Dalla fine dell’ultima guerra ciò che avviene negli Stati Uniti segna la direzione che assumerà nel futuro l’intero Occidente. La campagna elettorale e il suo risultato ne segnano la profonda divisione e la ancora più profonda crisi di egemonia. Un’America in grado di svolgere la funzione di guida politica che la storia le ha assegnato dopo la vittoria del 1945, e ancora ribadito dopo il crollo del Titano rivale alla fine degli anni Ottanta, mai si sarebbe ridotta a decidere tra i Trump e le Clinton, mai avrebbe scelto candidature di tale livello, mai avrebbe assistito al crollo delle leadership dei suoi grandi, storici partiti.
La “qualità” dei programmi e dello scontro tra il “populista” e la rappresentante dell’establishment è il prodotto, temo non ultimo, del modo sciagurato in cui i gruppi dirigenti dell’Occidente hanno affrontato i problemi geopolitici che scaturivano dalla catastrofe di tutti gli equilibri del secondo dopoguerra, dalla impetuosa crescita cinese al riassetto del potere imperiale russo intorno a Putin, dalle radicali trasformazioni delle società islamiche all’incapacità europea di affrontarle costruendo, insieme, una propria unità politica. Brexit e vittoria di Trump sono due facce dello stesso problema: secessione , totale secessione della maggioranza del “popolo” dai suoi rappresentanti “istituzionali”.
Tutto questo varrebbe nella stessa misura anche se avesse vinto la signora Hillary. E ancor più varrebbe a spiegare ciò che sta accadendo: quella vertiginosa crescita delle disuguaglianze, a livello globale come nelle metropoli dell’Occidente, alla quale hanno benevolmente assistito, senza riuscire a contrastarla, destre, sinistre e centro-sinistre eredi delle “scuole” del millennio passato.
Al neoliberismo scatenato dei neo-con intorno ai Bush, al loro vetero-materialismo anti-comunista, ha fatto eco la nostalgia per forme di welfare universalistico ormai insostenibili e una predicazione di “valori” alla quale non corrispondeva alcuna strategia concreta. Gli uni e gli altri ossessionati semplicemente dalla crescita del famoso Pil, a prescindere dal modo in cui ottenerlo e dalle realtà sociali e umane che stanno dietro ai suoi numeri. Come quei tali che si annegano attraversando il fiumiciattolo con profondità media di dieci centimetri! Conta il lavoro “creativo”, non è vero? Contano rivoluzione tecnologica e innovazione, sgomberare il terreno da impedimenti e ostacoli che la frenino o ritardino. Insofferenza ovunque per controlli e lungaggini delle pratiche “discutidore” della democrazia. Competenze o pseudo-competenze al comando, meglio quando queste coincidono con i cerchi magici della propria tribù. Ma gli esclusi o i precari crescono, continuano a crescere, e per il momento possono ancora votare.
Le ragioni della vittoria di Trump sono più semplici ed evidenti del sole a mezzogiorno, e quelle ragioni, lo ripeto, resterebbero tali e quali, come macigni sulla strada delle democrazie occidentali, anche se la Clinton, grazie alla rete dei suoi appoggi mediatici e economici avesse vinto.
Da trent’anni assistiamo a un indebolimento economico e di ruolo sociale del ceto medio (e non esiste stabilità democratica se la tendenza non è esattamente l’opposta), a una precarizzazione di tutto il lavoro dipendente con la conseguente disgregazione dei suoi sindacati (favorita in ogni modo anche da leader democratici e socialdemocratici! Come è vero che il Signore acceca coloro che vuol perdere!). Chi si trova senza lavoro intorno ai 50 anni o anche prima non può “riciclarsi”( come elegantemente ci si esprime - l’equivalente di chi chiama “ditta” il proprio partito), non ha futuro, vive la tremenda esperienza di non comprendere il linguaggio del tempo in cui gli tocca di vivere. La classe operaia, che ancora esiste, e non sono quattro gatti, soffre di una totale perdita di peso e ruolo politico, pur avvertendo ancora, se non altro per la fatica,anche psicologica, di un lavoro “a disposizione” di chi te lo “offre”, l’importanza del proprio ruolo economico. Lo “sviluppo” degli ultimi trent’anni ha dimenticato tutti costoro. E cioè ben più della metà dei popoli dell’Occidente. Chi ha diretto questo sviluppo, destra o sinistra che sia, o si “ravvede” o diventerà il loro nemico.
Le elezioni americane ci dicono con chiarezza che le democrazie occidentali sono giunte all’orlo di una crisi d’epoca. In America esistono ancora poderosi anticorpi. Ma che volti avranno i Trump d’Europa? dove l’appello al Muro sta avendo ed è destinato ad avere nelle prossime “campagne” ben altro peso che negli States, dove le classi dirigenti stanno bancarottando in Medio Oriente e sul problema dell’immigrazione. Ci sarà una reazione da parte delle forze che hanno fin qui diretto la politica europea, capiranno i loro errori? O saranno spazzati via dal “movimento” e non ci resterà che sperare nei Beppe Grillo?