Intervista

«Con la sconfitta dei conservatori finisce l’era della pantomima politica nel Regno Unito. E torna il pragmatismo»

di Nicolò Ermolli e Chiara Sgreccia   5 luglio 2024

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La vittoria schiacciante di Starmer sui Tories apre un nuovo ciclo. «I Labour avranno un atteggiamento molto più aperto nei confronti degli alleati europei» spiega Anand Menon, esperto del King’s College di Londra: «Ma dovranno riuscire a riconquistare la fiducia del popolo»

I laburisti nel Regno Unito hanno vinto, anzi stravinto, conquistando più di 400 seggi su 650 alla Camera dei Comuni. I Conservatori, dopo aver governato il Paese per 14 anni, hanno toccato il minimo storico di consensi. Il leader dei Tory, Rishi Sunak, si è dimesso dopo un colloquio con il Re Carlo III. Keir Starmer, che guida i laburisti, è il nuovo primo ministro, a lui l’incarico adesso di formare il nuovo governo. «Una grandissima vittoria», commenta il professor Anand Menon, esperto in politica europea e relazioni internazionali e docente al King’s College di Londra, «dovuta alla popolarità che il Labour ha saputo conquistarsi durante la campagna elettorale a discapito dei Conservatori che, invece hanno perso terreno a causa delle loro politiche divisive che hanno allontanato molti dei loro elettori». 

 

Che ruolo ha giocato la Brexit nel generare disaffezione nei confronti dei Conservatori? 
«La Brexit ha sicuramente avuto un peso nel causare l’impopolarità che ha portato alla sconfitta dei Tories ma non è stato il fattore più importante. Ad avere un ruolo rilevante è stato, invece, l’aumento del costo della vita che ha peggiorato le condizioni della maggior parte dei cittadini. E anche il mini-budget, cioè il pacchetto di misure economiche varato da Liz Truss, accolto negativamente dai mercati finanziari. E lo scandalo del partygate di Boris Johnson durante il Covid-19». 

 

Adesso però tocca ai laburisti governare il Paese. Quali sono le sfide principali che dovranno affrontare? 
«Sono due: la prima è economica. Dovranno trovare il modo di risollevare l’economia e di migliorare la qualità dei servizi pubblici senza inasprire ulteriormente le tasse che sono già alte nel Regno Unito. Starmer ha detto di voler portare il Paese a crescere del 2,5 per cento: una promessa molto ambiziosa viste le condizioni attuali, segnate da una crescita lenta. Come seconda sfida, il partito che guiderà il governo dovrà riuscire a riconquistare la fiducia del popolo che in questo periodo ripone poche aspettative nella classe politica. Un sentimento di sfiducia simile, però, è pericoloso per il Paese e per la democrazia».  

 

A proposito di servizi pubblici: nel Regno Unito il sistema sanitario nazionale è in condizioni critiche.  Pensa che i laburisti riusciranno a risollevarlo come dicono? 
«Credo che, a causa dei pochi fondi a disposizione, i laburisti dovranno prendere decisioni molto difficili riguardo agli investimenti che servono per migliorare la qualità dei servizi pubblici, proprio come il sistema sanitario nazionale. Ci sono molti settori che hanno bisogno di investimenti significativi: sarà complicato stilare la lista delle priorità, capire se sarà necessario aumentare il debito pubblico oppure alzare le tasse». 

 

Anand Menon

 

Se restringiamo il focus sull’immigrazione, invece, Starmer ha detto di voler bloccare il piano di deportazione dei migranti in Ruanda. Ma esiste già un altro programma per la gestione dei flussi migratori? 
«I laburisti fino a oggi sono stati molto cauti nel dire che cosa hanno in programma per gestire in maniera efficace i flussi migratori. Perciò, a essere onesto, non ho una risposta sicura alla domanda». 

 

Tra gli obiettivi dei laburisti c’è quello di rinsaldare le relazioni con l’Unione Europea? 
«Sono sicuro che Starmer avrà un atteggiamento molto più aperto nei confronti degli alleati europei, si porrà in modo da essere considerato come un amico, si impegnerà a rafforzare i legami di collaborazione. A livello sostanziale, però, cambierà poco: i laburisti cercheranno di migliorare l’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione raggiunti tra Regno Unito e Ue. Ma non ci sarà nessun inaspettato grande passo istituzionale nei confronti dell’Unione Europea». 

 

Quindi secondo lei che Paese diventerà il Regno Unito in mano ai laburisti? 
«Penso che da fuori il Paese apparirà come molto più stabile. Data la grande maggioranza che Starmer ha ottenuto nella Camera dei Comuni le probabilità che il suo governo riuscirà a durare cinque anni sono alte. In più, sembra un uomo attento a fare in modo che le persone possano mantenere il loro ruolo abbastanza a lungo da familiarizzarci, conoscerlo bene e svolgere in maniera competente i propri compiti. Penso che se immaginiamo gli ultimi anni del Regno Unito come l’era della pantomima politica, con i laburisti tornerà il pragmatismo tradizionale che per anni ha caratterizzato la politica inglese».  

 

La vittoria dei laburisti non è l’unico grande cambiamento generato dalle elezioni. Anche il partito di estrema destra Reform Uk è riuscito per la prima volta a entrare in Parlamento, come legge la crescita di consensi?
«Reform UK fino a pochi anni fa otteneva solo pochi voti. Oggi invece i candidati del partito di estrema destra si sono trovati ad arrivare secondi in molte circoscrizioni del Paese. Per il leader Nigel Farage questa è sicuramente una grande vittoria. Ma non è detto che riuscirà a ripetere la performance in futuro. In generale, secondo me dai risultati di queste elezioni si vede come i piccoli partiti stiano aumentando i loro consensi a danno dei due principali: laburisti e conservatori. E questo ha permesso ad alcuni di entrare in Parlamento, rendendo la politica britannica molto più frammentata, simile a quella italiana, ad esempio: fuori dallo schema del bipolarismo, con tanti differenti gruppi politici che si confrontano. Una situazione simile a quella che c'era nel Regno Unito nel 2015, prima del referendum sulla Brexit».