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17 ottobre, 2025Un’inchiesta realizzata da +972 Magazine con altri partner ha esaminato svariati video pubblicati dall’esercito israeliano per giustificare molti degli attacchi, come quello sull'ospedale Al-Shifa. In larga parte si basano su risorse grafiche prefabbricate, riciclate o acquistabili online
Le animazioni 3D utilizzate dall’Idf per giustificare il bombardamento di infrastrutture civili – tacciate di nascondere basi e tunnel sotterranei di Hamas – provengono in buona parte da librerie commerciali online, dagli stock dei creator e dal sito dello Scottish Maritime Museum.
I video pubblicati dall’esercito israeliano sui propri canali social, rilanciati dal primo ministro Benjamin Netanyahu e definiti “materiale di intelligence” sono stati infatti spesso realizzati acquistando risorse online a poche centinaia di dollari, scaricandone di gratuite e sottoscrivendo abbonamenti Patreon da 7 dollari al mese, per potersi avvalere di kit come quelli prodotti dall’artista 3D americano Ian Hubert.
È quanto emerge da una recente inchiesta di +972 Magazine, realizzata in collaborazione con Local Call, con il collettivo di ricercatori Viewfinder, il servizio pubblico svizzero (SFR) e con The Ferret, media scozzese di giornalismo investigativo.
Un mese di lavoro per analizzare 43 ricostruzioni in 3D pubblicate dall’IDF dopo il 7 ottobre 2023, molte delle quali sono risultate geograficamente imprecise – quando non alterate –, riciclate da precedenti utilizzi e contenenti elementi acquistabili online.
L'IMPORTANZA DELLE TEMPISTICHE
Definite dall’ex consigliere senior di Netanyahu, Mark Regev, “informazioni di assoluta affidabilità”, le immagini d’intelligence con cui l’esercito israeliano mostrava al mondo i presunti tunnel di Hamas sotto all’ospedale di Al-Shifa sono da considerarsi, secondo gli autori dell’inchiesta, parte di una strategia comunicativa volta a legittimare attacchi incombenti.
Proprio per preparare l’attacco all’ospedale più grande di Gaza, infatti, l’esercito israeliano ha pubblicato un video in data 27 ottobre 2023 nel quale si mostravano ricostruzioni in 3D di basi e lunghi tunnel sotterranei usati dai miliziani. Il video è stato ripubblicato da Netanyahu sul suo profilo X, ha ottenuto decine di milioni di visualizzazioni ed è stato ripreso dai media internazionali.
A metà novembre l’ospedale è stato attaccato dall’Idf, in piena violazione del diritto internazionale, e dell’effettiva presenza di quei tunnel non sono mai state fornite prove. L’area rimane tutt’oggi interdetta a giornalisti e ricercatori, cui Israele impedisce l’accesso.
IMMAGINI "INTELLIGENCE-BASED"
Testate di tutto il mondo si sono affrettate a rilanciare la versione israeliana, senza verificarne la veridicità, pubblicando integralmente il video e le relative dichiarazioni. Ma secondo il team d’inchiesta che ha analizzato quelle immagini, sono molti gli elementi che ne metterebbero in dubbio sin da subito l’affidabilità. Singolare, infatti, che nel render compaiano negozi come “Fabio’s Pizza”, “Andre’s Bakery” e “Revolution Bike Shop” nei pressi dell’ospedale. Negozi, questi, provenienti da pacchetti commerciali di risorse 3D utilizzati più volte da Israele, così come molti altri elementi grafici acquistabili in stock su siti come KitBash3D e Sketchfab.
A non convincere, poi, è anche la presunta sala di comando di Hamas che si vede interrata sotto all’ospedale di Al-Shifa: è la stessa usata un anno prima dall’Idf per affermare che, sotto una scuola dell’Unrwa, a Gaza, vi fosse un’altra infrastruttura di tunnel. Un'accusa, anche questa, mai corroborata da prove o confermata da verifiche indipendenti, le quali vengono sistematicamente impedite da Israele.
