Il caso

«Ora ci prendiamo la notte»: la clamorosa protesta delle donne in India contro la violenza di genere

di Chiara Sgreccia   20 agosto 2024

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Ad accendere la miccia lo stupro e l'uccisione in ospedale di una giovane medica lo scorso 9 agosto a Calcutta. Che le autorità hanno provato a insabbiare

Erano in migliaia le donne che hanno riempito le strade di Calcutta, nello Stato del Bengala Occidentale, in India, allo scoccare della mezzanotte dello scorso 15 agosto, il giorno in cui si celebra l’indipendenza del Paese. Chiedevano «giustizia, rispetto e sicurezza dal governo e dalle autorità», hanno spiegato alcune delle manifestanti intervistate dal Guardian. Una protesta scoppiata dopo lo stupro e l’uccisione di una giovane medica avvenuta all’ospedale statale di Calcutta (Kolkata), RG Kar Medical College and Hospital, lo scorso 9 agosto.

 

Secondo le indagini della polizia federale, la dottoressa avrebbe cenato e guardato la tv con i colleghi al termine di un turno di lavoro durato 36 ore, prima di andarsi a riposare in una sala per le conferenze. La mattina dopo il corpo della trentunenne è stato ritrovato senza vita. All’inizio l’ospedale aveva liquidato il caso come un suicidio. Poco dopo, analisi più approfondite hanno dimostrato che prima dell’uccisione la donna è stata stuprata. Un uomo di 33 anni che aveva accesso all’ospedale è stato arrestato, ma sembrerebbe che i colpevoli siano più di uno.

 

«È chiaro che il personale dell'ospedale, insieme alla polizia, volevano coprire i veri colpevoli», ha detto Nazrul Islam, ex direttore generale della polizia del Bengala Occidentale, al canale di notizie NDTV. «La ragazza che è stata brutalizzata era una dottoressa in servizio. Se il governo non riesce a garantire la sicurezza delle donne in un istituto gestito dal governo, che speranza c’è?», ha aggiunto al Telegraph Anupama Chakraborty, una delle manifestanti scese in piazza per rivendicare il diritto delle donne a sentirsi sicure negli spazi pubblici.

 

«Reclaim the night», (prendiamoci la notte) è lo slogan nato prima sui social e poi diffusosi anche in altre città del Paese, che ha dato forma al movimento di protesta più grande degli ultimi anni in India. Ad unirsi alla rabbia delle donne anche migliaia di cittadini e le associazioni di medici, specializzandi e infermieri che chiedono più sicurezza sui luoghi di lavoro.

 

Dall’inizio della settimana anche i medici hanno indetto uno sciopero che sta causando gravi disagi ai pazienti di tutta l’India, sebbene il servizio essenziale di base resti garantito. I lavoratori della sanità chiedono giustizia per la vittima e una maggiore sicurezza negli ospedali, come controlli più severi su chi entra, più telecamere a circuito chiuso e più guardie visto che le aggressioni al personale durante il servizio sono frequenti.

 

Ad accrescere l’indignazione dei manifestanti c’è anche il fatto che, sebbene il direttore del RG Kar Medical College and Hospital si sia dimesso dopo il ritrovamento del corpo, neanche 24 ore dopo è stato assunto in una nuova struttura. Così il caso della medica uccisa e stuprata ha fatto scoppiare più di una delle micce che erano accese da tempo nella società indiana, stanca sia delle mancate tutele per i lavoratori che delle violenze sessuali molto diffuse nel Paese e spesso non denunciate. Secondo i dati del National Crime Records Bureau, in India nel 2022 ci sono stati in media quasi 90 stupri al giorno.