Ragazze, giovanotti, madri con bambini e pure anziani, nonostante i cartelli che avvertono del pericolo ordigni inesplosi, si tuffano nel Mar Nero e poi si stendono sulla sabbia bianca dell’Arcadia

Gli ucraini sono tornati al mare. Ragazze e giovanotti, madri con bambini e pure anziani. Per la prima volta da un bel po’, appena arrivata l’estate: nonostante i cartelli che avvertono del pericolo mine, si tuffano nel Mar Nero e poi si stendono sulla sabbia bianca e fine dell’Arcadia. Questi sono bagni storici, sanatori sovietici e villette aristocratiche sullo sfondo di cartoline e foto sbiadite dei tempi dell’Urss e dello zar. 

 

Si trovano a Sud del porto di Odessa, ora preso di mira dai missili balistici e dai droni russi che partono dalla penisola di Crimea. Dista invece sette chilometri la Scalinata Potëmkin, quella del regista Sergej Ėjzenštejn, con la scena dei soldati dello zar che sparano sulla folla, la madre che urla e la culla giù per i gradini, celebre in Italia anche per la citazione irriverente in un film di Fantozzi.

 

La spiaggia adesso è molto meno profonda che in passato. Se la sono mangiata i grattacieli di un quartiere-resort venuto su quando gli affari andavano ancora bene, prima dell’offensiva militare ordinata dal presidente russo Vladimir Putin nel febbraio 2022. Il fronte del mare lo si vede solo aggirando i palazzoni, astronavi kitsch pronte al decollo o cantieri bloccati dalla notte alla mattina, tutti da immaginare, proprio come i negoziati di pace in questa guerra senza vincitori che continua a uccidere. Siamo ai piedi di Kadorr 27, una torre di appartamenti vista mare proprio ad Arcadia. A un piano alto ci sono pareti sfondate e pavimenti sospesi. «I droni hanno colpito lo scorso Capodanno, è morto un ragazzino che era in camera sua», dice Iryna, che insieme con due amiche si ferma a chiacchierare in costume. Ecco: anche in una giornata al mare si parla di guerra, anche se solo per la curiosità di uno straniero. Ci accompagna Tetiana Kutas, 28 anni, collaboratrice del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), un’agenzia che in Ucraina sta rafforzando l’impegno per i diritti sociali e la salute pubblica: «L’estate del 2022 eravamo sotto shock per quello che stava accadendo, mentre il 6 giugno 2023, proprio all’inizio della bella stagione, c’era stata l’esplosione della diga di Kakhovka; i detriti, non solo fango ma anche pezzi di porte e finestre, sono arrivati fin qui, lungo la costa, a 200 chilometri di distanza».

 

Per capire proviamo a dispiegare la mappa. La diga, che oggi come allora è sotto controllo russo, vicino alla linea del fronte a Est, taglia il corso del fiume Dnepr. L’esplosione, all’origine di accuse incrociate e tutte da verificare, ha spinto a valle fino a Kherson e poi in mare canneti, pezzi di case e pure mine antipersona. «Lungo la costa l’acqua è rimasta torbida per mesi», ricorda Anna, 20 anni, seduta a un bar con un amico. È andata via da casa sua a Kherson per i colpi di mortaio e ora con l’indice disegna un percorso al contrario: «Le spiagge più belle sono qui a Odessa; l’isola di Dzharylhach è finita dall’altra parte del fronte e in pochi si azzardano a Ochakiv, perché si affaccia sul golfo del Dnepr dove ci sono basi di lancio russe».

