A due ore e mezza di macchina da Tallinn, la città di Narva appare dopo una lunga distesa di campi coperti di neve e mulini a vento. Siamo in Estonia, a poche centinaia di metri dalla Russia. I boschetti di betulle e i palazzi sovietici sono gli stessi che si potrebbero osservare dall’altra parte del fiume che divide i due Stati. Avvicinandosi alla frontiera viene detto di mettere lo smartphone in modalità aerea: se i cellulari si agganciassero alle reti dall’altra parte del confine, le nostre informazioni non sarebbero più al sicuro. Qui dei russi si ha sempre più paura, soprattutto adesso, visto il futuro incerto che si delinea con Donald Trump alla Casa Bianca. Secondo Tallinn, infatti, se la Russia avesse la meglio in Ucraina, gli Stati Baltici potrebbero essere i prossimi obiettivi per ristabilire l’influenza del Cremlino nell’ex spazio sovietico. Per questo Estonia e Lituania hanno fatto sapere che nei prossimi anni saranno i primi Paesi della Nato a destinare oltre il 5 per cento del Pil alla Difesa, come chiesto da Trump. Circa il 50 per cento in più rispetto a oggi.
Una manna per i produttori di armi, soprattutto statunitensi: secondo l’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri), gli Stati Uniti sono al primo posto fra i produttori e i rivenditori di armi, con una quota sull’export mondiale cresciuta dal 34 al 42 per cento tra il quinquennio 2014-2018 e quello 2019-2023.
L’esercitazione alle porte della Russia
Proprio per testare le proprie capacità di difesa, nel dicembre del 2024 quasi duemila uomini della Nato si sono riuniti in Estonia, a pochi chilometri dal confine russo, per l’esercitazione militare “Pikne”, che ha coinvolto forze aeree, navali e di terra. «Dall’esperienza ucraina abbiamo imparato che la Russia, quando avanza, si trincera, rendendo difficile la ripresa di quel territorio. Per questo ci esercitiamo con i nostri alleati», ha spiegato a L’Espresso il maggiore Chris Pyman del reggimento di cavalleria britannica Royal Dragoon Guards. Alle sue spalle, su un carro armato mimetizzato, alcuni soldati estoni e britannici issano la bandiera della Nato. Tutto attorno si sentono gli spari a salve delle truppe che simulano l’accerchiamento di un villaggio.
I quasi 50 anni di occupazione sovietica hanno lasciato un segno indelebile sull’Estonia, un Paese di appena 1,3 milioni di abitanti, dove i timori di una possibile invasione russa sono oggi più palpabili che mai. Ecco perché Tallinn ha aggiornato il National Security Concept (quel documento strategico che definisce obiettivi e priorità in materia di sicurezza nazionale), sta aumentando le spese per armamenti e risorse umane e ora fa squadra con gli alleati per collaudare i mezzi, coordinare i reparti e testare le capacità di difesa. «Nel 2014 la nostra spesa per la Difesa era pari al 2 per cento del Pil. Oggi è salita al 3,4 e nel 2026 arriverà al 3,7», ha spiegato a L’Espresso il ministro della Difesa estone, Hanno Pevkur. «Stiamo investendo nella preparazione delle nostre truppe e nell’acquisizione di nuove dotazioni militari per garantire la sicurezza dell’Estonia e dell’intera Europa».
La lega dei combattenti volontari
In Estonia, l’intero Paese è chiamato a rispondere alla Difesa: i ragazzi sono soggetti alla leva obbligatoria e le ragazze possono arruolarsi come volontarie. Poi c’è la “Lega di Difesa volontaria”: squadroni composti da migliaia di civili che tutti i fine settimana si esercitano a imbracciare un’arma, a scavare trincee e a rispondere al fuoco nemico. Il timore di un’invasione è talmente presente che negli ultimi due anni il numero di civili nella Lega è aumentato di dieci volte e oggi conta quasi 50mila persone. Fra loro ci sono moltissime donne e anche qualche straniero.
«Vivo in Estonia da 14 anni. Quando ho visto le prime bombe cadere sull’Ucraina, ho pensato che potrebbe toccare anche a noi». David ha compiuto 40 anni da poco. Ha i capelli lunghi e la faccia da nerd. Quando gli si chiede cosa spinga uno spagnolo come lui a unirsi alla “Lega per la Difesa volontaria” dell’Estonia, la sua faccia diventa seria. «Questo ormai è il mio Paese. E se penso che le bombe russe potrebbero distruggere casa mia, o l’asilo di mia figlia, come sta accadendo in Ucraina, beh, allora sono disposto a combattere fino alla morte per difendere l’Estonia». David racconta che quasi tutti i weekend si addestra nei boschi fuori Tallinn insieme con gli altri volontari. Una buona metà di loro è composta da donne.
Ma, in aggiunta alle minacce militari tradizionali, l’Estonia deve fronteggiare anche i cyber-attacchi. Per questo, oltre all’esercitazione “Pikne”, la Nato ha condotto a Tallinn l’esercitazione “Cyber Coalition 24”, diretta dall’italiano Ezio Cerrato, alla quale ha partecipato anche l’Ucraina come Paese partner. E sempre per motivi di sicurezza, all’inizio del febbraio scorso, i Paesi Baltici hanno disconnesso le proprie infrastrutture dalla rete elettrica russa, a cui erano collegate dai tempi dell’Unione Sovietica.
Insomma, a fronte di un quadro politico sempre più incerto e di un’Europa incapace di difendersi senza gli aiuti americani, gli estoni affilano le unghie. E ripongono le proprie speranze nella connazionale Kaja Kallas, Alta Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, la quale di recente ha dichiarato che l’Ue sarebbe pronta a prendersi la guida del sostegno all’Ucraina, se gli Stati Uniti facessero il temuto passo indietro. «L’Unione europea è pronta ad assumere questa leadership», ha detto Kallas. Parole che sono, però, in contrasto con quanto aveva affermato l’anno scorso il suo predecessore, Josep Borrell, convinto che «l’Europa non possa colmare il divario di forze, quando si tratta di sostenere l’Ucraina».