È il suo problema principale. Oltre a quello di gestire in modo democratico la larga vittoria

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In una democrazia la clamorosa vittoria del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) alle elezioni parlamentari turche farebbe l'invidia di qualsiasi leader politico. Ancor più significativo è il fatto che l'AKP abbia ricevuto il 3 per cento di voti in più rispetto alle ultime elezioni del 2007, e abbia raggiunto un supporto popolare pari al 50 per cento per il suo terzo mandato al governo. Alle urne l'elettorato ha dunque conferito un netto mandato all'AKP perché si metta alle redini per costruire la terza repubblica, ma si è astenuto dal concedergli una maggioranza assoluta in termini di seggi per redigere da solo una nuova Costituzione. Il risultato elettorale è pertanto un chiaro voto di fiducia per il primo ministro turco, Tayyip Erdogan, populista e popolare, ma è anche un chiaro tributo all'impeccabile lavoro di una macchina di partito ben organizzata, disciplinata, molto motivata, e fortemente focalizzata sul perseguimento dei propri obiettivi.

Proprio l'assenza di un simile apparato è una delle ragioni principali per la poco soddisfacente performance del Partito repubblicano popolare (Chp), il più importante della discorde opposizione. Un'altra spiegazione va ricercata nella composizione della lista dei candidati, che è poco piaciuta all'elettorato e non ha indotto il letargico partito a fare una campagna elettorale più energica. Il Chp, guidato dal suo nuovo leader e grande lavoratore Kemal Kilicdaroglu, ha migliorato il proprio risultato elettorale, passando dal 21 al 26 per cento delle preferenze, ma ha perso importanti città della costa da tempo sue roccaforti, e ha avuto risultati deludenti in città come Istanbul, Ankara e Izmir. In realtà, su 81 province il Chp ha vinto soltanto in sette.
L'ultranazionalista Partito del movimento nazionalista (Mhp) ha ottenuto risultati migliori del previsto. Sconvolto radicalmente in piena campagna elettorale per un affaire a sfondo sessuale che ha coinvolto dieci dei suoi parlamentari - lo scandalo più indecente e più eclatante che si ricordi - all'inizio l'Mhp era stato dato per morto. Invece, proprio lo scandalo ha rivitalizzato la base del partito. Aiutato forse dalle defezioni dal Chp a causa di un'inedita apertura di quest'ultimo ai curdi che non va granché giù alla parte ovest del Paese, l'Mhp ha chiuso ampiamente sopra il 10 per cento della soglia elettorale.

In queste elezioni si segnala ancora un altro vincitore: il Partito nazionalista curdo per la pace e la democrazia (Bdp), strutturalmente collegato al Pkk che sta combattendo l'esercito turco ed è impegnato in attività terroriste dal 1984. Per la prima volta nella sua storia, il Bdp si è alleato con altri partiti curdi e della sinistra indipendente e poiché non superava la soglia elettorale ha dovuto mettere in campo candidati indipendenti. Il Bdp è balzato in testa in sette province a maggioranza curda, ha ricevuto un notevole consenso in altre città dove vivono i curdi e di conseguenza 36 candidati indipendenti sono entrati a far parte dell'Assemblea nazionale. Tenuto conto delle innumerevoli diffamazioni che hanno dovuto subire per tutto il tempo della campagna elettorale da parte del primo ministro, il loro è stato un successo apprezzabile e significativo che, tra le altre cose, ha dimostrato che la popolazione curda per risolvere il problema più improrogabile che la Turchia abbia al momento preferisce ricorrere a mezzi non violenti.

La ricerca di una soluzione concreta al problema curdo, e al fenomeno a esso collegato della guerra contro il Pkk che ha provocato la morte di circa 40 mila persone dal 1984, è la priorità assoluta di Ankara. Le posizioni del partito al governo e del Bdp risulteranno di importanza cruciale per determinare se la Turchia riuscirà a muoversi speditamente in questo campo minato. Sebbene durante la campagna elettorale il primo ministro sia stato straordinariamente duro con il Bdp, si dice che le premesse per un'intesa tra i due partiti possano essere a portata di mano.
La formula per una soluzione al problema curdo dovrà prendere le mosse dalla stesura di una nuova Costituzione, che tutti i partiti più importanti concordano essere assolutamente necessaria al Paese. Nonostante la sua vittoria a valanga, con i suoi 326 deputati l'Akp non ha ottenuto il numero minimo di seggi (330) necessari a redigere la nuova Costituzione da solo e, per quanto possibile, varare un sistema presidenziale in Turchia. Nell'attuale configurazione, per riuscirci il partito al governo dovrà negoziare, scendere a compromessi e lavorare con l'opposizione.

Infine, analizzando la vittoria dell'Akp possiamo affermare che essa è frutto della profonda trasformazione socio-economica in corso in Turchia. La coalizione egemonica che si regge sulle classi imprenditrici delle province e sui migranti che dalle campagne si trasferiscono nelle città ne esce adesso consolidata. Oltre alla questione curda, la vera sfida per il partito al governo sarà gestire questa trasformazione e il controllo pressoché monopolistico che esercita a tutti i livelli del potere, restando nell'ambito della legalità di un ordine democratico liberale.
traduzione di Anna Bissanti