Le trattative per la pace in Ucraina sono arenate. Oggi - 23 aprile - a Londra si sarebbero dovuti tenere i colloqui tra i ministri degli Esteri dei cosiddetti “volenterosi”, ma dopo il forfait del segretario di Stato americano, Marco Rubio, anche i rappresentanti di Francia e Germania hanno annullato il proprio viaggio. Al centro le divergenze tra Washington e Kiev, in particolare sullo status della Crimea: Zelensky ne rivendica la sovranità, per Trump dev’essere uno dei territori da cedere alla Russia come parte di un accordo più complessivo per arrivare a un cessate il fuoco definitivo.
L'"offerta finale" di Trump: Kiev accetti l'occupazione
Oggi, secondo quanto scrive il quotidiano americano Axios, è il giorno della deadline della proposta degli Stati Uniti all’Ucraina per un accordo di pace che includa il riconoscimento della Crimea come parte integrante della Russia e il riconoscimento del controllo di Mosca su quasi tutte le aree occupate dall’invasione del febbraio del 2022. Il documento presentato da Washington alla controparte ucraina, la scorsa settimana a Parigi, descrive questa condizione come “l’offerta finale” di Trump a Zelensky. Se le parti non dovessero raggiungere un accordo, la Casa Bianca si è già detta pronta ad abbandonare il tavolo delle trattative. Una fonte vicina al governo ucraino ha spiegato ad Axios che “la proposta indica molto chiaramente quali vantaggi tangibili otterrà la Russia, ma solo vagamente e in modo generico indica cosa otterrà l’Ucraina”. Tra i punti sottoposti da Trump a Zelensky, oltre al riconoscimento de iure a Mosca della Crimea e il riconoscimento di fatto dell’occupazione su quasi tutta la regione di Luhansk e delle zone occupate di Donetsk, Kherson e Zaporizhia, anche la promessa che Kiev non diventerà membro della Nato (ma il documento di Parigi sottolinea che l’Ucraina potrebbe entrare a far parte dell’Unione europea) e la revoca delle sanzioni imposte dal 2014. In cambio, l’Ucraina otterrebbe “una solida garanzia di sicurezza” (ma resta da capire ancora in che termini e con che impegni), la restituzione della piccola parte dell’oblast di Kharkiv, il passaggio senza ostacoli del fiume Dnepr e il risarcimento e assistenza per la ricostruzione (ma il testo non specifica da dove arriveranno i finanziamenti). La centrale nucleare di Zaporizhia, poi, la più grande struttura del genere in Europa, dovrebbe essere considerata territorio ucraino ma gestita direttamente dagli Stati Uniti, e l’elettricità verrebbe fornita sia a Kiev che a Mosca.
Rubio annulla il viaggio a Londra
Che la distanza tra le parti sia ancora ampia (soprattutto sullo status della Crimea) è testimoniato dall’annullamento del viaggio di Rubio a Londra. Al posto dei colloqui inizialmente previsti, si terranno incontri tra alti funzionari dei cinque paesi, mentre il ministro degli Esteri ucraino sarà comunque a Londra e dovrebbe tenere un incontro bilaterale con il Segretario agli Esteri britannico David Lammy. La decisione del segretario di Stato Usa, come scrive il New York Times, è stata presa in seguito alle dichiarazioni di Zelensky, che ha ribadito che “l’Ucraina non riconoscerà legalmente l’occupazione della Crimea”.
9 morti e 30 feriti nella regione di Dnipropetrovsk
Intanto, mentre la diplomazia muove a fatica i propri passi, le armi continuano a parlare. Questa mattina un drone russo ha colpito un autobus a Marganec, nell’Ucraina sudorientale, e ha ucciso nove persone. “Un drone ha colpito un autobus con a bordo dipendenti di un'azienda. L'attacco nemico ha causato la morte di nove persone", ha scritto su Telegram il governatore della regione di Dnipropetrovsk, Sergy Lysak, aggiungendo che 30 persone sono rimaste ferite, ma che "il loro numero continua ad aumentare”. E Pechino ha rimandato al mittente le accuse ucraine secondo cui i soldati cinesi combatterebbero al fianco dei militari russi, definendole “infondate” e accusando Kiev, che ieri ha convocato l’ambasciatore cinese, di fare “strumentalizzazioni politiche”. La Cina “si oppone con fermezza alle accuse infondate e alle manipolazioni politiche" ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun nella quotidiana conferenza stampa. Il ministero degli Esteri cinese ha sempre negato che Pechino abbia fornito armi a nessuna delle parti in conflitto in Ucraina.