Si chiamano Maras. Sono bande efferate che arrivano dal Salvador. Hanno cellule sparse un po’ ovunque. Dagli Stati Uniti a tutta l’America centrale, dalle Filippine fino all’Italia. Specie in Lombardia. Dove la polizia è già sulle loro tracce

Gangs of Milano

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"MS 13 - Quienes Somos Nosotros” è stato caricato un anno fa su YouTube da Milanosalvatrucha ed è una sorta di inno della Mara Salvatrucha 13 che sul territorio lombardo fa proselitismo. Le risposte degli utenti, per lo più sudamericani, sono indirizzi di posta elettronica attraverso cui poter essere contattati in privato e qualche giornalista che assicura massima discrezione. Ma anche “Salvador pequeño pero aplastante”, “Somos pocos pero locos”. Le visualizzazioni sono oltre 60 mila e i messaggi per lo più di apprezzamento.

LE MARAS SALVATRUCHE non nascono in Salvador, ma fuori dai confini nazionali durante la guerra civile (1979-1992), quando migliaia di ragazzini senza famiglia, con genitori ammazzati o madri che li preferivano al sicuro lontano, scapparono negli Stati Uniti. Ma negli Stati Uniti scapparono anche disertori ed ex guerriglieri che si unirono in gruppi di autodifesa per proteggersi dalle altre gang (afroamericane, asiatiche e messicane) che avevano iniziato a prendere di mira i nuovi immigrati. E questi gruppi di autodifesa diventano le nuove famiglie dei ragazzi del Salvador che si formano e crescono nelle strade californiane, bande dalla struttura e dai metodi militari. Poi le gang salvadoregne si scindono in due grandi famiglie di mareros, che si differenziano per il numero di “street” che occupano: la Mara 13, meglio conosciuta come Mara Salvatrucha, e la Mara 18, nata da una branca dissidente. Nel 1992 nel Salvador la guerra civile finisce e alcuni affiliati scelgono di tornare in patria. Per altri, invece, il rientro è deciso dal governo statunitense che si libera di chi ha scontato la pena nelle sue carceri.

Oggi le Maras hanno cellule presenti negli Stati Uniti, in Messico, in tutta l’America Centrale, nelle Filippine e, naturalmente, in Europa. Chi ritiene che sia un fenomeno che non ci riguarda non ha fatto i conti con la realtà: da oltre cinque anni la mobile di Milano è sulle tracce di una banda di latinos, la cellula italiana della Mara Salvatrucha 13. È sulle sue tracce da quando, nel 2008, un ragazzo venne colpito con un colpo d’ascia a un occhio, a far suonare l’allarme, l’efferatezza del gesto criminale. La settimana scorsa sono state emesse 25 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di giovanissimi, 7 dei quali minorenni. Il capo, Josuè Gerardo Isaac Flores Soto, ha solo 25 anni, ed è noto con il soprannome di “Kamikaze” o “Ranflero” (da “ranfla”, carro), colui che guida.Non stupisce la giovane età perché le Maras sono eserciti di bambini dediti soprattutto al commercio di cocaina e marijuana sulla strada. Non gestiscono grandi forniture, non sono ricchi ma devono sostenere le finanze della gang economicamente. Sono il cartello dello spaccio al dettaglio, coinvolto anche in altre attività come estorsioni, furti d’auto e omicidi. L’Fbi le considera le gang di strada più pericolose del mondo. All’interno delle Maras tutto è codificato. I gesti, i tatuaggi, la gerarchia. Tutto passa attraverso regole che creano identità. Il risultato è un’organizzazione compatta. Per entrarvi bisogna superare prove pesantissime. I ragazzi sono sottoposti a 13 secondi di pestaggio violento mentre tutti, galvanizzati alla vista del sangue, urlano una parola di cui i criminali continuano ad abusare: “Rispetto”. Le ragazze per poter accedere nell’organizzazione devono subire uno stupro di gruppo.

EL RANFLERO, dalle intercettazioni telefoniche, risulta avere quasi potere di vita e di morte sugli affiliati. La “luce verde” è il suo ordine di punizione. Con graffiti marcano il territorio. Le mura di cinta dei giardini pubblici o le facciate dei palazzi dove si incontrano, recano i loro simboli. Simboli che cadono sotto occhi inconsapevoli, che non vi attribuiscono alcun significato. Questo avviene in Italia, lo dice il capo della mobile di Milano Alessandro Giuliano, che per spiegare cosa fosse la MS13 ha pronunciato parole identiche a quelle che ho usato in “ZeroZeroZero”. Ne sono contento perché ciò mostra l’attenzione nuova dello Stato sulla efferatezza della gang, sui metodi di affiliazione, sull’utilizzo di simboli. Questo può significare solo una cosa, che il problema è diventato finalmente un tema sensibile per le istituzioni. Inutile, quindi, girarsi dall’altra parte e dire che non è possibile. Inutile crederla un’invenzione letteraria. Piaccia o no, è tutto maledettamente vero.

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