Nuove tasse, era inevitabile. Assalto alle pensioni, e vabbè. Ma di tagli alla spesa pubblica (e dei costi della politica) non si parla. Meglio darsi da fare subito da soli che costretti dallo spread e dall'incubo default

Chi non taglia è perduto

Le ultime illusioni le hanno cancellate un ministro e un vice ministro del governo Monti, subito prima che lo spread ricominciasse a far ballare le Borse. Ecco il numero due dell'Economia, Vittorio Grilli, a Cernobbio: "Dal processo di spending review non dobbiamo aspettarci un taglio della spesa di decine di miliardi". Amen. Qualche giorno dopo, alla "Stampa", Piero Giarda, ministro per i rapporti con il Parlamento incaricato di radiografare la spesa pubblica, ha messo le mani avanti: "Dalla spending review non c'è da attendersi nessun tesoretto da destinare a riduzione delle tasse, ma una razionalizzazione degli apparati dello Stato per non far crescere la spesa". E per chi non avesse ancora capito l'antifona ha aggiunto: "Finora il governo non ha annunciato progetti di riduzione della spesa". Ecco, appunto.

E però, ora che il fantasma greco svolazza di nuovo sulle capitali europee, il guaio di una spesa incomprimibile dovrebbe tornare al primo posto dell'agenda economica, non solo per ragioni di equità, ma - come osserva Massimo Riva - anche per trovare risorse utili a finanziare uno straccio di crescita. Finora, però, nulla è stato fatto. Nella prime settimane di vita, è vero, Monti ha dovuto affrontare una drammatica emergenza: il baratro era lì a un passo, e bisognava trovare subito 80 miliardi. Sappiamo com'è andata: aumenti di tasse e tariffe e assalto alle pensioni (compresa la figuraccia degli esodati). In quanto alle vittime dei sacrifici, basta consultare l'ombrellometro costruito prendendo a prestito da Altan l'irridente metafora di copertina. Di tagli, e meno che mai dei costi della politica (vedrete che aumenteranno i controlli, ma non ridurranno i rimborsi), invece non si parla.

Del resto per anni così si è ragionato: bloccare, non tagliare la spesa pubblica. Che adesso tocca gli 800 miliardi, più o meno la metà della ricchezza prodotta in Italia. Ma soprattutto, il doppio di vent'anni fa. Anche il debito non si è fermato, arrivando alla cifra record di 1.830 miliardi di euro. E se non tagli, tocca inventare nuove tasse. Tanto che la pressione fiscale supera oggi il 46 per cento (contro il 38 di vent'anni fa).

Tasse molte, risparmi pochi. E invece da qualche parte bisognerebbe pur cominciare. In tempi di crisi e di recessione, non c'è famiglia che non stringa la cinghia, e non c'è impresa che non si adatti a tagliare almeno il 10-20 per cento delle spese. Inevitabile. Ebbene, ogni anno, per l'acquisto di beni e servizi - dalla benzina alla cancelleria, dalle auto blu all'acqua minerale - la pubblica amministrazione sborsa 130 miliardi di euro. Possibile che non si possa ridurre qualcosa? Per esempio sprechi e imbrogli? Dieci per cento significherebbe 13 miliardi; il venti per cento 26. Ventisei!

E la sanità? Nel 2010 il sistema sanitario nazionale è costato quasi 150 miliardi di euro dei quali, per esempio, 26 per i farmaci e 80 per forniture sanitarie. Lungi da noi l'idea di "smontare la sanità pubblica" (come teme Giarda), ma possibile che non ci sia modo di tagliare, risparmiare il 10-20 per cento? Cioè 15-30 miliardi di euro. E ancora. Dinanzi all'ennesima richiesta di abolire le Province, Antonio Saitta, combattivo presidente della Provincia di Torino, sventola l'elenco di enti, istituzioni, authority che fanno capo alla pubblica amministrazione: una decina di fogli dattiloscritti, un elenco fitto in cui non è difficile trovare sovrapposizioni, duplicazioni, orpelli. Niente da tagliare nemmeno qui?

Il premier inglese Cameron ha annunciato la riduzione della spesa pubblica dal 45,8 al 40,3 per cento entro il 2015; data entro la quale i dipendenti pubblici passeranno da 700 mila a 500 mila. Certo, l'Italia non è la Gran Bretagna, e la filosofia delle lacrime e sangue poco si attaglia al nostro costume, ma all'idea di un piano pluriennale di rientro potremmo arrivarci perfino noi. Cominciando a lavorarci subito. Magari approfittando di Mario Monti e del suo governo.
Twitter@bmanfellotto

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