Reportage
La strage del Fentanyl ha cambiato per sempre San Francisco. E gli Stati Uniti
La ricca città della west coast è la seconda città per incidenza di overdose. La comunità di oltre ottomila senzatetto sopravvive tra mille difficoltà e in assenza di leggi efficaci per aiutare chi soffre di disturbi mentali. E il contrasto tra la miseria estrema e l'opulenza della Silicon Valley dà le vertigini
La Jaguar bianca sfila sicura sulle collinette cittadine. La guida è impeccabile, nonostante al volante non ci sia anima viva. Divertono e inquietano i robotaxi Waymo che da qualche mese scarrozzano locali e turisti per le strade di San Francisco. Decine di sensori e telecamere a corredo permettono visuali perfette, in grado di arginare ogni imprevisto. Incluso il passo claudicante di un homeless che attraversa all’improvviso, senza badare ai semafori. È in quella frenata prudente che si annida la contraddizione di questa città magnifica e dolente. L’ammiraglia americana dell’innovazione è anche asilo della più problematica comunità senzatetto della costa ovest. Ottomila anime, per la maggior parte tossicodipendenti e afflitti da malattie mentali.
San Francisco – seconda per incidenza di overdose dopo Filadelfia – è il volto di un’epidemia che lacera l’intera nazione ormai da anni. Il primo presidente a dichiararla emergenza nazionale fu Donald Trump nel 2017. Nel 2023 i decessi per droga hanno superato le 112 mila unità negli Usa, solo nella Bay Area sono stati più di settecentocinquanta. Per oltre l’80% delle vittime il killer si chiama fentanyl, un oppiaceo sintetico confezionato in laboratori messicani grazie a precursori realizzati in Cina. È ormai il padrone delle piazze di spaccio. L’anno appena iniziato potrebbe essere ancora più terribile a causa di un tendenza che sta diventando comune: il fentanyl assunto in combinazione con metanfetamine e cocaina. La quarta ondata, la chiamano in studi separati i ricercatori Daniel Ciccarone (University of California) e Joseph Friedman (University of California Los Angeles). La prima fu negli anni 2000, con gli oppioidi delle grandi case farmaceutiche, quando i medici hanno iniziato a prescriverli per alleviare i dolori causati da operazioni chirurgiche o infortuni, nascondendo il rischio dipendenza. La seconda intorno al 2010, quando milioni di persone sono passate all’eroina; la terza nel 2013, con l’aggressivo avvento appunto del fentanyl.
«È da cinquanta a cento volte più potente di quello che vendevano ai miei tempi», racconta Tom Wolf che gli effetti di questa crisi sociale li porta sulle braccia, segnate da larghe cicatrici. I capelli sale e pepe, che oggi fissa con un filo di brillantina, sei anni fa sembravano esplodergli in capo nella foto segnaletica diventata virale in tutto il mondo, quando con un tweet rispose che era in riabilitazione a un datore di lavoro che non voleva assumerlo a causa del suo passato. Ex dipendente pubblico, ex tossicodipendente, ex homeless, oggi è diventato un attivista che collabora a stretto contatto con le istituzioni.
Quella di Tom è una storia simile a infinite altre. Tutto inizia nel 2018 con una cura di antidolorifici prescritta dopo un intervento al piede. Lui è un impiegato comunale, marito e padre devoto di due bambini, dalla vita che più regolare non si può. In convalescenza l’ossicodone gli provoca una potente dipendenza. «Presi tre pillole insieme perché una sola non mi calmava il dolore. Fu euforia pura». L’anticamera dell’inferno. In principio riesce a lavorare e a prendersi cura della famiglia. «Durò poco; finite le prescrizioni, ero per strada a comprare pillole al mercato nero, prima, ed eroina poi. Ora tutto è stato completamente sostituito dal fentanyl», dice mentre mostra l’angolo di Golden Gate Ave, dove ha dormito per sei mesi dopo essere stato allontanato dalla famiglia.
Ci si trova nel quartiere di Tenderloin, ribattezzato «the tent city» per la concentrazione di accampamenti dei senzatetto. L’umanità più misera di San Francisco si addensa in questa cinquantina di isolati, a Sud-Ovest di Union Square, la zona dello shopping. Anche se dopo il Covid la popolazione homeless è sciamata in altri quartieri come South Market, Mission, Hayes Valley e Haight-Ashbury. I numeri sono lievemente in calo, ma la situazione resta critica.
Ogni tanto si sentono gli strilli di chi litiga o contratta, ma gli abitanti di queste tendopoli malconce non fanno troppo baccano. L’odore, pungente, colpisce più forte. Molti sono distesi tra veglia e sonno, adagiati tra rifiuti ed escrementi. A terra ci sono giocattoli rotti, bottiglie, siringhe e fogli di alluminio, rimasugli di cibo e paccottiglia. E carrelli della spesa diventati trolley.
