha restituito l’enclave al dominio azerbaigiano. Samvel Shakhramanyan, il leader della Repubblica dell’Artsakh (il nome ufficiale del Nagorno-Karabakh), ha affermato che tutti gli enti governativi sarebbero stati sciolti entro la fine dell’anno. E che i residenti di etnia armena decideranno autonomamente se vogliono vivere sotto il dominio azerbaigiano o andarsene. Già 76 mila persone, secondo il governo armeno, hanno lasciato lo stato separatista. Si prevede che ne seguiranno molti altri nei prossimi giorni. L’annuncio di Shakhramanyan di fatto ha rappresentato la resa formale del Nagorno-Karabakh. E la fine di un lungo  conflitto in cui decine di migliaia di persone hanno perso la vita.

 

Balcani, sale la tensione tra Kosovo e Serbia
La tensione tra Serbia e Kosovo si è nuovamente alzata domenica 24 settembre, quando circa 30 serbi si sono barricati in un monastero ortodosso nel Nord del Kosovo, vicino al confine con la Serbia. È iniziato uno scontro a fuoco con la polizia che ha provocato la morte di un ufficiale e di tre aggressori. Il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, ha accusato la Serbia di aver inviato gli aggressori nel Paese. Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha negato. Lo scontro è stato uno dei peggiori da quando il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza nel 2008. È avvenuto mentre Ue e Usa cercano di mediare per normalizzare i legami tra i due Stati. L’Occidente, infatti, teme una ripresa della guerra del 1998-1999 che causò più di 10 mila vittime e oltre un milione di senzatetto.

 

Tra India e Canada è caos diplomatico
Prima il successo della missione lunare, poi il G20 a Nuova Delhi: sembrava che l’India si stesse affermando come partner sempre più affidabile agli occhi dell’Occidente fino a quando, la scorsa settimana, il primo ministro canadese Justin Trudeau ha affermato che alcuni agenti indiani potrebbero essere stati responsabili dell’omicidio di un leader sikh, Hardeep Singh Nijjar, avvenuto lo scorso giugno nel Canada occidentale. Come conseguenza, il Canada ha espulso un diplomatico indiano. Poche ore dopo l’India ha fatto lo stesso, vista la «crescente preoccupazione per l’interferenza dei diplomatici negli affari interni», ha dichiarato il ministero degli Esteri indiano. Trudeau, però, ha rassicurato l'opinione pubblica, affermando che il suo Paese è seriamente intenzionato a costruire legami più stretti con l’India, nonostante la disputa diplomatica in corso.

 

Sahel, alleanze tra i regimi
I regimi militari di Mali, Burkina Faso e Niger hanno dato vita all’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes). Un accordo di difesa, sancito dalla Carta Liptako-Gourma siglata a Bamako sabato 16 settembre. Si prevede che «qualsiasi attacco alla sovranità e all’integrità territoriale di una o più parti contraenti venga considerato come un’aggressione contro le altre parti». Il riferimento esplicito è alla possibilità di un intervento armato volto a ribaltare le giunte militari dei tre Paesi, come quello minacciato dalla Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale dopo il colpo di Stato in Niger del 26 luglio scorso. L’Ecowas, infatti, aveva intimato ai golpisti di liberare il presidente appena deposto, Mohamed Bazoum, e di ripristinare il precedente ordine costituzionale.

 

Germania, giovani verso destra
Secondo un sondaggio della Fondazione Friedrich Ebert, almeno un tedesco su 12 aderisce a qualche forma di estremismo di destra: un aumento significativo rispetto ai risultati degli anni precedenti. Come ha spiegato a Euronews la ricercatrice Franziska Schröter, «ciò che ci preoccupa è l’inversione di tendenza. Un tempo i giovani erano democratici che sostenevano l’uguaglianza, mentre le persone d’età più avanzata erano più estremiste. Pensavamo che la globalizzazione e l’educazione politica avrebbero aiutato a rafforzare la democrazia. Invece l’estremismo aumenta soprattutto tra i giovani».