Usa

Biden vs Trump: oggi lo scontro in diretta tv senza appunti né claque

di Manuela Cavalieri e Donatella Mulvoni   24 giugno 2024

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Tra le regole per il dibattito sulla Cnn questa sera (in Italia sul Nove e Sky Tg24 dalle 3): al bando cellulari e le consultazioni con i rispettivi staff. I candidati alla Casa Bianca avranno a disposizione solo carta, penna e una bottiglietta d’acqua

Dopo quasi quattro anni, sul ring più scivoloso della politica americana ritornano due pesi massimi. Il 27 giugno il presidente democratico in carica Joe Biden e l’ex presidente repubblicano Donald Trump si sfideranno per novanta minuti nel primo dei due dibattiti presidenziali della stagione. 

 

In Italia si potrà seguire il dibattito su Nove e su Sky Tg24, che il giorno seguente, 28 giugno, trasmetterà anche una selezione di 25 minuti  all’interno della puntata di TG Mondo alle 19.15.

 

Niente appunti, cellulari o consultazioni con i rispettivi staff. E neppure claque. I candidati alla Casa Bianca avranno a disposizione solo carta, penna e una bottiglietta d’acqua. Sono le regole imposte dalla Cnn, che ospiterà il confronto negli studi di Atlanta. «La scelta di farlo così presto non ha precedenti nella storia, addirittura prima che ambedue ricevano la nomination formale alle convention dei rispettivi partiti. È stato Biden a proporlo, vuole che il focus si sposti su Trump, impedendo che questa elezione diventi un referendum sul suo primo mandato», spiega Aaron Kall, esperto di dibattiti dell’Università del Michigan. A questo punto della corsa, entrambi ritengono che il raffronto pubblico e l’esposizione dell’altro possano tirare acqua al proprio mulino, aggiunge il professore. «Tutti e due, però, sono fuori allenamento, trascorreranno molto tempo a prepararsi. Uno a Camp David, l’altro in Florida». Obiettivo: risollevare gli indici di popolarità ridotti al lumicino.

 

«Solo il 3-4% circa degli elettori cambia idea dopo aver assistito a un dibattito; ma nell’attuale testa a testa, queste percentuali potrebbero fare la differenza», spiega Thomas Rudolph, a capo del dipartimento di Scienze politiche dell’Università dell’Illinois. Soprattutto visto che al momento un elettore su cinque si definisce indeciso. A oggi l’ultimo sondaggio di FiveThirtyEight vede l’ex presidente in lievissimo vantaggio (41,2% contro 40%). Posizione dominante anche su cinque dei sei swing States (Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, Pennsylvania, tranne Wisconsin), gli Stati in bilico che decideranno le elezioni il prossimo 5 novembre. «In questo primo confronto punteranno a massimizzare l’affluenza alle urne tra i propri sostenitori», aggiunge Rudolph.

 

Scontati, sul tavolo, i fascicoli giudiziari di entrambi. Innanzitutto, la condanna di Trump (primo ex presidente della storia americana a essere incriminato), giudicato colpevole il mese scorso da un tribunale di New York per frode fiscale finalizzata a coprire lo scandalo sessuale con la pornostar Stormy Daniels che nel 2016 minacciava la sua campagna. La sentenza arriverà a luglio, ma molto probabilmente non implicherà la carcerazione. La questione, almeno secondo i sondaggi, non turba la maggioranza degli elettori. Trump, che si definisce perseguitato politico, ha sul groppone altri tre casi, due in tribunali federali e uno in un tribunale statale. Tra le accuse più gravi, quella di aver avuto un ruolo centrale nell’attacco del 6 gennaio 2021 e di avere tentato di ribaltare la vittoria elettorale di Biden. Quest’ultimo deve fare, invece, i conti con il codazzo di scandali che segue il figlio Hunter, fresco di condanna per avere mentito sulla sua tossicodipendenza nei moduli compilati per acquistare una pistola. Ma, anche in questo caso, le disavventure del rampollo pare non stiano spostando numeri.

 

Saranno decine di milioni gli americani incollati agli schermi, nonostante si tratti del confronto tra i candidati più anziani che abbiano mai aspirato alla presidenza. Poche possibilità che il duello diventi una sfida a tre, con l’ingresso di Robert F. Kennedy Jr.

 

È improbabile che l’indipendente – che fiata sul collo sia di Biden sia di Trump – raggiunga i parametri necessari, ovvero il 15% in quattro sondaggi d’opinione nazionali e la presenza sulle schede di un numero di Stati sufficiente a raggiungere 270 voti nel collegio elettorale.

