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30 settembre, 2025L'intesa deve essere ora accettata dal gabinetto di guerra israeliano e da Hamas, che non ha ancora ricevuto il documento. Ma il primo ministro israeliano non intende ritirarsi dalla Striscia
“Siamo molto vicini a un accordo” per Gaza, ha detto ieri, 29 settembre, Donald Trump alla Casa Bianca. Non è la prima volta che lo afferma, ma è la prima che sul tavolo dei negoziati c’è un piano concreto, “in 20 punti”, accolto da Israele. “Ringrazio Benjamin Netanyahu per aver accettato il piano”, ha aggiunto il presidente Usa. "È uno dei giorni più belli della storia della civiltà, un giorno storico non solo per Gaza, ma per l’intera regione". Certo, l’intesa - ottenuta grazie a una trattativa che ha coinvolto anche i leader arabi - deve ancora essere accettata dal gabinetto di guerra di Tel Aviv e da Hamas, la quale ha dichiarato di non aver ancora ricevuto il documento dai mediatori egiziani e qatarioti. Ma la fine delle ostilità nell’enclave palestinese sembra, ora, per lo meno una possibilità.
Che cosa prevede il piano di Trump per Gaza
Insindacabile, come del resto lo è stato per gli ormai due anni di conflitto, è il rilascio degli ostaggi israeliani in mano all’organizzazione palestinese artefice del massacro del 7 ottobre: Hamas dovrà liberarli in un’unica soluzione, 72 ore dopo l’accordo con Israele. Una volta rilasciati tutti gli ostaggi, lo Stato ebraico dovrà poi liberare 250 ergastolani più 1700 cittadini di Gaza detenuti dopo il 7 ottobre 2023. Tel Aviv, da parte sua, dovrà mettere fine alle operazioni militati e iniziare a ritirare il suo esercito dalla Striscia. E dovrà far entrare gli aiuti umanitari che verranno distribuiti dalle Nazioni Unite e dalla Mezzaluna Rossa. Le condizioni da rispettare, per l'organizzazione palestinese, non finiscono qui: in cambio dell'esilio per i suoi leader (e dell'amnistia per i suoi militanti), Hamas dovrà garantire il disarmo totale e accettare la sua completa estromissione dal futuro governo della Palestina.
Il Board della Pace presieduto da Trump
Gaza, di conseguenza, dovrà essere una zona completamente deradicalizzata e libera dal terrorismo, in modo che non possa in alcun modo costituire una minaccia per i suoi vicini. Verrà riqualificata e lasciata in mano alla sua popolazione, seppur sotto il controllo di un comitato palestinese tecnocratico e apolitico, composto da palestinesi qualificati ed esperti internazionali, con la supervisione di un nuovo organismo internazionale di transizione, il “Board of Peace”, il Consiglio della Pace presieduto dallo stesso Donald Trump che suona come la volontà di dettare, ancora una volta nella storia, in lingua inglese le regole per togliere ai palestinesi il controllo del proprio futuro.
Il piano di una governance di transizione è stato elaborato dall’ex premier britannico, Tony Blair, che farà parte della nuova governance insieme ad altri capi di Stato. La “Gita” (Gaza International Transitional Authority) dovrebbe essere sotto il controllo dell'Onu e avrebbe la sua sede ad Al-Arish, nel nord della penisola del Sinai, in Egitto. Secondo il piano, nessun abitante di Gaza sarebbe costretto a lasciare la Striscia, mentre non si è parlato della Cisgiordania. Il Board of Peace resterà in vigore finché l’Autorità Nazionale Palestinese non avrà completato il suo programma di riforme e non potrà riprendere il pieno controllo di Gaza.
Tra gli altri punti del piano, si legge che ci sarà uno schema di sviluppo economico voluto dagli Usa per ricostruire Gaza, grazie anche a una zona economica speciale che godrà di tariffe di accesso agevolate. Nessuno dei suoi abitanti, dice ancora il piano, sarà costretto a lasciare l'enclave palestinese.
In un’intervista in ebraico rilasciata dopo l’evento stampa in cui Trump ha presentato il piano in 20 punti, però, Netanyahu si è detto contrario al ritiro delle Idf dalla Striscia: "Assolutamente no, non accadrà", ha garantito, lapidario, il premier israeliano.
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