Grazie a Kim la bomba è tornata di moda. Tra le varie versioni, coreana, americana  o Isis, c’è anche quella oggetto di design

Grazie al ducetto coreano Kim e al ducione americano Trump, torna di moda la bomba. Come oggetto e come concetto. Il suppostone, l’obelisco volante, il cannolone farcito di tritolo, il supercazzo alla cui ombra il mondo trema e soggiace, atterrito dalle enormi dimensioni. Affari d’oro per i venditori on line di pomate miracolose che allungano l’ogiva fino a cinque centimetri al giorno: la Corea del Nord ne ha ordinati migliaia di tubetti, ignorando una severa mozione di censura delle Nazioni Unite.

Kim Un trauma infantile è alle radici del suo difficile stato psicologico: il padre voleva a tutti i costi una femmina e lo ha chiamato Kim in onore di Kim Basinger. Lui ha capito da subito che non sarebbe mai stato all’altezza delle aspettative paterne, è ingrassato moltissimo e ha cominciato a sognare la guerra atomica. È peggiorato molto dopo avere incontrato Salvini e Razzi, che aveva invitato a Pyongyang solo perché il cognome del secondo lo aveva molto suggestionato. È diventato così grasso che il suo stato maggiore ritiene che sarebbe devastante sganciarlo su New York, ma non osa dirglielo. L’atomica coreana è di un solo megatone (più o meno la potenza del petardo “Maradona” fatto esplodere ogni Capodanno nei Quartieri Spagnoli, che dopo la deflagrazione appaiono molto migliorati) e per lanciarla sono disponibili solo enormi fionde a elastico, ancora poco affidabili.

Il Moab Solo gli esperti militari sapevano che gli americani, saldando tra loro ben venticinque scaldabagni usati e imbottendoli di esplosivo, avevano creato il Moab, la superbomba convenzionale. Ora anche il mondo può valutarne gli spaventosi effetti: una trentina di morti, quanti ne fa in media un esodo pasquale, però spendendo sedici milioni di dollari. Con un centinaio di dollari, il prezzo di una cintura esplosiva, un kamikaze jihadista può uccidere almeno dieci persone. Problema: se ammazzare un nemico costa agli Usa 500mila dollari, e costa all’Isis dieci dollari, in quante settimane Washington diventerà la capitale del Califfato e Jolanka Trump sarà costretta a indossare il burqua?

Cambiamenti Le armi convenzionali comunque hanno fatto il loro tempo: si chiamano convenzionali perché il pilota del bombardiere deve indossare la cravatta e deve dire “scusate il disturbo” quando sgancia l’ordigno. Un’ipocrisia buonista che la schiettezza del Secolo Populista spazzerà via: le nuove bombe non convenzionali saranno sganciate da piloti in canottiera, il cui durissimo addestramento prevede anche una gara di rutti e una chat di un mese, a scelta, con un camionista leghista o con una deputata grillina. Nel caso che a colpire il nemico sia un drone, si sta studiando un drone capace di ruttare e di fare il gesto dell’ombrello nel momento del lancio.

L’atomica Le atomiche americane di nuova generazione sono in grado di produrre quando esplodono, oltre al caratteristico fungo, anche altre figure molto più complesse e suggestive: il cactus, il leprotto, lo sciatore, la pompa di benzina, la locomotiva e il paio di tette. Putin sta lavorando invece a un’atomica che esalti lo spirito tradizionale russo: è in legno smaltato e contiene all’interno una testata più piccola, che a sua volta ne contiene una più piccola, e così via fino all’atomica più interna, che è grande come una capocchia di spillo ma è in grado di distruggere una metropoli di un milione di abitanti.

La bomba made in Italy Esposta nel recente Salone del Mobile a Milano, colpisce per l’interpretazione molto raffinata dell’ordigno come elemento significativo dello spazio urbano. Il designer milanese Ludo Gerometti l’ha voluta molto esile e aerea, sospesa al caratteristico stelo ad arco, penzolante sopra il bersaglio anche per anni ma senza incombere troppo, in modo da aggiungere allo spazio aereo urbano una nota di rischio incombente, ma anche uno stimolo a usare il tempo come una quantità che potrebbe consumarsi, terminare da un momento all’altro. Più pratica e a misura di vita quotidiana la bomba “Phisix” dell’architetto milanese Gero Linoletti, una sfera che rotola per le vie della città emettendo fumi minacciosi e rumori inquietanti, simbolo della strisciante presenza della guerra anche nei luoghi della vita quotidiana.

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