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11 settembre, 2025La località costiera in Tunisia, resa celebre da Bettino Craxi, è diventata meta dei lavoratori italiani a riposo grazie al generoso trattamento fiscale. “È una grande Rsa a cielo aperto”
I tunisini dicono: è la nostra Saint-Tropez. Ma non esageriamo: a una sessantina di chilometri a sud-est di Tunisi, Hammamet, già borgo marinaro, intorno alla sua Medina misteriosa, è diventata una città di 90mila abitanti, uno strano mix fra il glamour low cost degli albergoni sul litorale e quell’aria rilassante e trasandata da paesone del Sud Italia. Sulla spiaggia bianca, le donne in burkini (poche) e quelle in bikini (tante) convivono liberamente. Intanto, su avenue de la République, l’arteria principale, si parla sempre più italiano. Li noti subito: in coppia, spesso. Con la scarpa giusta e il look falsamente casual. Loro, i pensionati italiani.
Sono novemila i nostri connazionali presenti in Tunisia e solo l’anno scorso 1.100 si sono iscritti al consolato. Cinquemila vivono ad Hammamet, quasi tutti pensionati. E aumentano da mesi. Dopo che il Portogallo, già meta preferita per la defiscalizzazione delle pensioni, ha eliminato i suoi vantaggi a fine 2024, si spostano da queste parti. Tanto più che la Tunisia offre tasse alleggerite pure agli ex Inpdap (la cassa di previdenza dei dipendenti pubblici, riassorbita dall’Inps): solo altri tre Paesi fanno altrettanto, Cile, Senegal e Australia, decisamente troppo scomodi. Ad Hammamet esistono agenzie che aiutano i pensionati a installarsi, come quella di Teresa Lucente e del marito, Pino Garozzo. I vantaggi fiscali sono fissati dalla Convenzione bilaterale tra Italia e Tunisia del 16 maggio 1979. «Stabilisce che sia imponibile solo il 20 per cento della pensione – spiega Lucente – al quale si applicano aliquote a scalare da un massimo del 35 per cento a mano a mano che la somma scende. Quindi, in generale, siamo sul 5 per cento per le pensioni più basse e poco sopra il 7 per cento su quelle più elevate». In soldoni (e abbiamo verificato casi concreti), se hai 1.300 euro netti in Italia, qui diventano 1.800. Dai 1.800 si passa a 2.300. Da 3.200 a 5.255. Più si sale e più in termini assoluti gonfia il “montepremi”: non stupisce che ad Hammamet vivano ex ambasciatori, ex generali ed ex medici primari, tutti con pensioni altissime. Il costo della vita è un terzo di quello italiano e per affittare un appartamento di standard europeo ci vogliono fra i mille e i 1.500 dinari (300-450 euro). Ci si guadagna da tutti i punti di vista.
La comunità dei pensionati di Hammamet è, si dice, politicamente di destra. «Soprattutto ci sentiamo un po’ tutti traditi dalla sinistra», osserva Paolo D’Alù, consigliere del Comites, l’organismo rappresentativo della collettività. «La sinistra prende sempre provvedimenti a svantaggio dei pensionati». Sorseggia un caffè al bar Yuman, con vista sul Mediterraneo (accanto al bancomat della Biat, uno dei luoghi più frequentati dagli italiani). A Roma prendeva una pensione di oltre tremila euro, «ma ad Hammamet la mia vita è diventata più agiata». Uno dei problemi dei pensionati defiscalizzati è che non hanno più accesso alla sanità pubblica italiana «ma qui facciamo riferimento a quella privata tunisina, che è d’eccellenza. La visita da uno specialista costa poco più di 20 euro e non ci sono attese». Le migliaia di euro che D’Alù risparmia al mese «le ho utilizzate per sposare i miei quattro figli e comprare loro casa. Altri danno addirittura un fisso mensile ai figli in Italia, visto quanto sono bassi oggi gli stipendi. Ma non è salutare. Li abitui a un tenore di vita che non potranno permettersi, quando non ci saremo più». Bettino Craxi, che qui morì e passò gli anni di esilio (così lo definiva), è per D’Alù e gli altri pensionati «un mito: capiamo solo oggi che ci aveva visto giusto».
