La bustina di Minerva
La cattiva pittura di Hayez
Si è aperta a Milano una mostra dedicata all’artista romantico. Che non consiglierei come modello estetico alle scolaresche. Ecco perché
Si è aperta a Milano una mostra dedicata a Francesco Hayez, e in linea di principio non c’è da lamentarsene perché, in questo clima di rinascita della cultura milanese, anche la rivisitazione di questo rappresentante del romanticismo lombardo (anche se nato a Venezia) qualche senso ce l’ha. Certamente “Il bacio”, al di là della sua popolarizzazione dovuta alle scatole di cioccolatini, è forse una delle occasioni per cui i turisti andranno poi alla pinacoteca di Brera e così forse avranno occasione di scoprirvi Piero della Francesca o Mantegna. Tuttavia ritengo che, siccome le ricostruzioni storiche di Hayez hanno molto delle fantasie pseudo medievali di tanti film e telefilm, i visitatori si troveranno quasi a casa propria, come se Hayez illustrasse qualcosa che avevano già letto.
Il pericolo è che, grazie alla immediata fascinazione che queste ricostruzioni storiche possono avere, le molte scolaresche che fatalmente saranno portate a visitare la mostra, crederanno che Hayez fosse un bravo pittore mentre è l’esempio di quello che la pittura non è. Queste cose le avevo già scritte nel 1984, e proprio qui sull’“Espresso”, in occasione di un’altra mostra dedicata ad Hayez, ma mi pare non avessero sconvolto il mondo della critica d’arte, per cui mi permetto di tornare su quelle mie idee.
Ho capito come la pittura di Hayez fosse una cattiva pittura sulla base della mia esperienza di modesto dilettante di vignette (di solito prodotte mentre ascolto interventi altrui a un dibattito). Faccio una figura (di solito un dinosauro, o un monaco), poi mi vergogno di essere così monodimensionale e disegno altri due monaci (o altri due dinosauri), in secondo piano. Siccome sono stato informato che esiste la prospettiva, faccio i due monaci o i due dinosauri di sfondo più piccoli. Ma, mentre tento di annerire la prima figura, rischio di confonderla con quelle in secondo piano. E allora, per far capire agli altri e a me stesso che quelle tre figure sono su piani diversi, insisto sul contorno, ricalco le linee che dividono la prima figura dalle altre due. Cioè, invece di lasciare che i corpi “appaiano” nello spazio, nascano dallo spazio, si definiscano in quello spazio per contrasti di luce e di colori, le costringo nell’armatura di un contorno. È quello che fanno molti illustratori, o vignettisti, che non intendono essere Raffaello.
Ora, se osservate bene Hayez, vedrete che una sua gamba, per fare un esempio, è una gamba e, per rendere questo mirabile evento evidente, Hayez la contorna, non con una linea nera (perché non era certo un maldestro artigiano), ma la separa in qualche modo da ciò che non è gamba, dal resto dell’universo, e in qualche modo ripassa le linee della gamba, perché i tratti di luce e di colore non gli bastano. Quindi Hayez disegna e illustra, ma non dipinge. Nella pittura i corpi nascono da uno spazio e non è che siano sovrapposti a uno spazio.
Come mai l'Ottocento aveva idealizzato Hayez? Forse non tanto perché era anche buon ritrattista, ma perché la sua pittura “illustrava” una cultura del melodramma. La pittura di Hayez piaceva perché era commento alla letteratura e al teatro. Alla fine degli anni Settanta Aurelio Minonne aveva pubblicato una tesi sul “prontuario delle pose sceniche” di Alemanno Morelli, il quale esaminava tutto il vocabolario di pose e gesti canonici prescritti dal teatro melodrammatico. E Minonne dimostrava che le istruzioni per la scena erano le stesse realizzate da Hayez e altri pittori ottocenteschi. Segno che committenti e visitatori volevano che Hayez illustrasse il teatro che ben conoscevano, senza chiedersi se nel farlo il pittore facesse davvero pittura o non si comportasse piuttosto come gli illustratori di un libro di avventure a cui si chiedeva di ricordare e accompagnare quello che si era letto o si stava leggendo.
Forse si potrebbe dire che Hayez, senza saperlo, era post-moderno, e cioè vivesse di citazioni extrapittoriche. In questo senso andarlo a rivedere può forse riservare qualche piacere raffinato. Ma non lo consiglierei come modello estetico alle scolaresche.