"Grazie a noi nel documento di Hiroshima erano stati inseriti, con fatica, i riferimenti ai identità di genere e orientamento sessuali. La loro rimozione segna una battuta di arresto". Parla Akira Nishiyama, fondatrice del Pride 7 il gruppo che raccoglie le principali associazioni arcobaleno delle potenze Occidentali. E rilancia: "Roccella ci riceva per discuterne"

"Una delusione", lo sbianchettamento da parte del Governo Meloni dei diritti Lgbt nel documento finale dei leader del G7, riunotisi a Borgo Egnazia, vicino Fasano (BR), sotto la presidenza italiana. Lo commenta così Akira Nishiyama, vice presidente di Japan Alliance of LGBT legislation e rappresentante del P7. il gruppo che raccoglie le principali associazioni LGBTQIA+ dei 7 paesi del G7, con lo scopo di promuovere e tutelare i diritti delle persone LGBTQ+ producendo relazioni da sottoporre all’attenzione delle istituzioni del G7. A Hiroshima nel 2023, il gruppo creato in Giappone in occasione della riunione dei sette grandi della terra a Osaka era riuscito a convincere i Paesi membri del G7 a promettere garanzie  e ad assicurare che le questioni LGBTQ+ emergessero come un punto chiave dell’agenda per la discussione e l’azione in tutti i futuri vertici. Poi è arrivato il G7 italiano presieduto da Giorgia Meloni che ha scelto di cancellare le espressioni identità di genere e orientamento sessuale.

Ospite internazionale del Milano Pride, Nishiyama interverrà sabato dal palco in Arco Della Pace dopo la parata che attraverserà le strade della città. Da lì un appello perché si faccia qualcosa contro quei "tre passi indietro" voluto dal Governo Meloni: "La presidenza italiana riunirà dal 4 al 6 ottobre a Matera i ministri G7 responsabili per le pari opportunità come ha annunciato la vostra ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella, durante il "Women7 Summit" a Roma. Questo è il momento per incontrarsi e aprire un tavolo su diritti che altro non sono che diritti universali". 

 

Akira Nishiyama, cominciamo dal principio. Come è nato il Pride 7?
«Con la mia associazione la Japan Alliance for LGBT Legislation (J-ALL), un’organizzazione che riunisce oltre 100 organizzazioni della società civile LGBTQ+ in tutto il Giappone, in vista del G7 di Hiroshima nel 2023 abbiamo ritenuto strategico organizzare qualcosa di specifico per fare pressione politica sul governo giapponese, proprio sui nostri temi. Abbiamo fatto delle ricerche  e abbiamo scoperto che ci sono altri gruppi di ingaggio della società civile riconosciuti dai G7 che fanno proposte della società civile alle sette grandi potenze economiche mondiali ad esempio Ik Civil 7 (C7) che è uno dei gruppi ufficiali di impegno che fornisce una piattaforma alle Organizzazioni della Società Civile, quello sui diritti delle donne Women7 e anche il B7 sul business. Ci siamo chiesti perché non creare uno sui diritti lgbt, così è nata l'idea. Ma qualcosa ha accellerato tutto».

 

Akira Nishiyama

 

Cosa ? 
«Tutto è successo grazie a un articolo di una giornalista di Kyodo News che ha registrato e riportato le uscite del sottosegretario della presidenza del Consiglio Masayoshi Arai, il collaboratore del primo ministro giapponese Fumio Kishida. Ha dichiarato che non vorrebbe vivere accanto a persone che hanno una relazione omosessuale, né tantomeno vedersele davanti. Il funzionario ha anche avvertito che secondo lui permettere il matrimonio tra persone dello stesso sesso in Giappone porterebbe molti ad abbandonare il Paese. Kishida ha poi licenziato Arai, anche se poi è ritornato ricoprendo un'altra carica».

 

Qual è la situazione delle persone Lgbt in Giappone?
«Non c'è una legge che criminalizza l'omosessualità ma non c'è neanche nessun atto positivo di promozione. E in più per quanto riguarda il campo dell'identità di genere è necessaria la sterilizzazione delle persone transgender. La nostra è l'unica nazione del G7 a non riconoscere in nessuna forma le unioni tra persone dello stesso sesso. Ma negli ultimi anni diverse coppie omosessuali hanno intentato cause legali in tutte le principali città dello Stato, sostenendo che il divieto alle tra coppie Lgbt violerebbe la Costituzione del Paese. E da questo abbiamo ottenuto in vari comuni un registro delle unioni civili, che però non ha alcun valore legale. Tuttavia, secondo recenti sondaggi l'accettazione sociale dipende dall'età. Naturalmente le nuove generazioni sono molto aperte. La società nel suo insieme è molto più aperta del sistema politico. L'80% delle persone sono disposte ad accettare il matrimonio egualitario e ancora di più una legge contro il l'omotransfobia».

 

Il P7 è nato in Giappone non in altri Paesi, segno di un'urgenza che voi più di altri siete stati in grado di materializzare. Ma quali sono gli scopi di questa piattaforma. Cosa può fare? 
«Parto dalla premessa: gli engagement group sono gruppi rappresentativi dei paesi del G7 che hanno una struttura formale e sono riconosciuti dall'organizzazione del G7. Tutte le volte c'è un meeting con i governi e c'è una una connessione perché il documento elaborato venga assorbito e serva a indirizzare la propria politica su quel tema. I Paesi dei G7 hanno sensibilità diverse e questa connessione apre una dialettica su certe tematiche. Un gruppo di pressione formalizzato. Noi siamo ancora nel limbo, abbiamo chiesto questo riconoscimento. Veniamo ricevuti ma ufficialmente ancora non siamo stati formalizzati».

 

Attivisti Lgbt al g7 di Hiroshima

 

Nel G7 di Hiroshima, nonostante questo "limbo", siete riusciti a impegnare i grandi della terra a firmare un documento che promette la lotta alla  "discriminazione, indipendentemente dall'identità o dall'espressione di genere o dall'orientamento sessuale". Una dichiarazione lunga e molto importante. IL G7 che si è svolto in Italia e guidato da Giorgia Meloni ha preso il vostro documento cancellando ogni riferimento alla protezione "dell'identità di genere e dell'orientamento sessuale". Come vi siete sentiti?
«Come ricevere uno schiaffo. Una grande delusione, posso dire questo. Il punto è che quel documento veniva da un crescendo. Già prima il G7 in Inghilterra e poi in Germania avevano messo nero su bianco la tutela delle persone Lgbt. Noi siamo riusciti a inserire anche le persone transgender perché è una priorità. L'Italia ci ha fatto fare tre passi indietro. Siamo perplessi ma c'è una possibilità di recuperare».

 

Quale?
«La presidenza italiana riunirà dal 4 al 6 ottobre a Matera i ministri G7 responsabili per le pari opportunità come ha annunciato la vostra ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella, durante il "Women7 Summit" a Roma. E speriamo che qualcosa si muova. Noi abbiamo già condiviso la nostra richiesta agli sherpa del G7. Anche se i tempi sono stretti siamo fiduciosi, speriamo che si possa recuperare. Soprattutto sulle tematiche transgender che sono state cancellate e invece richiederebbero maggiore attenzione. Siamo in contatto con la Presidenza del Consiglio, hanno detto che hanno preso visione del nostro documento. Anche sulla nostra presenza parlano di tempi stretti. Speriamo che l'Italia ci permetta comunque di intervenire. Si parla di diritti universali, non esserci vuol dire far finta che questi non esistano».