 

Il pubblico dovrà accontentarsi di un déjà vu. L’età del vecchio Joe, 81 anni, è il tema predominante di qualsiasi chiacchiera politica, nei crocicchi degli avversari come pure nei circoli amici. Ma il tempo scorre inesorabile anche a destra. Trump ha appena compiuto 78 anni, non è lo stesso leone ruggente di quattro anni fa. Anche lui pasticcia i nomi e si confonde. Eppure, resta un guitto, un maestro dell’improvvisazione.

 

«Proietta energia e vitalità», riprende Aaron Kall. Qualità plastiche che, al di là di iperboli, fake news e verità alternative sciorinate dall’ex presidente, rischiano di accentuare la fragilità di Biden, i suoi movimenti incerti, la voce impastata. «A Trump giova l’esperienza televisiva come conduttore di reality show. Ha un ottimo contrattacco. Lo ha dimostrato nelle Primarie del 2016 e poi nel 2020», afferma l’esperto che ha curato “Debating The Donald”, una raccolta di saggi che analizzano prestazioni e tecniche del businessman.

 

Questa volta, però, il consiglio del suo team è di tenere a bada l’aggressività optando per un approccio più “presidenziale”. Intanto gli sarà difficile martellare l’avversario con continue interruzioni, come aveva fatto nel 2020. Il microfono di ciascun candidato verrà acceso solo quando sarà il suo turno di rispondere alle domande dei moderatori Jake Tapper e Dana Bash.

 

Nella faretra del presidente ci sono i risultati ottenuti dalla Bidenomics, l’agenda economica che vanta una sensibile crescita complessiva, robusti investimenti nelle infrastrutture, nell’energia pulita e una disoccupazione che è ai minimi storici. Eppure, ed è questo il grande cruccio dei dem, pesa sugli elettori la percezione dell’inflazione materializzata in un aumento esponenziale del costo della vita. Ed ecco che quando entra in campo il futuro economico del Paese la maggioranza degli americani preferisce Trump che promette tasse più basse e deregulation.

 

Il presidente gioca meglio nel campo dei diritti con le sue battaglie in favore della comunità Lgbt e la difesa del diritto all’aborto, dopo che la Corte Suprema ha annullato la storica sentenza del 1973 che ne garantiva il diritto costituzionale.

 

Zoppica, invece, su crimine e immigrazione. Tema incandescente, quest’ultimo, visto il sostanzioso aumento dei clandestini che lo ha spinto a implementare misure più restrittive, incluso un recente ordine esecutivo con cui ha temporaneamente chiuso il confine tra Stati Uniti e Messico alla maggior parte dei richiedenti asilo. Nessun dubbio che Trump riproporrà pugno duro e tolleranza zero, suoi cavalli di battaglia.

 

Durante il dibattito, Biden dovrà cercare di rivolgersi soprattutto ai giovani. Generazione Z e Millennials non riescono ad appassionarsi, nonostante avessero votato a maggioranza per lui nella scorsa tornata. Vacilla l’entusiasmo anche nelle comunità afroamericana, latina ed asiatica. Secondo un sondaggio commissionato da Npr, la radio pubblica, è dalla parte di Joe solo un terzo dei giovani americani. Il resto non voterà in massa per Trump, ma piuttosto sceglierà di restare a casa. Influisce l’indignazione per il sostegno indiscusso a Israele nella guerra a Gaza, che non ha impedito la carneficina di palestinesi in corso.

 

A meno di cinque mesi dalle elezioni, centrale sarà anche l’altra guerra, quella in Ucraina. Due conflitti, ripete Trump, iniziati durante il mandato dell’avversario. Biden non ha mai voltato le spalle a Volodymyr Zelensky, fermo nell’intento di bloccare Vladimir Putin, la cui vittoria non solo metterebbe a repentaglio l’Europa, ma darebbe il la a un altro grande rivale, ovvero la Cina.

 

In una corsa al photo finish, nessuno può permettersi il lusso di inciampare. «È Biden, però, a rischiare di più. In questo primo mandato non ha rilasciato molte interviste, per paura di fare errori immortalati dalle telecamere – riflette Aaron Kall – ora, durante il dibattito, un momento di confusione riporterebbe la questione anagrafica come narrazione dominante. Non è escluso che si potrebbe anche prospettare una sostituzione».