«Se Israele sta violando il diritto internazionale sono gli organi competenti a doverlo accertare. Dico, però, che il numero delle vittime a Gaza è enorme: almeno il triplo, ad esempio, rispetto a quello della guerra in Ucraina, che dura da più di due anni e coinvolge più persone, purtroppo. Penso che la sofferenza di chi vive nella Striscia oggi sia sotto gli occhi di tutti». A parlare è Rosario Valastro, presidente della Croce rossa italiana (Cri), che insieme con le altre 190 società nazionali, il comitato e la federazione fa parte del Movimento internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa. La più grande organizzazione umanitaria al mondo che per statuto non prende posizione durante i conflitti, ma invita al rispetto del diritto internazionale, «raramente attraverso appelli e proclami pubblici, di solito dialogando direttamente con gli attori coinvolti. E soprattutto lavora sul campo, cercando di dare ristoro alle sofferenze».
Come spiega Valastro, a Gaza il movimento internazionale agisce in loco tramite la consorella, la Mezzaluna rossa palestinese: gli aiuti entrano principalmente dal valico di Rafah; quando questo è chiuso, la Striscia resta isolata e comunque i beni non sono sufficienti per la sopravvivenza della popolazione. «A Nord, in alcune zone, l’apporto calorico per individuo è quello di un barattolo di fagioli al giorno. Il cibo che entra soddisfa a stento il 50 per cento della popolazione. Inoltre è vietato l’ingresso di metalli, così mancano sia medici sia, soprattutto, i materiali fondamentali per le cure, come i bisturi, le culle termiche, l’ossigeno. E le tende per ospitare i rifugiati, cioè oltre il 75 per cento di chi è rimasto».
A rendere ancora più complesse le azioni di supporto alla popolazione sono le scarse condizioni di sicurezza garantite agli operatori umanitari. In 196 sono morti nella Striscia dallo scorso 7 ottobre, secondo i dati diffusi dall’Onu ad aprile 2024, tra questi anche 22 membri della Croce rossa. «Uccidere un operatore umanitario comporta una sofferenza al quadrato: non solo la mancanza di rispetto per l’individuo, ma anche per tutti quelli che avrebbe potuto aiutare».
Proprio per evitare che «comportamenti disumani» diventino normalità, secondo il presidente della Cri, è fondamentale tornare a riflettere su un tema cruciale: «In guerra non è tutto concesso. Non lo è da almeno 160 anni, da quando il 22 agosto 1864 è stata firmata la prima Convezione di Ginevra», spiega Valastro a proposito del documento che – ispirato dalle idee di Henry Dunant, premio Nobel per la Pace nel 1901 e fondatore della Croce rossa – ha gettato le basi del diritto internazionale umanitario contemporaneo. E definito le regole universali per la protezione delle vittime nei conflitti, l’obbligo di estendere senza alcuna discriminazione le cure a tutti i militari feriti e malati, il rispetto del personale medico, del materiale e delle attrezzature sanitarie.
Principi che credevamo acquisiti, ma che a guardare i fatti non lo sono: «Da più di dieci anni notiamo una recrudescenza dei conflitti. Il fatto che le norme del diritto internazionale vengano ignorate, ridicolizzate, messe in secondo piano è molto pericoloso. Crea un effetto domino: muoiono più persone, aumentano sofferenza e odio, ci si abitua a crimini terribili e si fa passare il messaggio che a vincere sia la legge del più forte, in guerra come nella quotidianità».