La disaffezione verso le elezioni è in crescita Dopo l’esempio renziano chiunque potrà reclamare di dare voce a chi non va a votare
Le lotte per la conquista del diritto di voto per tutti, uomini e donne di ogni ceto e fede, ha reso la partecipazione elettorale un valore universalmente rispettato. Il voto esprime, al massimo grado, la cittadinanza politica, l’esser parte di una comunità dove tutti hanno lo stesso, identico, potere di decidere. Mettere in discussione questa potestà implica sminuire la dimensione della cittadinanza; significa introdurre l’idea che il voto sia una opzione di scarso rilievo. Per questo, chi governa un paese dovrebbe astenersi dal suggerire la strada dell’astensione.
Diverso il discorso per chi non ha responsabilità governative. Gli oppositori hanno tutto il diritto di adottare anche l’arma del rifiuto a partecipare alle elezioni. Nei regimi autoritari o di “democrazia illiberale” è stata praticata spesso questa forma di contrasto proprio per dimostrare l’uso strumentale della chiamata alle urne da parte del potere politico. Anche in democrazia, in alcuni casi limite, come nei referendum gollisti degli anni Sessanta, oppositori irriducibili del generale De Gaulle come François Mitterrand invocarono l’astensione contro quei “plebisciti”. Non si è mai dato, invece, che fossero i governanti a promuovere il non-voto.
E invece, ecco la novità, in occasione del referendum del 17 aprile scorso il presidente del consiglio ha invitato i cittadini a disertare le urne, pur sostenendo implicitamente il No all’abrogazione. Non solo: ha irriso il referendum, definito “una bufala” (una espressione non proprio da statista) e, con argomentazione squisitamente qualunquista, ha sottolineato il costo della consultazione referendaria (senza spiegare perché non sia stata accorpata alle prossime elezioni amministrative).
Al di là di tutto ciò, Matteo Renzi rischia di diventare un apprendista stregone perché ha messo in moto un meccanismo incontrollabile. È un gioco molto pericoloso il suo: da un lato, accreditandosi interprete della maggioranza silenziosa dei non votanti, ha aperto la strada a chiunque voglia, in altre occasioni, mettere il cappello sull’insieme degli astenuti; dall’altro, ha implicitamente screditato ogni governo che non raccolga il 50% più uno dei votanti.
Il non-voto è destinato ad aumentare nelle prossime consultazioni elettorali perché la tendenza delle democrazie mature è questa, e l’Italia ha ancora margini di discesa fisiologica della partecipazione. Alle amministrative di giugno se ne avrà probabilmente una conferma. Anche in regioni tradizionalmente propense a recarsi in massa alle urne la disaffezione cresce verticalmente. Il caso delle regionali dell’Emilia Romagna nel novembre 2014, dove votò il 37,7%, è irripetibile per le condizioni particolari nelle quali si arrivò alle urne; ma il trend è inclinato verso una partecipazione sempre più bassa.
Vi sarà quindi un numero sempre maggiore di persone senza rappresentati partitici. Sulla scorta dell’esempio renziano potrà sorgere qualche outsider a farsi interprete di coloro che non hanno voce, degli esclusi dal gioco, degli “uomini qualunque” tiranneggiati dal sistema dei partiti. Per fortuna Beppe Grillo ha già fatto il gran passo ed è entrato anche lui nell’arena partitica. E grazie alla sua presenza i disaffezionati dalla politica hanno trovato nel M5S un’ultima spiaggia: infatti, nel 2013, i 5Stelle hanno raccolto una gran quantità di cittadini che in precedenza non avevano votato. Vista questa loro attrattività sugli astenuti passati e potenziali, i grillini potrebbero, pur con qualche azzardo logico, vantare la rappresentanza dei non-votanti.
Oltre a queste acrobazie verbali c’è un pericolo ben più grave per la democrazia: che il prossimo governo sia delegittimato per non avere ottenuto il consenso della maggioranza degli elettori. Certo, le norme sono diverse e il voto per le assemblee rappresentative non tiene conto del numero dei votanti. Ma con quali argomenti si risponderà ai populisti di turno che chiederanno conto dell’astensione?