Il delitto
"Ci fu un agguato contro Luca Attanasio": ora indaga anche il Senato
La commissione per i Diritti umani si occupa della morte dell’ambasciatore nella Repubblica democratica del Congo. Al centro, la tesi dell’esecuzione. Come ricostruito da L’Espresso
Una piccola luce sulle verità nascoste del delitto Attanasio si accende al Senato della Repubblica. Un’indagine conoscitiva della commissione straordinaria per i Diritti umani sull’uccisione dell’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo, Luca Attanasio, vittima di un agguato il 22 febbraio del 2021 assieme al carabiniere che gli faceva da scorta, Vittorio Iacovacci, e all’autista del World Food Programme, Mustapha Milambo, riporta l’attenzione su una vicenda oscura. Al centro della prima seduta, la tesi che non si sia trattato di un tentativo di sequestro finito male, ma di una vera e propria esecuzione, come ricostruito negli ultimi tre anni dalla nostra inchiesta giornalistica. A formalizzare le accuse è il padre del diplomatico, l’ingegnere Salvatore Attanasio, sottolineando che «le informazioni raccolte dalle analisi dei corpi e degli indumenti di Luca e del carabiniere Iacovacci ci dicono che non è stata una morte casuale: sono stati vittime di un’esecuzione». Così ha scandito forte e chiaro l’ingegnere che non ha mai smesso di chiedere verità e giustizia.
Quello del 16 maggio è stato solo il primo atto di una procedura informativa che la commissione, presieduta dalla senatrice Stefania Pucciarelli, ha voluto fortemente dopo che lo scorso 13 febbraio la giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Marisa Mosetti, ha chiuso il procedimento decretando il «non luogo a procedere» e riconoscendo l’immunità ai due dipendenti del Wfp (agenzia delle Nazioni Unite che aveva organizzato la missione con l’ambasciatore) Rocco Leone e Mansour Rwagaza, accusati di omicidio colposo e omesse cautele per la morte dei due italiani e dell’autista congolese. È già calendarizzata l’audizione con Dario Iacovacci, fratello del carabiniere ucciso con Attanasio. Durante la prima seduta è intervenuto anche il legale della famiglia del diplomatico, l’avvocato Rocco Curcio, il quale oltre a confermare la tesi della perizia depositata in Procura – che ha documentato come i colpi che hanno raggiunto le vittime dell’agguato fossero stati esplosi dal basso verso l’alto, da un’unica direzione e da una distanza di pochi metri – ha richiamato l’attenzione sulle testimonianze relative alla «distrazione di fondi umanitari» denunciata verbalmente dallo stesso Attanasio e riportate nella nostra inchiesta.
Uno dei tanti fatti oscuri denunciati negli anni a Kinshasa, già da prima dell’arrivo dell’ambasciatore ucciso, e per i quali hanno pagato persone che nessun ruolo o nessuna responsabilità hanno avuto nelle faccende in odor di corruzione riportate in numerosi esposti. Come il rilascio di visti sospetti che ha portato alla chiusura dell’ufficio addetto dell’ambasciata italiana in Congo e al rientro dei funzionari e dell’ambasciatore ascoltati dagli ispettori durante la missione a Kinshasa e nella vicina Congo-Brazzaville nell’ottobre 2003.
A otto mesi da quella ispezione, oltre ai provvedimenti assunti dagli ispettori, è stato indicato il nuovo ambasciatore. Franco Sabato Sorrentino, che lascia Londra dove ha ricoperto il ruolo di primo consigliere per gli affari economici e commerciali nel Regno Unito, sostituirà il collega Alberto Petrangeli. Sorrentino ha già presentato le credenziali per il gradimento da parte delle autorità congolesi, fanno sapere dalla Farnesina.
«Hanno voluto spazzare via tutto quello che c’era prima e dopo la morte di Attanasio, ma solo dopo l’inchiesta giornalistica che ha portato a galla la presunta compravendita dei visti che da anni viene denunciata a Kinshasa. Tutti coloro che hanno subìto un procedimento, tranne un funzionario rientrato da Brazzaville che è sottoposto a indagine giudiziaria, sono però solo dei capri espiatori», sostiene un ex collaboratore dell’ambasciata informato sui fatti. «Ci sono stati negli anni varie relazioni di servizio e documenti inviati al ministero su situazioni sospette verificatesi durante la mia permanenza in sede mai presi in considerazione. Come la comunicazione redatta dai carabinieri che avevano colto sul fatto il funzionario indagato, scoperto a portare fuori dall’ambasciata una borsa piena di passaporti», conclude la nostra fonte.
Anche altri atti, che portano alla luce dichiarazioni che gettano ombre e veleni su ex ambasciatori, non sono stati presi in considerazione dalla Farnesina, timorosa di scoperchiare un vaso di Pandora. L’unica azione da cui è scaturita un’inchiesta sui fatti denunciati da un imprenditore italo-congolese, riportati da L’Espresso, è l’esposto presentato dall’onorevole di Fratelli d’Italia, Andrea Di Giuseppe. Il deputato, eletto nella circoscrizione estera Nord e Centro America, ha denunciato alla Guardia di Finanza anche altri episodi di corruzione legati al giro di «visti facili» in ambasciate e consolati italiani mirato a favorire l’immigrazione illegale in Italia, di cui L’Espresso ha scritto nei numeri precedenti.
L’ultima ispezione è stata il mese scorso in Venezuela, dove si indaga su alcuni passaporti di nazionalità italiana rilasciati senza che ci fossero i requisiti necessari. Il personale del ministero degli Esteri, accompagnato da finanzieri e carabinieri, per tre giorni ha visionato i documenti e acquisito numerosi elementi utili.
Anche in questo caso a denunciare le presunte attività illegali in una sede diplomatica italiana è stato un esterno, vittima di un sopruso: Antonio Calvino, italo-venezuelano, finito in carcere per una presunta “irruzione” al consolato italiano e condannato con l’accusa di incitamento all’odio verso un funzionario pubblico. Calvino è stato scarcerato solo dopo l’intervento dell’onorevole Di Giuseppe, che la scorsa settimana ha presentato una denuncia alla Procura di Roma per presunte minacce nei suoi confronti: frasi ambigue che alcuni politici avrebbero pronunciato contro di lui e riferite dallo stesso Calvino. La Farnesina per vederci chiaro ha convocato in Italia il console generale d’Italia, Nicola Occhipinti, che rientra al ministero.