Galeotte furono le banche, visto che proprio lì, a cavallo tra il default di Banca Etruria e le improvvide lungaggini nei tentativi di salvataggio di Mps, sono cominciati i guai di Matteo Renzi e del suo Pd. Galeotte lo sono tuttora, almeno a giudicare da quanto sta succedendo nell’aula di Palazzo San Macuto dove, sepolta da una valanga di carte, siede ?la commissione bicamerale d’inchiesta sui crac del credito. E ancora galeotte saranno le banche per tutta la campagna elettorale, e pure dopo, c’è da giurarci, in un tourbillon di veleni, rivelazioni vere o presunte, vendette.

Il fatto è che la Commissione presieduta da Casini, richiesta dal Pd, si sta dimostrando la continuazione della guerra alla Banca d’Italia con altri mezzi. Ma può diventare qualsiasi altra cosa e tracimare nel campo della sola politica perché una volta messa in moto la macchina è impossibile fermarla, ma anche solo guidarla in questa o quella direzione: persa la battaglia sulla nomina di Ignazio Visco, sulla quale Mattarella e Gentiloni hanno tenuto fermo nel tentativo di salvaguardare almeno nelle forme l’autonomia della Banca d’Italia, il Pd ha trasferito qui armi e munizioni. E tutto può succedere.

Sono bastate poche audizioni per rivelare i limiti di via Nazionale e della Consob, e del resto nessuno li ha ?mai negati, ma proprio ciò che sta emergendo dimostra che sarebbe troppo facile e dannoso scaricare ogni responsabilità su questa o quella istituzione o su un uomo solo. Potrebbe essere l’occasione giusta per riflettere su cosa non va nell’intero sistema, specie nella distribuzione dei poteri tra authority e politica, e cercare di porvi rimedio, ma le premesse sembrano tutt’altre: desolante è stato lo scambio di accuse in Commissione tra il capo della vigilanza di Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, e il direttore generale di Consob, Angelo Apponi, emblematico ?di un certo modo di procedere e del corto circuito che ne può nascere.

Dice dunque Barbagallo di aver scovato incongruenze relative al prezzo delle azioni di Veneto Banca e Popolare di Vicenza sin dal 2001 e poi di nuovo nel 2008; ma Apponi replica che Consob, cui spetta il compito di garantire chiarezza e trasparenza nell’offerta ?ai risparmiatori di prodotti finanziari, ?non riceve i rapporti della Vigilanza, insomma non conosce l’esito delle ispezioni. Possibile? Così Consob avrebbe scoperto la verità solo nel 2015 quando sono stati i suoi funzionari a scartabellare negli uffici di Vicenza e Montebelluna. Un buco di quindici anni durante i quali nessuno si è più mosso. Già, ma chi avrebbe dovuto farlo? E certo non finisce qui: qualcuno ha già proposto di convocare gli ex amministratori responsabili del crac delle banche venete, ma Casini frena nel timore che ?la sua Bicamerale diventi l’Hyde Park corner dei manager sotto inchiesta. Sarebbe altra benzina sul fuoco.

In altre parole, Renzi e il Pd stanno cercando di volgere a proprio vantaggio la storia amara delle banche salvate ?a spese dello Stato e a danno di molti risparmiatori traditi. Obiettivo, sviare l’attenzione dagli errori della politica (per tre anni tutto andava bene mentre ci si accodava in silenzio alle nuove norme europee sulle banche in crisi) scaricando ogni responsabilità su chi esercita ?le funzioni di controllo e vigilanza; strumento, ieri la mozione parlamentare su Visco, oggi la commissione d’inchiesta. Tutto esplicitamente dichiarato da Renzi: «Se vogliamo che qualcosa cambi davvero, le alte burocrazie devono assumersi le proprie responsabilità e smettere di buttare ?la croce addosso ai politici». Chiaro.

Ma è davvero difficile che il piano si realizzi proprio come è stato studiato. Per ora si parla solo di Veneto banca ?e di Popolare di Vicenza, ma presto toccherà a Banca Etruria, di cui era vicepresidente il papà di Maria Elena Boschi, petalo essenziale del giglio magico renziano, e poi al Monte dei Paschi di Siena, per decenni roccaforte inespugnabile della sinistra toscana. Qualcuno vorrà vedere sfilare Boschi padre e figlia, e qualcun altro, quando si parlerà dei derivati sottoscritti da Mps per nascondere ingenti perdite di bilancio, ?si chiederà se Mario Draghi, all’epoca governatore della Banca d’Italia, ?ne fosse informato e ne avesse concesso l’autorizzazione. Avvisati quanti sognano un Draghi in politica…

Ma ormai i tempi stringono, lo scioglimento delle Camere è vicino ?e con esso anche lo stop ai lavori della commissione: lo hanno lasciato intendere sia Piero Grasso che Laura Boldrini rifacendosi a una prassi consolidata. Questo però non significa che di banche non si continui a parlare, anzi, l’argomento ci accompagnerà di sicuro fino al voto: tutti a difesa dei risparmiatori, chi processando il Pd, chi i controllori. E si continuerà ?anche dopo, con un’incognita importante. Insediate le Camere, si sceglieranno ?i nuovi membri della commissione, ma ?se il Parlamento dovesse essere simile ?a quello appena eletto in Sicilia, ?la maggioranza della commissione d’inchiesta potrebbe essere grillina e di destra. Non del Pd che l’aveva voluta...

Twitter @bmanfellotto

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