 

Anche a Odessa c’è poi il rischio mine. Di mare, più grandi e pesanti, con spunzoni lunghi decine di centimetri, e di fiume, arrivate con il fango della diga, come palline di tennis che restano a galleggiare in superficie. Di recente il quotidiano Hromadske ha ricordato che «a Odessa negli ultimi anni i casi di persone uccise in mare dalle mine sono stati diversi». Non tutti allora si fidano, nonostante il Comune abbia annunciato di volere aprire fino a 20 spiagge con fondali scandagliati, rifugi anti-raid a due o al massimo cinque minuti a piedi e frangiflutti per impedire agli ordigni di raggiungere la riva. A preoccupare non è solo la vicinanza delle spiagge al porto, che spinge i bagnanti a preferire l’Arcadia o il Delfin al Langeron, troppo a ridosso dei terminali. Ne parliamo di ritorno a Odessa dalla linea del fronte con Irina Dvoichenko, sergente in congedo che ha quattro figli e si è reinventata autista. «Nel 2022 le spiagge erano state minate nel timore di uno sbarco dei russi», ricorda. «Dopo sono comparsi nastri di plastica bianca sulla sabbia per segnalare la posizione degli ordigni e sono state avviate le bonifiche, ma tu vai a sapere».

 

Sui social girano notizie e miti metropolitani. Come quello della vecchietta a spasso con il cane che pensando di dare una pulita si mette a togliere i nastri uno per uno e a buttarli nella spazzatura. Eppure adesso i ragazzi, quelli che possono e che non hanno compiuto 25 anni, la soglia per la leva obbligatoria, vanno al mare. Nonostante le notizie in arrivo dalla Crimea: nel giugno scorso, per dire, un bombardamento ucraino nella penisola ha causato cinque morti, compresi due bambini, proprio sulla spiaggia.

 

All’Arcadia è quasi ora del tramonto. Sulle tazze da colazione in mostra nelle bancarelle, accanto all’acquapark Hawaii con bungalow e Jacuzzi-bar, ci sono cuori giallo-blu e inni alla vittoria, “za pobedu”, scritto pure in russo. Sorride Svetlana, che vende souvenir da 16 anni e dopo un po’ si convince a parlare: «Oggi c’è stata molta gente, anche se quasi solo ucraini; peccato per i turchi, che erano tantissimi e compravano di tutto fino all’estate del 2021, quella prima della guerra».

 

Sono invece sempre lì gli studenti dell’Accademia navale. Ragazzi e ragazze dai 14 anni in su, provenienti da diverse regioni dell’Ucraina. Frequentano corsi di elettromeccanica, navigazione e logistica poco distante dalla Scalinata Potëmkin. Di uno studente ci racconta la nonna, Ljudmila Stablina. La incontriamo con una borsa della spesa accanto alle macerie della Scuola numero 51 di Mykolaïv, in russo Nikolaev, una città di cantieri navali a metà strada tra Odessa e il fronte. Suo nipote studiava proprio lì, dove l’esplosione di un missile balistico alle cinque del mattino ha lasciato in piedi solo un paio di spalliere in palestra. «La Scuola mi ha salvato», piange Ljudmila, che abita di fronte e per sei mesi è stata rifugiata anche in Italia, a Treviso. Mima la traiettoria del missile: «Vedi, proprio da quella parte; avrebbe colpito in pieno casa mia, invece i vetri sono andati in frantumi ma lei è ancora in piedi». E suo nipote? «Frequentava l’undicesima classe», risponde la nonna: «Ora ha 19 anni e studia all’Accademia di Odessa, diventerà marinaio». Del programma didattico all’istituto fanno parte stage organizzati grazie alle collaborazioni con circa 200 aziende. Dopo un primo quadriennio per laurearsi i giovani devono studiare ingegneria navale e diritto marittimo internazionale, viaggiando poi su mercantili per almeno 12 mesi. Secondo le statistiche internazionali, le esportazioni di grano dell’Ucraina sono tornate ai livelli prebellici e sono tuttora in crescita lungo la via della Romania e del Danubio garantita dalla Nato.

 

Sa di normalità anche il tramonto all’Arcadia: quando suona la sirena dell’allarme, chi è ancora in spiaggia sembra non farci caso. Resta lì, aspettando che smetta.