In un bar molto più dimesso dello Yuman, all’interno della città, l’Happy Life, ritroviamo i pensionati a reddito più basso. Qui la visione su Hammamet è meno idilliaca. Maria Teresa, astigiana, è arrivata nel 2021 e se ne va già via: «Sono stufa della sporcizia per strada». Poi, «i prezzi aumentano sempre più, perché i tunisini se ne approfittano». E ricorda «un’operazione alla cataratta che ho subìto e che è finita male». Sottolinea anche l’obbligo a restare almeno 183 giorni all’anno in Tunisia (non continuativi) per usufruire della defiscalizzazione «e ad Hammamet ci si annoia da morire». A qualche centinaio di metri da lì, ha sede l’associazione di Donato Ladik, che, invece, fa di tutto per non annoiarsi. Organizza gite, concerti e spettacoli danzanti. Oggi si proietta il film “Come un gatto in tangenziale”. Ci sono anche Lino e Concetta Mastronardi, rispettivamente 72 e 71 anni (e in forma strabiliante). Sono originari di un paese dell’Appennino molisano. «Siamo venuti per ragioni finanziarie, non siamo ipocriti – spiega lei – ma qui siamo pure rinati. Abbiamo belle amicizie». Concetta fa teatro, con una compagnia di italiani. Lino, che ha lavorato come manager di enti locali, ha realizzato il suo sogno. «Abbiamo messo su una band – dice – Io faccio il chitarrista». Si chiama Habib Band (habib vuol dire “caro” in tunisino) e si esibisce nei locali della zona, spaziando dai Pink Floyd a Lucio Battisti. Lino ha una pensione alta «e con quello che risparmiamo aiutiamo due dei tre figli che altrimenti coi loro stipendi, troppo bassi, anche se si sono laureati, non ce la farebbero. Non ci vergogniamo a dirlo e loro non sono “bamboccioni” viziati. È solo la realtà oggettiva di certe zone del Sud Italia».
Salvatore Allocca, regista romano, è venuto ad Hammamet per girare il suo nuovo film, un viaggio «alla riscoperta della vita di mia madre». «Lei, a settant’anni suonati, si era trasferita in Tunisia – racconta – Pensavo che sarebbe stato un momento transitorio. E invece, passati gli ottanta, mi ha fatto capire che la sua vita ormai era ad Hammamet». Il film-documentario di Salvatore, che uscirà nei prossimi mesi, si intitolerà “Residence Hammamet: il Maktub secondo mia madre”. «Ad Hammamet – osserva – gli italiani sono uno specchio dell’Italia: c’è di tutto. Mia madre sul lavoro aveva molte responsabilità. Una volta andata in pensione, per non cadere in depressione, ha avuto l’esigenza di una nuova avventura. E lì ha trovato un nuovo compagno e un nuovo giro d’amicizie. Vive una seconda gioventù». Allocca parla della comunità come di una «grande Rsa a cielo aperto», dove si fanno compagnia. «Hanno un bisogno disperato di non parlare della morte, che si avvicina per tutti. Il loro vivere certe volte in modo superficiale permette di esorcizzare qualcosa che è dietro l’angolo».
Davanti al mare, intanto, spunta pure una vecchia conoscenza. Frederik Matthijs Van Stegeren, alias l’Olandese volante, dj e conduttore radiofonico della prima ora, olandese naturalizzato italiano, si è trasferito ad Hammamet da pochi mesi. «Scoprii la Tunisia per la prima volta da giovane, nel 1968 – ricorda – Studiavo architettura all’Università di Amsterdam. Venni a Kairouan, dove c’era stato un terremoto, come volontario dell’Unicef, ad aiutare». Ora è qui a defiscalizzare, «perché si vive bene e costa poco». A casa ha installato una stanza insonorizzata e registra podcast sulla storia della radio per Radio Freccia. «Sto anche scrivendo un libro su un festival di Sanremo fittizio degli anni Ottanta. Un thriller: alla fine faccio perfino uccidere Claudio Baglioni, un cantante che non ho mai amato». Ad Hammamet tutto diventa possibile.
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