I pochi condannati per gli eccidi liberi e impuniti a casa loro. Mentre Berlino ci chiede di estradare un romano che ha schiaffeggiato un taxista...
Che nascondeva l’armadio della vergogna? E chi? Ce lo racconta Pier Vittorio Buffa: 695 fascicoli illegittimamente secretati, con i nomi di chi si rese artefice delle stragi naziste fra il 1943 e il 1945, dove in Italia furono uccisi 15 mila civili. Ma c’è anche un altro armadio, o meglio un ripostiglio dell’infamia; e quel ripostiglio rimane ancora chiuso a chiave. Perché le chiavi le ha in tasca la Germania, e a quanto pare non ha alcuna intenzione di tirarle fuori.
Quest’altro pezzo della storia comincia dove finisce la prima. Nel 1994 a Palazzo Cesi qualcuno scopre casualmente i fascicoli segreti; nel 1996 viene istituita una commissione d’inchiesta all’interno della magistratura militare; nel 2003 vara un’inchiesta pure il Parlamento. Da qui l’impulso ai nostri tribunali militari, che negli anni successivi celebrano decine di processi, per lo più su iniziativa del procuratore Marco De Paolis. Risultato: 57 condanne all’ergastolo, mai nessuna eseguita né dalla Germania né dall’Austria. Così come non è stata mai concessa l’estradizione di questi condannati, che sono molto anziani, ma restano pur sempre criminali.
Anzi: nel marzo 2015 uno di loro - Wilhelm Kusterer - ha ricevuto perfino una medaglia d’onore dal suo sindaco, nel comune di Engelsbrand (anche se il sindaco si è poi scusato sostenendo di non conoscere il suo passato). Per la cronaca, questo cittadino modello (94 anni portati con disinvoltura) nel 1944 era un sergente delle SS, e con quella divisa partecipò alle stragi in Toscana (circa 350 vittime), nonché all’eccidio di Marzabotto (oltre 800 vittime). Sicché in Italia ha ricevuto due ergastoli, confermati pure in Cassazione: il primo nel 2008, il secondo l’anno dopo. Alla doppia condanna ha fatto seguito un doppio mandato d’arresto europeo, che però la Germania si è rifiutata d’eseguire. Allora il nostro Paese ha chiesto perlomeno l’esecuzione della pena nelle carceri tedesche, che magari saranno un po’ più confortevoli rispetto a quelle italiane. Risposta: picche.
Ecco, è qui che la loro resistenza diventa un’insolenza. Tanto più se la commisuriamo alla vicenda che ha travolto un ristoratore romano, sposato e padre d’una bimba. La sua colpa: il reato di schiaffo. Nel senso che durante l’Oktoberfest di Monaco, nel 2014, lui era entrato in lite con un tassista tedesco, e l’aveva schiaffeggiato. Una notte in camera di sicurezza, una cauzione, poi il rientro a casa, senza più pensare all’episodio. Invece il mese scorso l’Interpol ci ha recapitato un ordine di cattura, emesso dal tribunale di Monaco per lesioni personali; di conseguenza la polizia italiana l’ha arrestato, in attesa che i giudici decidano sulla richiesta di estradizione presentata dalla Germania. Diranno di sì? Visti i precedenti, sarebbe un bel ceffone alla nostra dignità, o a quel che ne rimane.
Ma la sberla più violenta ce l’ha mollata, nel febbraio 2015, un tribunale bavarese (Kempten). I giudici italiani avevano decretato l’ergastolo per Johann Robert Riss, fra i responsabili della strage del Padule di Fucecchio, dove morirono 174 civili, fra i quali c’erano bambini con meno di due anni. E i giudici tedeschi? Hanno negato l’esecuzione della nostra sentenza «perché non soddisfa i requisiti minimi di uno Stato di diritto». Diciamolo: è un oltraggio. Ed è pure una sciocchezza, dato che in Italia di diritto ne abbiamo in circolo anche troppo, dato che il diritto di difesa è supergarantito, dato che a forza d’appelli e contrappelli negli ultimi dieci anni la prescrizione ha fatto svaporare oltre un milione e mezzo di processi. In Germania non succede; ma se è per questo, laggiù la polizia può interrogare l’imputato senza la presenza del suo difensore, mentre in Italia l’interrogatorio sarebbe radicalmente nullo.
Morale della favola: ai nostri amici tedeschi dovremmo dirne quattro. Magari stiamo zitti in nome della ragion di Stato, cioè per la stessa ignobile ragione che ci indusse ad occultare nomi e prove delle stragi naziste. Ma è una ragione irragionevole, che in ultimo certifica la massima di Anatole France: «Lo Stato è come il corpo umano. Non tutte le sue funzioni sono nobili».