Medio Oriente in fiamme

«Non possiamo accettare che il disumano diventi normale: anche in guerra non tutto è permesso»

di Chiara Sgreccia   17 maggio 2024

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«Il numero delle vittime a Gaza è enorme, il triplo della guerra in Ucraina». Parla Rosario Valastro, presidente della Croce Rossa italiana. Che spiega perché 160 anni dopo la firma della prima convenzione di Ginevra si dovrebbe ricordare il rispetto il diritto internazionale

«Se Israele sta violando il diritto internazionale sono gli organi competenti a doverlo accertare. Dico, però, che il numero delle vittime a Gaza è enorme: almeno il triplo, ad esempio, rispetto a quello della guerra in Ucraina, che dura da più di due anni e coinvolge più persone, purtroppo. Penso che la sofferenza di chi vive nella Striscia oggi sia sotto gli occhi di tutti». A parlare è Rosario Valastro, presidente della Croce rossa italiana (Cri), che insieme con le altre 190 società nazionali, il comitato e la federazione fa parte del Movimento internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa. La più grande organizzazione umanitaria al mondo che per statuto non prende posizione durante i conflitti, ma invita al rispetto del diritto internazionale, «raramente attraverso appelli e proclami pubblici, di solito dialogando direttamente con gli attori coinvolti. E soprattutto lavora sul campo, cercando di dare ristoro alle sofferenze».

 

Come spiega Valastro, a Gaza il movimento internazionale agisce in loco tramite la consorella, la Mezzaluna rossa palestinese: gli aiuti entrano principalmente dal valico di Rafah; quando questo è chiuso, la Striscia resta isolata e comunque i beni non sono sufficienti per la sopravvivenza della popolazione. «A Nord, in alcune zone, l’apporto calorico per individuo è quello di un barattolo di fagioli al giorno. Il cibo che entra soddisfa a stento il 50 per cento della popolazione. Inoltre è vietato l’ingresso di metalli, così mancano sia medici sia, soprattutto, i materiali fondamentali per le cure, come i bisturi, le culle termiche, l’ossigeno. E le tende per ospitare i rifugiati, cioè oltre il 75 per cento di chi è rimasto».

 

A rendere ancora più complesse le azioni di supporto alla popolazione sono le scarse condizioni di sicurezza garantite agli operatori umanitari. In 196 sono morti nella Striscia dallo scorso 7 ottobre, secondo i dati diffusi dall’Onu ad aprile 2024, tra questi anche 22 membri della Croce rossa. «Uccidere un operatore umanitario comporta una sofferenza al quadrato: non solo la mancanza di rispetto per l’individuo, ma anche per tutti quelli che avrebbe potuto aiutare». 

 

Proprio per evitare che «comportamenti disumani» diventino normalità, secondo il presidente della Cri, è fondamentale tornare a riflettere su un tema cruciale: «In guerra non è tutto concesso. Non lo è da almeno 160 anni, da quando il 22 agosto 1864 è stata firmata la prima Convezione di Ginevra», spiega Valastro a proposito del documento che – ispirato dalle idee di Henry Dunant, premio Nobel per la Pace nel 1901 e fondatore della Croce rossa – ha gettato le basi del diritto internazionale umanitario contemporaneo. E definito le regole universali per la protezione delle vittime nei conflitti, l’obbligo di estendere senza alcuna discriminazione le cure a tutti i militari feriti e malati, il rispetto del personale medico, del materiale e delle attrezzature sanitarie. 

 

Principi che credevamo acquisiti, ma che a guardare i fatti non lo sono: «Da più di dieci anni notiamo una recrudescenza dei conflitti. Il fatto che le norme del diritto internazionale vengano ignorate, ridicolizzate, messe in secondo piano è molto pericoloso. Crea un effetto domino: muoiono più persone, aumentano sofferenza e odio, ci si abitua a crimini terribili e si fa passare il messaggio che a vincere sia la legge del più forte, in guerra come nella quotidianità».