«Mi dovevo laureare in fisica, invece ora sono un cecchino che uccide con i droni»

Un soldato ucraino nella zona di Donetsk telecomanda il suo drone bombardiere
Un soldato ucraino nella zona di Donetsk telecomanda il suo drone bombardiere

Sirko era uno studente arrivato a pochi esami dalla laurea. A causa della guerra si è dovuto arruolare e la sua vita è cambiata: «Non mi piace ammazzare. Ma se smetto di farlo muoio io»

Ecco la storia di Sirko, che non è il cane delle favole ucraine ma uno sniper secchione, di come si è meritato il suo soprannome a quattro zampe (sorvolando su quando – una volta – ha invaso la Russia da solo. «C’è poco da raccontare, ero stanco, e quando ho controllato la cartina…ero in Russia»), della genesi del suo nuovo drone in prima persona (First Person View o Fpv) e di come, mentre un’alba di infinito stupore accarezzava le foreste dell’Est, mi abbia mostrato che nulla può proteggerti dal БАБАЙ, il Babai, il Boogeyman del folklore ucraino.

 

Per farlo, però, bisogna partire dalla fine, da quel sentimento di pietas che si deve ai morti. Nello specifico, da un video facilmente reperibile sui social. Si tratta di un filmato straordinariamente nitido, soprattutto se si pensa che l’Fpv che ne è artefice costa appena 400 dollari. La scena è ripresa dall’alto. L’ordigno sganciato dal drone poco prima non ha centrato il bersaglio, ma un frammento di metallo, schizzando a 200 metri al secondo, è riuscito comunque ad andare a segno. Il soldato colpito crolla su un fianco, si sfila l’elmetto, urla. Frenetico, si sbarazza della placca antiproiettile. Boccheggia. Se fosse Cristo, e in effetti un po' lo sembra, diremmo: la scheggia lo ha trafitto al costato. È giovane, porta i capelli corti e corta anche la barba, ben curata, scura. Ha occhi molto belli. È sotto shock. Si contorce, sputa sangue. Prova ad accendere una sigaretta, ma è un gesto inutile. Non ce la fa. Ed è a questo punto che succede una cosa inaspettata. Il ragazzo usa le sue ultime forze per aprire la giacca. Ha un orsacchiotto di peluche appuntato all’altezza del cuore. L’ultima cosa che fa è baciarlo.

 

 

Questa era la pietà che si deve ai morti. L’inizio è Sirko che poteva scegliere fra l’università o una carriera da modello, ha scelto la facoltà di Fisica («Mi piacciono i numeri») e invece è finito dietro il mirino di un fucile. Nei turni di riposo c’è chi fuma, chi videochiama casa, chi dorme. Sirko legge polizieschi in lingua inglese (mi ha contatto così, tramite Instagram, dopo aver terminato l’edizione straniera di un mio lavoro) per migliorare la sua conoscenza della lingua. Soprattutto, però, Sirko studia. «Quella roba mi rilassa». Geometrie, angoli, cifre e calcoli sono il suo pane quotidiano. Non per niente è uno sniper. La vita di un invasore, per Sirko, vale 10 dollari. È il costo di un Lapua Magnum 338, il proiettile per il fucile Barrett Mrad-Cadex che Sirko coccola come una fidanzata. La sua media di tiro è impressionante: 7,8 su 10. Roba da podio olimpico. Naturalmente Sirko non si chiama Sirko, quale madre darebbe il nome di un cane al proprio bambino? È stata la guerra a battezzarlo così. Per colpire «un pezzo grosso così idiota da girare con un sacco di medaglie sul petto», Sirko è penetrato dietro le linee nemiche ed è rimasto otto giorni in posizione di tiro a più di un chilometro di distanza dal bersaglio. Al quinto giorno aveva finito le barrette proteiche che sono la sua unica dieta e, a quel punto, secondo manuale, avrebbe dovuto abortire la missione. Sirko, però, non è tipo da mollare. Ha perlustrato la zona, si è imbattuto nel rudere di uno chalet, il fossile di un periodo più felice, in cui si poteva programmare una vacanza nei boschi, e lì, in una cassapanca, ha trovato alcuni barattoli di cibo per cani. Il soprannome Sirko nasce così, con una battuta: «Era comunque meglio di quella roba che danno ai russi, credimi». Per dovere di cronaca: nella notte fra l’ottavo e il nono giorno di appostamento Sirko ha obliterato il bersaglio. Mi mostra il video: 1.274 metri di distanza, doppio colpo per essere sicuri. «Noi siamo il БАБАЙ, l’Uomo Nero. Il БАБАЙ è la conseguenza delle tue azioni. Non fare il cattivo e il БАБАЙ non verrà a cercarti». Il БАБАЙ non è soltanto il proiettile del cecchino. Con l’evolversi del conflitto, la maggior parte degli sniper ucraini (e non solo) è diventata, giocoforza, pilota di drone. «Non mi piace uccidere le persone. Ma se smetto di farlo muoio io, con la mia famiglia e tutti quelli a cui tengo. Io sono un pacifista, amico. Loro, purtroppo no». Così mi scrive. In italiano, perché Sirko lo sta imparando. E ammetto che mi sono commosso quando, mentre discutevamo della nostra comune passione per i romanzi noir, se ne è uscito con un: «Cavoli, l’italiano è proprio una lingua bellissima». Sì, lo è. La questione però è un’altra. Subito dopo, Sirko ha avuto quello che potremmo definire un momento Eureka riassunto in un enigmatico: «Luca, te la ricordi la storia di Rodney King?». Ne sono certo: il genio non è colui che inventa dal nulla, il genio è colui che collega i puntini come mai nessuno prima. Lo scrivo con le lacrime agli occhi. Per capire perché Sirko è un genio e perché questa è la vera tragedia non raccontata della guerra, urge una breve digressione da profano per altri profani.