UN TEAM DEDICATO PER UN ESERCITO «PIÙ COOL»
Video del genere sono diventati routine dopo il 7 ottobre, al punto da essere usati per ritrarre presunte minacce non solo a Gaza, bensì anche in Libano, Siria e Iran. Cioè alcuni dei fronti caldi per la politica estera del premier che si dice “in missione storica e spirituale” per realizzare il progetto espansionistico sionista della “Grande Israele”.
Alcuni riservisti che hanno operato durante i primi mesi di aggressione hanno riferito, intervistati da +972mag, che la maggior parte – se non la totalità – di queste animazioni vengono create da un ristretto gruppo di soldati specializzati che fa capo al reparto produzione e media dell’Unità del Portavoce dell’Idf. Il team, noto internamente come “After Effects Cell”, dal nome di un diffuso software di progettazione grafica targato Adobe, riunisce motion designer, modellatori 3D e animatori. La direttiva più in voga tra i superiori sembrerebbe essere quella di “enfatizzare le minacce, curarne la resa estetica e sacrificare l’accuratezza”.
I soldati addetti sono chiamati a firmare un accordo di riservatezza prima di cominciare a lavorare. Talvolta ricevono modelli già preparati dai superiori dell’intelligence, che devono poi essere completati inserendo immagini prefabbricate o riciclate da precedenti illustrazioni. È frequente che il comandante di turno dia indicazione di rincarare il quantitativo di armi da mostrare, e che i render siano pronti per la diffusione soltanto dopo aver compiuto gli attacchi, giustificando quindi a posteriori l’assalto a ospedali, scuole e campi profughi.
Tra i riservisti intervistati e rimasti anonimi, c’è che si dice scettico che “la maggior parte degli attori internazionali fossero davvero convinti ogni volta che le informazioni di intelligence che venivano presentate giustificassero l’uccisione di civili o la distruzione di un ospedale”. Ma per qualcun altro di loro, “i modelli 3D sembrano sexy e professionali”, facendo apparire l’esercito come “una compagnia high tech dotata di tecnologia e mezzi grafici davvero cool” (sic).
Tra un parcheggio di Washington, immagini provenienti da un workshop di costruzione di barche in Scozia e kit di vetrine commerciali prodotte dall'industria dei videogiochi, l’analisi di +972mag ha rivelato come oltre la metà delle animazioni 3D utilizzate dall’IDF provengano da fornitori di terze parti, non risultando quindi generate dall’unità d'intelligence preposta, contrariamente a quanto dichiarato. Si tratta di oltre 50 risorse esterne, riutilizzate centinaia di volte per animazioni raffiguranti siti ben differenti tra loro, dalla Striscia di Gaza fino all’Iran.
Secondo Elizabeth Breiner, responsabile del centro di ricerca Forensic Architecture dell’università londinese di Goldsmiths, “gli israeliani hanno cooptato il lessico visivo dell’indagine open source. Queste immagini sono notoriamente a metà tra il reale e l’immaginario, ma il vero danno è che si fissano nella percezione delle persone”.
IL PATTERN DEGLI ATTACCHI
E proprio da Forensic Architecture provengono alcuni dei dati che aiutano a leggere il quadro degli attacchi sistematici di Israele ai danni di strutture mediche nella Striscia di Gaza. I numeri, aggiornati al 10 ottobre 2025, indicano 22 ospedali resi fuori servizio su 36, con i restanti 14 fortemente danneggiati e limitati nelle loro attività. 8 gli ospedali da campo non operativi su 18 totali, con uno solo rimasto attivo a Gaza Nord. Nello schema degli attacchi israeliani è tipico ripetere l’offensiva contro ospedali appena rimessi in funzione, specialmente quando pieni di civili sfollati.

Il tutto va infine osservato e ricondotto alla cornice dei dati Unrwa, che contano 790 attacchi contro medici e strutture sanitarie, e quelli dell’Oms, secondo cui Israele ha ucciso 1722 operatori sanitari – due al giorno, in media, dal 7 ottobre – e ferito a morte almeno 42mila persone. Con 35 ospedali messi fuori gioco su 36 – si stima – in almeno un’occasione durante il genocidio, la conseguenza è quella di provocare numerose morti per le conseguenze degli attacchi. Le stesse conseguenze che hanno portato The Lancet, prestigiosa rivista scientifica, ad alzare il numero di vittime palestinesi fino a 186mila.
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