Marco Travaglio

È falso pure ?il falso in bilancio

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Il governo annuncia di aver ripristinato il reato cancellato dal governo Berlusconi. In realtà il testo della nuova legge è identico a prima. ?E continua a garantire l’impunità a chi trucca i conti ed evade il fisco

Il falso in bilancio torna reato», annunciò giulivo Matteo Renzi il 29 agosto, accanto al ministro della Giustizia Andrea Orlando, al termine del Consiglio dei ministri dedicato alla rivoluzionaria riforma della Giustizia. Portate pazienza e leggete qua: «La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se la falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1%». È l’art.1 del decreto legislativo 61/2002 del governo Berlusconi.

Ora sentite questa: «Il fatto non è punibile se le falsità o le omissioni non hanno determinato una alterazione sensibile della rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1%». Qualcuno dirà: è lo stesso testo di prima, con un paio di paroline cambiate. Risposta sbagliata:è il comma 3 dell’emendamento presentato dal governo il 7 gennaio al ddl anticorruzione che la Camera discute da 680 giorni.Lo presentò Piero Grasso al suo primo giorno in Senato, il 15 marzo 2013, prim’ancora di diventarne presidente, e da allora emendato, manipolato, stravolto fino a diventare irriconoscibile. Su un punto però Pd e governo Renzi, incalzati da Sel e M5S, avevano tenuto duro dinanzi alle pressioni di FI e Ncd: la cancellazione della legge Berlusconi sul falso in bilancio che - pur mantenendo formalmente, almeno in parte, il reato - lo rese praticamente impunibile con tre trucchi: pene abbassate (intercettazioni e manette impossibili e prescrizione dimezzata); perseguibilità a querela di parte (dell’azionista o del creditore) per le società non quotate (quasi tutte); e soglie di non punibilità talmente alte da farvi rientrare quasi tutti i falsi. Così, per 13 anni, non s’è più visto un processo e quelli aperti sono finiti in fumo (fra cui i cinque a carico di Berlusconi).

Ora che fa il governo Renzi, dopo aver annunciato la rottamazione di quella vergogna? Alza un po’ le pene, ma mantiene in vita gli altri due trucchi, così sotto processo continuerà a non finirci nessuno. Il delitto, escluse le poche società quotate, resta perseguibile solo se il socio o il creditore sporge querela. Il che, come disse nel 2002 il giudice Davigo, «equivale a prevedere che il furto è perseguibile solo su querela del ladro». Il socio di maggioranza di solito è il mandante del falso, dunque è improbabile che si denunci da solo, mentre gli altri sono all’oscuro di tutto; e il creditore come fa a sapere che il bilancio è falso? Anche le soglie di impunità sopravvivono, vedi il succitato comma 3 dell’emendamento governativo: più guadagni,più puoi taroccare. Come per il megacondono fiscale regalato a Natale da Renzi a chi evade o froda sotto il 3% dell’imponibile.

Solo che stavolta non c’è bisogno di cercare la “manina”: il ministro Orlando s’è assunto con un certo orgoglio la paternità del capolavoro, peraltro copiato paro paro dalla legge Berlusconi che quella nuova doveva cancellare (altrimenti perchè farla?). E nessuno, a parte i soliti Casson, Civati e 5Stelle, ha alzato un sopracciglio. Si spera almeno che il governo ci risparmi la scusa usata per le soglie fiscali: quella di sanare i piccoli errori in buona fede. Il 5% del risultato d’esercizio per i grandi gruppi corrisponde a decine di milioni. E ancora di più l’1% del patrimonio netto, che assomma beni immobili e immateriali, utili, partecipazioni, ammortamenti, magazzini. Cifre da capogiro. Un anno fa, uscendo dal Nazareno dopo il patto col Caimano, Renzi annunciò «profonda sintonia», ma solo sulla legge elettorale e sul nuovo Senato. Pare impossibile, ma c’è ancora qualcuno che se la beve.