 

Uno dei problemi principali dei droni sono le frequenze radio. L’Fpv ne usa due, una per le manovre e una per il video, entrambe comprese fra i 900 e i 5.000 Ghz, basta disturbarle e il drone va giù. L’Fpv di Sirko ha un raggio d’azione (la precisione è del secchione che è in lui) di 11,8 km trasportando 6 kg di esplosivo. I chilometri diventano 12,6 se il carico scende a 4 kg. Ora. In 11,8 km la possibilità che la frequenza del drone venga intercettata e disturbata è alta. Era un problema che aveva anche la polizia prima dell’avvento dei telefonini, cioè (il momento Eureka) all’epoca del caso Rodney King. Chiunque poteva hackerare le loro comunicazioni e agire di conseguenza. Sirko aveva letto nel classico “da qualche parte” di un aggeggio che la polizia di Los Angeles stava testando ai tempi dei riot del marzo 1991, una sorta di split automatico che permetteva di saltare da una frequenza all’altra in maniera rapida e casuale. Eccola la tragedia che nessuno ha mai raccontato. La guerra costringe i geni come Sirko a usare le proprie energie per distruggere piuttosto che per creare. Il resto, come si dice, è storia. E orrore personale. Mio.

 

A Sirko servono un paio di settimane per procurarsi il materiale («Non è che posso dire al fattorino: terza trincea a sinistra, località secretata, chiedere di un cane su due zampe, giusto?») e parecchie notti insonni per assemblare il prototipo. Poi, anche se i voli di prova sono un successo, da bravo galileiano, prima di cantar vittoria, Sirko vuole sottoporre l’Fpv a un vero battesimo del fuoco. E ci tiene a farmi assistere. In diretta. Non è difficile, spiega, ed è una delle follie della guerra 5.0, quella che non conosce confini e non ammette neutralità. Basta collegare il drone a Starlink o simili, più o meno come si fa con i videogiochi online, e, con un delay francamente ridicolo (0,03 secondi), il visore dell’Fpv diventa lo schermo del mio portatile.

 

Due giorni dopo, le quattro del mattino ora italiana, le cinque in Ucraina, Sirko mi spiega che il bersaglio, una postazione ostile dotata di disturbatore di frequenze di ultima generazione, si trova a 7 km di distanza. Credetemi, sette chilometri sono tanti e tutti uguali: alberi, alberi, alberi. Dopo secoli o forse pochi minuti, fra gli alberi, alberi, alberi sbuca una sorta di bivacco. Il disturbatore russo è acceso. Il drone beccheggia, traballa, perde quota. Penso: non funziona. Ma è perché sono un uomo di poca fede. Lo splitter di Sirko fa il suo mestiere, il drone vacilla ma non cade. Resta in alto a osservare tre soldati ignari del pericolo. Alle quattro e ventuno, ora italiana, con il sole che accarezza la foresta trasformandola in puro incanto, Sirko dice: «Bersaglio». Bersaglio: il soldato ha l’Ak in spalla, porta la barba corta, ben curata. Ha occhi molto belli. Cammina allo scoperto, tranquillo. Forse è troppo giovane per rendersi conto di dove si trovi o di quello che sta succedendo. Oppure, come i bambini, crede che un orsacchiotto di peluche possa proteggerlo dal БАБАЙ.

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