Emma Marcegaglia manda a dire al presidente del Consiglio che la pazienza degli imprenditori è ormai al lumicino. Il suo predecessore al vertice di Confindustria, Luca di Montezemolo, fa muovere la sua Fondazione all'attacco della Lega di Umberto Bossi all'insegna del "basta con le chiacchiere". Un simile linguaggio, che rievoca il "quo usque tandem" delle catilinarie ciceroniane, è francamente insolito nei rapporti fra governo e mondo delle imprese. Esso contraddice platealmente la tradizione che vuole Confindustria filogovernativa, non importa se per necessità o per convinzione. Ci si deve chiedere, quindi, che cosa abbia spinto gli esponenti del mondo produttivo a salire così imbufaliti sulle barricate. Non basta a spiegare questa svolta la pur grave e ormai grottesca vicenda dei cinque mesi di vacanza ministeriale al dicastero dello Sviluppo economico. Al centro della polemica c'è ben di più che non una nomina così a lungo stentata. Marcegaglia in proposito non ha usato giri di parole denunciando che, dietro il falso slogan berlusconian-tremontiano dello "stiamo meglio degli altri", si nasconde un Paese che fatica a crescere, che ha i conti sempre a rischio, mentre il sedicente "governo del fare" trascura i problemi delle imprese e del mondo del lavoro per occuparsi vuoi dei problemi giudiziari del premier vuoi di squallide lotte intestine dentro la periclitante maggioranza.
A ben vedere con queste accuse la presidente di Confindustria fa un po' la scoperta dell'acqua calda: il poco o nulla di politica industriale da parte del governo Berlusconi è sotto gli occhi di tutti fin dai primi segnali di crisi economica. Semmai bisogna cercar di capire come mai il sindacato degli imprenditori si sia deciso a dire pane al pane soltanto adesso. L'unica spiegazione ragionevole (e preoccupante) sta nelle stime congiunturali aggiornate un paio di settimane fa dall'ufficio studi confindustriale. Il secondo trimestre di quest'anno con il suo 0,5 per cento di crescita aveva fatto sperare in una ripresa che, viceversa, non sarà altrettanto brillante nel secondo semestre con proiezioni poco entusiasmanti anche sul 2011.
Insomma, Confindustria va all'attacco perché prevede un brutto autunno e un cattivo inverno senza che il governo dia segnali di voler fare qualcosa come accade invece nei Paesi concorrenti, Germania in testa. A questo si somma un altro disinganno sul versante dei rapporti sindacali. Al riguardo Marcegaglia e molti altri con lei si stanno probabilmente rendendo conto di essere caduti in una trappola abilmente tesa dal ministro del Lavoro che, per antichi rancori craxiani, da tempo punta a rompere il fronte sindacale isolando la Cgil. L'utile politico che il governo si ripromette da una simile operazione ha come contrappasso per gli imprenditori il costo di una più difficile gestione in fabbrica. Un'altra svolta di Marcegaglia, infatti, è stata la mano riaperta al sindacato di Guglielmo Epifani. È presto per misurare il tenore di questo passaggio dalla Confindustria di governo alla Confindustria di lotta. C'è da sperare, tuttavia, che esso non serva anche a mascherare lo sciopero degli investimenti in corso.