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3 settembre, 2025"Mosca non si accontenta più del logoramento. Vuole alzare il livello, provocare una risposta, e forse un incidente". Parole misurate, affidate a un diplomatico europeo di primo livello, in servizio presso il Consiglio Ue, ma che nelle ultime settimane fanno eco anche nei corridoi della NATO
«La Russia non si accontenta più del logoramento. Vuole alzare il livello, provocare una risposta, e forse un incidente. È questo che temiamo, è questo che ci stiamo preparando a gestire». Parole misurate, affidate a un diplomatico europeo di primo livello, in servizio presso il Consiglio Ue, ma che nelle ultime settimane fanno eco anche nei corridoi della NATO e a Downing Street. Gli apparati di sicurezza occidentali sono in allerta, non per una singola mossa, ma per la sequenza.
L’attacco missilistico su Kiev — massiccio, preciso, spavaldo — ha colpito nel cuore simbolico dell’Europa. Non solo per l’intensità (più di 30 missili, tra cui diversi ipersonici Kinzhal), ma per la scelta degli obiettivi: una sede del British Council e alcuni uffici diplomatici dell’Unione. Per non parlare poi delle più che sospette interferenze russe sul segnale GPS dell'aereo di Ursula Von der Leyen. Un segnale che non lascia spazio a dubbi. «Putin ha varcato una soglia, e lo ha fatto consapevolmente», conferma una fonte di intelligence britannica. Il messaggio a Londra e Bruxelles è chiaro: ogni appoggio all’Ucraina, ogni missione militare, ogni sostegno economico o culturale può essere oggetto di ritorsione.
Il punto è che non si tratta più solo di missili. Da settimane, l’intelligence tedesca, olandese e scandinava registra un’intensificazione delle attività di sabotaggio e spionaggio condotte da soggetti collegabili — direttamente o indirettamente — ai servizi russi. In Svezia e Danimarca sono stati documentati tentativi di manomissione di infrastrutture energetiche. In Germania, diverse inchieste giudiziarie stanno ricostruendo la rete logistica che avrebbe permesso a cellule filo-russe di agire sul territorio, soprattutto nei porti del Baltico.
E mentre gli investigatori raccolgono prove, i caccia italiani F-35, impiegati nell’ambito della missione NATO in Estonia, sono intervenuti per intercettare un velivolo militare russo che si era avvicinato senza preavviso allo spazio aereo baltico. È successo giorni fa. Non è la prima volta, ma l’irregolarità del comportamento del pilota ha fatto scattare un allarme ulteriore. «Era un test, una provocazione», riferiscono da fonti aeronautiche italiane. Un’azione dimostrativa, che accresce la tensione e che, in un clima così teso, potrebbe davvero innescare una reazione incontrollata.
Che Mosca stia cercando il cosiddetto “incidente” — l’episodio limite, la scintilla da sfruttare in sede propagandistica e diplomatica — è un’ipotesi che non circola più solo nei think tank, ma nei briefings riservati delle cancellerie. Ursula von der Leyen, che ha sentito nelle ultime giornate sia Volodymyr Zelensky che Donald Trump, è partita per una missione lungo il fianco est dell’Alleanza: Polonia, Romania, Lettonia. Un viaggio ufficialmente programmato, ma che assume toni d’urgenza. A margine di una riunione a porte chiuse, fonti di Bruxelles ammettono: «Siamo entrati in una nuova fase, più pericolosa, più imprevedibile».
Anche gli Stati Uniti iniziano a spazientirsi. Il portavoce del dipartimento di Stato ha lanciato un avvertimento esplicito a Mosca: «Con le sue provocazioni, il Cremlino mina la stabilità e la sicurezza del continente». Il tono, per gli standard americani, è netto. Ma ciò che preoccupa a Washington è la frammentazione della risposta europea. I governi baltici chiedono una postura più muscolare, la Francia insiste per una maggiore autonomia strategica, mentre l’Italia, pur mantenendo la linea atlantica, cerca una mediazione diplomatica. Intanto, Londra rafforza le proprie difese informatiche e ridispone personale militare lungo le rotte di rifornimento per l’Ucraina.
In questo contesto, l’offensiva diplomatica russa — fatta di viaggi in Africa, alleanze commerciali con la Cina, e minacce più o meno velate al “vicinato” europeo — acquista una coerenza strategica. Mosca sa di non poter vincere militarmente sul campo, ma può esasperare il fronte avversario, dividerlo, logorarlo. Una guerra ibrida, che alterna raid, sabotaggi, pressioni energetiche, incursioni informatiche, e il ricorso — sempre più sfacciato — a operazioni sotto falsa bandiera.
«Non ci sorprenderemmo — confida un alto funzionario dell’intelligence polacca — se nei prossimi mesi assistessimo a un evento grave, di cui sarà difficile attribuire con certezza la responsabilità. Questo è il gioco: alzare la tensione, seminare il dubbio, guadagnare tempo». A Bruxelles si lavora a nuovi protocolli di crisi. A Londra si parla apertamente di scenari “da Guerra Fredda 2.0”.
La domanda è quanto potrà reggere l’Occidente, senza rispondere nel linguaggio che Mosca sembra voler imporre: quello della forza.
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