Tale si considera la Guida Suprema Ali Khamenei. E contro la sua volontà nulla può il presidente Rohani che ha fama di moderato

image/jpg_2210557.jpg
Se lo Scià di Persia fosse stato un buon democratico, ovvero un uomo che ama e rispetta il suo popolo, avrebbe evitato al suo Paese la drammatica esperienza della Repubblica islamica. Trentacinque anni dopo la sua caduta e l'ascesa trionfale di Khomeini, l'Iran soffre di una penosa schizofrenia. Più della metà della sua popolazione non ama il regime cui è sottoposta e ne aggira i divieti per vivere diversamente. Che vi siano o meno le elezioni, questo non fa differenza per gli iraniani scontenti. Una cappa di piombo soffoca il Paese i cui destini vengono decisi da un superuomo annidato nel suo palazzo, che si crede un piccolo dio. Lui è la "Guida Suprema". Non è stato eletto, ma designato o meglio si è autodesignato. Ali Khamenei è al di sopra della mischia. Al di sopra di tutto, inarrivabile, intoccabile.

Il presidente uscente, Mahmoud Ahmadinejad, è stato un conservatore e un dittatore all'interno ed è apparso come un agitatore e un provocatore all'esterno. Un uomo aggressivo, testardo, niente affatto diplomatico. Dopo otto anni al potere, ha lasciato l'Iran in cattive acque dal punto di vista economico (il prodotto interno lordo è calato del 3 per cento) e ne ha gravemente screditato la reputazione nel mondo. La Siria di Bashar al-Assad è l'unico alleato arabo della Repubblica islamica iraniana, che svolge un ruolo sempre più preponderante nella guerra civile in corso. Il Marocco ha rotto da qualche anno i suoi rapporti diplomatici con Teheran. Gli altri Stati arabi sono molto diffidenti verso l'Iran e hanno preso tutti le distanze nei suoi confronti. I paesi del Golfo sanno che è un nemico temibile, sempre pronto a contendere all'Arabia Saudita il controllo e la protezione dei luoghi santi dell'Islam.

Oggi, tutto è nelle mani della Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei (74 anni), classificato dalla rivista "Forbes" come il ventunesimo personaggio più potente del mondo. Lui però si tiene in disparte dalla vita politica, non interviene mai direttamente, non rilascia mai interviste e si ammanta dell'alone di "supremazia", quasi sacra, di cui si è circonfuso. A lui spetta l'ultima parola. Si racconta che un giorno alla domanda «Chi comanda in Iran?», abbia risposto: «Dio». Indubbiamente, la volontà divina svolge una funzione nell'esercizio di un potere assoluto e indiviso. E lui si ritiene ovviamente il rappresentante di Dio sulla terra.

L'islam sunnita (condiviso dal 90 per cento dei musulmani nel mondo) non riconosce una gerarchia: né un clero, né un papa. Gli sciiti invece hanno instaurato un ordine gerarchico in attesa dell'avvento del Mahdi, il dodicesimo ed ultimo Imam, discendente da Alì, il genero del profeta Maometto, che sarebbe scomparso nell'874 all'età di cinque anni. Questo "imam nascosto, padrone del tempo" dovrebbe riapparire e salvare il mondo. Nel frattempo, la religione è organizzata in modo gerarchico e serve da base ideologica per l'esercizio del potere. In nome dell'Islam, le libertà individuali sono state confiscate. Da qui trae origine lo choc prodotto nel 1979 dall'ayatollah Khomeini quando dichiarò che «l'islam è politico o non è». Questa rivoluzione ha avuto conseguenze catastrofiche sulla maggior parte dei Paesi arabi. L'islam politico si è propagato nel mondo e ha offerto a popoli delusi dai partiti tradizionali la speranza di un rinnovamento in cui la dimensione temporale e quella spirituale convergono, facendosi beffe delle libertà e impedendo l'emergere dell'individuo.

È in questo Iran afflitto da una grave crisi economica dovuta in parte alle sanzioni imposte dall'Occidente che si sono appena svolte le elezioni presidenziali. Israele e l'Occidente accusano l'Iran di far di tutto per procurarsi armi atomiche all'ombra di un programma di sviluppo dell'energia nucleare a scopi civili. Israele ha più volte annunciato di voler bombardare Teheran. Fortunatamente non l'ha fatto, ma solo perché l'Iran è una grande potenza bellica che avrebbe reagito. I militari americani hanno studiato attentamente i rischi e hanno dissuaso il premier israeliano Benjamin Netanyauh dal lanciare un attacco. Nel maggio scorso Israele ha bombardato la Siria, nel momento in cui venivano fornite armi iraniane alle milizie Hezbollah libanesi che si erano appena schierate con Bashar al-Assad assicurandogli vittorie importanti sul terreno.

Il nuovo presidente iraniano, Hassan Rohani, gode fama di "moderato". Indubbiamente è un uomo sincero e cercherà di rimediare ai guasti prodotti da Ahmadinejad. Ma cosa potrà fare se ogni sua iniziativa sarà controllata da Ali Khamenei che ha il diritto di veto su ogni decisione? Qualsiasi cambiamento dipende dall'uomo forte, che non ha bisogno del suffragio universale e si considera cone un piccolo dio.