Come tanti oggi, anche Wolf in queste strade viveva grazie a piccoli furti, mentre le dosi gliele passavano gli spacciatori, in cambio della sua disponibilità a fare da palo mentre loro erano in azione. È finito in manette sei volte. A cambiargli la vita, gli ultimi tre mesi di prigione seguiti da sei di disintossicazione grazie all’Esercito della Salvezza. Adesso nel Tenderloin torna come un uomo nuovo. Per aiutare chi come lui è finito in questo burrone. I numeri delle morti da overdose in città hanno iniziato a lievitare in tempo di pandemia, quando le vittime delle droghe superarono quelle del Covid. A dicembre 2021 la sindaca London Breed – dal 2018 prima afroamericana a ricoprire la carica – dichiarò 90 giorni di emergenza. Scattarono le manette per tanti spacciatori, le strade furono in parte ripulite, a qualche centinaio di tossicodipendenti venne offerta una casa. I pochi risultati, però, evaporarono presto: la crisi è ancora acuta, nonostante la mastodontica quantità di investimenti a disposizione (690 milioni di dollari solo nell’anno fiscale in corso). Inutili, come l’ultimo tentativo di ripulire la città per i lavori della Cooperazione economica Asia-Pacifico a novembre e l’incontro tra il presidente Joe Biden e l’omologo cinese Xi Jinping.
Wolf è molto critico con le politiche adottate da San Francisco. «Siamo liberal, anche io sono democratico. Ma i progressisti più estremi sostengono che, se qualcuno decide consapevolmente di uccidersi per strada, non bisogna intervenire. Abbiamo adottato questa politica per paura dello stigma e di usare la risposta unilaterale degli anni ’90 con la guerra contro le droghe. Ora però il pendolo si è spostato completamente verso la depenalizzazione. E la città è diventata una calamita regionale. Qui la droga per strada costa cinque dollari; la polizia non ti dà fastidio e puoi avere un sussidio in contanti di 600 dollari al mese».
Secondo l’attivista non aiutano neanche le leggi statali. Già dal 2014, infatti, la California aveva declassato alcuni reati minori legati a furto e possesso di droga. Lo scorso aprile un giudice federale ha stabilito che, rispettando le direttive cittadine, non è possibile rimuovere i senzatetto se non si è in grado di fornire un alloggio. Al momento, inoltre, non è possibile forzare le persone con problemi mentali a farsi curare.
«Questo è sbagliato – prosegue Wolf – perché esse costituiscono un pericolo per la popolazione. Non stiamo parlando dei bohémien di una volta. Ci sono molti tipi di senzatetto. A sinistra si dice che è una questione abitativa (San Francisco resta una delle città con gli affitti più alti d’America), a destra che è un problema di droga e malattia mentale. Le persone nel mezzo, come me, diranno che sono entrambe le cose. Dare solo una casa a un tossicodipendente non risolve la dipendenza, per arginare il fentanyl è necessario un trattamento». E di posti disponibili in strutture riabilitative ce ne sono poche centinaia.
«Un altro punto è la riduzione drastica dell’offerta. Lo scorso anno la polizia ha sequestrato circa 76 chilogrammi di fentanyl in questo quartiere, ovvero il 10%. Si poteva fare di più, ma i fondi alla polizia sono stati tagliati. Mancano almeno altri 700 agenti».
«La politica parla di inclusione – continua Wolf – eppure questo quartiere è principalmente una comunità di colore. Qui devi far scortare i tuoi figli a scuola». Sono realtà vissute anche in altre città degli Stati Uniti, ma a San Francisco, la capitale mondiale dell’intelligenza artificiale, è impossibile da accettare. A pochi passi prosperano gli innovatori della Silicon Valley e dieci delle aziende più importanti al mondo, tra cui Apple, Alphabet e Meta. È la terza area più ricca del pianeta, il tasso di disoccupazione è inferiore al 3%. E questo rimane vero, nonostante gli strascichi dei danni economici della pandemia – più che mai evidenti nella desolazione degli uffici vuoti in centro a causa del lavoro da remoto – e la fuga di qualche investitore.
Chi ama questa città fa appello alla sua storica resilienza, quella che le ha permesso di essere un baluardo di libertà negli anni di fermento della contro-cultura e dell’affermazione Lgbt. E poi quella di quando ha saputo risorgere dopo il terribile sisma del 1906. «Ma c’è bisogno di cambiamento – conclude Wolf – parlare di equità a San Francisco è davvero ipocrita, visto che viviamo una delle situazioni più ingiuste di tutti gli Stati Uniti»