Nel capoluogo lombardo i crimini diminuiscono. In quello campano crescono. Ma le risposte del governo dipendono dalle strategie elettorali
Non sono d’accordo con chi pensa che basti parlare di un problema per averlo già per metà risolto. Soprattutto quando ci sono fenomeni che possono essere letti in maniera radicalmente diversa e per i quali le soluzioni proposte possono essere inutili, controproducenti o, peggio, utili solo a cercare consenso in campagna elettorale. Quindi se esiste solo ciò di cui si parla, è vero anche e soprattutto che esiste esclusivamente nel modo in cui se ne parla. Allora se a Milano in una settimana muore un dominicano e dei ragazzi filippini si accoltellano qual è il messaggio che la politica, in maniera opportunistica, vorrà far passare? Eccolo: Milano è pericolosa e quindi noi ci attrezzeremo perché vi siano più militari in strada che vi faranno sentire al sicuro. E ancora, a sparare, ad accoltellarsi, a rendere Milano pericolosa sono gli stranieri, quindi è necessario dire basta in un territorio che sta scontando l’accoglienza con la violenza.
Ecco ribaltato tutto, ecco bloccata sin dall’inizio qualsiasi possibilità di ragionamento, di comprensione e di reale soluzione del problema. E quindi ecco di nuovo la linea politica di un governo che al suo interno ha tutto e il suo contrario: rassicurare l’uomo bianco spaventato in una fase in cui racimolare consenso e voti in vista del referendum è fondamentale. E Milano, città in cui i reati sono in diminuzione, ecco diventata all’improvviso una città che necessita di interventi immediati, che necessita della presenza massiccia dell’esercito. Naturalmente il disagio giovanile o gli affari delle gang sudamericane a Milano, con la presenza di camionette dell’esercito disseminate random, non troveranno soluzione. Per il disagio giovanile il lavoro da fare è di gran lunga più impegnativo, per il contrasto alle gang sudamericane, un lavoro di intelligence sarebbe sicuramente più efficace.
Eppure, complice l’informazione che gioca sulla velocità più che sull’approfondimento - la notizia della maxi rissa in piazza Città di Lombardia è stata a lungo prima notizia sui siti dei maggiori quotidiani nazionali - il sindaco Sala si è visto costretto a chiedere l’intervento dell’esercito. A lui alcuni insegnanti volontari della scuola di italiano per stranieri della Villa Pallavicini, che si trova in fondo a via Padova, in una delle zone più problematiche della città, hanno indirizzato una lettera su Repubblica: «Da anni il nostro impegno nei confronti degli immigrati si nutre della convinzione che il nostro lavoro debba basarsi su due semplici parole: accoglienza e scambio». Chiedere l’intervento dell’esercito è «una risposta che riprende la solita logica dell’emergenza. Eppure Milano, secondo le statistiche, è una delle città più sicure d’Europa, dove criminalità e tasso di omicidi negli ultimi anni sono decisamente scesi. Non sono scesi degrado e abbandono che affliggono le nostre periferie, e degrado e abbandono non si battono con le camionette dell’esercito».
Spostiamoci a Napoli,dove secondo le statistiche la criminalità e il tasso di omicidi non sono affatto diminuiti, dove i ragazzi delle paranze annunciano le prossime “stese” perché si raccolga pubblico che possa riprendere e postare i video sui social, perché sia chiaro chi comanda, chi fa più paura, chi bisogna temere e rispettare.
Spostiamoci a Napoli, dove nel Quartiere Sanità, a un anno dalla morte di Gennaro Cesarano non sono state ancora installate le telecamere di videosorveglianza promesse dal governatore della Campania Vincenzo De Luca con la sua solita enfasi. Spostiamoci a Napoli, dove “stese”, omicidi, agguati non fanno più notizia, come i bombardamenti in Siria. Sapete quali sono le regole ciniche dell’informazione? Una catastrofe naturale dura due giorni, un attentato ne dura tre, a volte una settimana. Quello che nessuno vi dice è che ci sono attentati che non durano nemmeno un secondo, che ci sono sparatorie, accoltellamenti, omicidi di cui non vuole parlare nessuno.
E allora mi sono chiesto perché a Milano il ministro Alfano manda l’esercito per due episodi di violenza e la cronaca napoletana passa sotto silenzio. Mi sono dato una risposta e me la sono data proprio partendo dall’appuntamento elettorale imminente (del resto c’è sempre un appuntamento elettorale alle porte): Napoli preferisce morire di criminalità organizzata pur di non essere rappresentata come una città violenta. Questo la politica lo sa, lo ha compreso. La lascia fare. La lascia stare. Non si sa mai che si possa racimolare qualche voto in più.