Dopo il vertice Nato di Lisbona non hanno più ragione le diffidenze verso la Turchia

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Il vertice della Nato tenutosi a Lisbona la settimana scorsa dovrebbe aver posto fine alla polemica sulla direzione strategica turca e su un eventuale cambiamento di posizione del Paese. A tale summit, infatti, la Turchia ha sottoscritto tutte le decisioni prese dall'Alleanza. Quasi tutte le questioni in sospeso, che prima di tale incontro preoccupavano Ankara, sono state risolte. In particolare, non si è parlato espressamente di Iran né di alcun altro Paese confinante della Turchia in termini di potenziali minacce contro le quali l'Alleanza Atlantica potrebbe dispiegare un sistema missilistico difensivo. Pertanto, la Turchia è ancorata al sistema della sicurezza Occidentale e al sistema difensivo dei Paesi democratici. I Paesi della Nato hanno adottato un nuovo "Concetto strategico per la Difesa e la Sicurezza dei membri della North Atlantic Treaty Organization". La presenza del presidente russo è stata un segnale importante di un effettivo disgelo e di nuovi rapporti Nato-Russia.

Di fatto, il Documento strategico afferma che "la cooperazione Nato-Russia è di importanza risolutiva, in quanto contribuisce a creare uno spazio comune di pace, stabilità e sicurezza. La Nato non costituisce una minaccia per la Russia. Anzi, intendiamo assistere all'instaurarsi di una vera partnership strategica tra Nato e Russia".
Con l'adozione del concetto strategico, denominato "Impegno attivo, Difesa moderna", i membri della Nato si sono impegnati a perseguire una nuova visione strategica che dovrebbe rendere la barcollante Alleanza all'altezza delle sfide del XXI secolo. In particolare, l'Alleanza si è data tre obiettivi primari: la difesa comune, la gestione delle crisi, la sicurezza cooperativa. Ha stabilito altresì di combattere non solo i pericoli convenzionali, ma anche le minacce della guerra cibernetica, tanto quanto il terrorismo transnazionale e la criminalità organizzata. Infine la Nato ha fatto proprio il sistema di difesa missilistico proposto dagli Stati Uniti. Così facendo, tuttavia, la Nato - malgrado le obiezioni della Francia, ma in conformità alle preferenze turche avallate anche da altri membri - non ha etichettato l'Iran e il Medio Oriente come un Paese e una regione dai quali potrebbe arrivare una minaccia missilistica balistica.
Dal punto di vista turco, le questioni legate alla Difesa missilistica sono state tra le più delicate, in parte perché l'approccio della Turchia e il programma nucleare di questo Paese sono molto differenti da quelli dei suoi alleati. Membro della Nato sin dal 1952, la Turchia si è sempre opposta con fermezza a ogni approccio non diplomatico proposto per risolvere il problema del programma nucleare iraniano.

Già nel giugno scorso Ankara aveva votato contro le sanzioni che dovevano essere imposte all'Iran durante il vertice del Comando spaziale dell'Onu, attirandosi la collera dell'Amministrazione americana. Tale posizione e il fatto che le autorità turche incoraggiassero a espandere gli scambi commerciali con l'Iran, di pari passo al deteriorarsi delle relazioni con Israele, avevano indotto a fare congetture sull'orientamento ideologico della politica estera turca, innescando anche la polemica del "cambiamento di asse".
Due sono le ragioni principali per le quali la Turchia ha sollevato obiezioni all'idea di dare un nome ai Paesi che rappresentano una minaccia. La prima è la presenza di un'opinione pubblica interna che si sta rivelando sempre più indulgente nei confronti del programma nucleare iraniano e sempre meno a favore della Nato. Il governo temeva di dover far fronte a un'opposizione molto determinata, proveniente soprattutto dalla propria base elettorale, nei confronti di un programma ritenuto particolarmente aggressivo contro un altro Paese musulmano. La seconda era il timore di provocare l'Iran e indurlo a raddoppiare i propri sforzi nel programma nucleare, sviluppi che la Turchia biasimerebbe profondamente. Alla fine, il governo ha affermato quale posto occupa la Turchia tra le democrazie che formano l'Alleanza. Se questo particolare aspetto rivela che i legami di Ankara con l'Occidente si sono rafforzati, è pur vero che i rapporti con l'Unione Europea vanno sempre più alla deriva.

Qualora l'Unione dovesse continuare a tergiversare e a cedere all'irragionevole cocciutaggine dei ciprioti greci o a nascondersi dietro di questi per non permettere che i negoziati vadano avanti, una crisi profonda potrebbe rivelarsi inevitabile. In tal caso la Nato sarebbe la principale ancora istituzionale della Turchia nel sistema occidentale, e Ankara tornerebbero ad avere relazioni diplomatiche privilegiate con gli Stati Uniti. Tale eventualità meriterebbe di essere ponderata a fondo in ogni suo aspetto, perfino per un'Unione Europea che non è capace di pensare in termini strategici.
traduzione di Anna Bissanti