La scarcerazione di 22 dei 23 giovani fermati durante gli scontri con la polizia il 14 dicembre a Roma ha suscitato le ire del sindaco Gianni Alemanno: "Sono costretto a protestare", ha tuonato, "a nome della città di Roma contro la decisione assunta dal Tribunale di rimettere in libertà, in attesa di giudizio, quasi tutti gli imputati. C'è una profonda sensazione di ingiustizia di fronte a queste decisioni perché i danni provocati e la gravità degli scontri richiedono ben altra fermezza della magistratura contro i presunti responsabili di questi reati". Forse Alemanno ignora che il fermo di polizia dura 48 ore e che per quei reati (lancio di oggetti e lesioni) la legge non prevede la custodia cautelare in carcere o, per la resistenza a pubblico ufficiale, richiede il rischio concreto di reiterazione. Il che non significa che gli indagati siano stati assolti: attenderanno il processo a piede libero. Dunque il Tribunale non poteva che scarcerarli.
E Alemanno ha perso l'ennesima occasione per tacere (come i politici di Pdl e Lega che l'estate scorsa insorsero contro la scarcerazione della ragazza che aveva lanciato un fumogeno contro Raffaele Bonanni alla festa del Pd a Torino). Deve trattarsi dello stesso Alemanno che negli anni Ottanta, segretario nazionale del Fronte della Gioventù, fu arrestato ben tre volte per analoghe intemperanze di piazza. La prima fu fermato il 20 novembre 1981, a Roma, con l'accusa di aver partecipato con quattro camerati al pestaggio con spranghe di ferro di uno studente di sinistra di 23 anni. Il secondo arresto risale al 1982: per il lancio di una molotov contro l'ambasciata dell'Unione Sovietica, Alemanno trascorse otto mesi al fresco a Rebibbia. Il terzo fu il 29 maggio 1989, a Nettuno: il futuro sindaco si scontrò duramente con le forze dell'ordine e finì in gattabuia con 12 camerati per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, tentato blocco di corteo ufficiale e lesioni ai danni di due poliziotti.
L'allegro squadrone era sceso in piazza per contestare il presidente Usa George Bush senior, in visita al cimitero di guerra americano: una provocazione intollerabile, per la giovane camicia nera, che organizzò subito un contro-corteo riparatore. "Per rappresentare", recitava il memorabile comunicato, "un monito per chi troppo facilmente dimentica il nostro passato e offende la memoria di migliaia di caduti che si sono battuti per la dignità della Patria, mentre altri pensavano solo a guadagnarsi i favori dei vincitori". All'epoca Alemanno era un fervente antiamericano e riteneva che la presenza di Bush offendesse la memoria dei caduti della Repubblica di Salò. Poi, per quei peccatucci di gioventù, non riportò alcuna conseguenza giudiziaria: fu sempre assolto. Non c'era ancora un sindaco Alemanno pronto a manifestare "una profonda sensazione di ingiustizia" e a chiedere "ben altra fermezza della magistratura contro i presunti responsabili". Cioè contro Alemanno.