Dalla bomboniera a forma di pistola alle tazze mafiose: piccoli segnali di un paese che a forza di odiarsi si è rimbambito

Considerato un oggetto molto spiritoso, a Napoli va a ruba la pistola in ceramica dorata, venti euro on line e passa la paura, non è proprio questo il caso ma si dice così. Di primo acchito qualche ingenuotto aveva pensato fosse per feste carnascialesche. No, no, la deliziosa arma in ceramica è stata lanciata come bomboniera per prime comunioni e perfino per battesimi. La novità, com’era lapalissiano, è stata accolta con grande gaudio anche dai clan della zona, dalla famiglia Saltalamacchia in poi, assai prolifici in neonati e certo ferventi ammiratori della teoria gramsciana che gli uomini (allora non si doveva fare attenzione ai sessi) vanno educati fin da piccoli. Così da “La ragazza con la pistola”, film del 1968, è il momento del poppante con la pistola.

In passato nemmeno Michele Barra detto ’O animale o Carmine Alfieri detto O’ ntufato e altri gangster-gender erano mai arrivati a tale vetta nei simboli scelti per le loro cerimonie religiose. Data la tendenza, ci si deve preparare al fatto che presto saranno in vendita anche confetti a forma di pallottola dum-dum da distribuire in chiesa e da donare soprattutto al sacerdote come angelico ricordo della sacra cerimonia.

L’idea di un’arma simbolo di morte e malavita come bomboniera, è a dir poco agghiacciante. «Bang bang» ora si accompagna a «amen» che in molti casi però è la conseguenza. Ma l’inquietante prodotto non è altro che un riflesso del riscaldamento del clima del Paese e del resto del mondo, più da guerriglia che da pacificazione «Un ulteriore segnale dell’imbarbarimento della società», si è sgolato il consigliere regionale della Campania, il verde Francesco Borrelli che ha segnalato per primo il revolver di ceramica.

Quando l’aria del tempo è interpretata e rappresentata senza remore da oggetti iconici come le armi da fuoco sia pur finte da usare nelle occasioni più innocenti, l’identità e il limite sono davvero traballanti ed è da allocchi non prendere provvedimenti e non capirne la gravità. Speriamo non lo venga a sapere Der Spiegel che anni fa pubblicò la famosa copertina della pistola poggiata su piatto di spaghetti. Foto altamente offensiva non solo per la rappresentazione del Paese ma anche perché la pasta era visibilmente scotta.

In Sicilia si prediligono momenti più laici e goderecci. Turisti buontemponi e italici mattacchioni vanno in giubilo per i servizi da tè e da caffè ispirati al film “Il Padrino” di Francis Ford Coppola. Dev’essere assai allegro fare la prima colazione con una tazza dove Marlon Brando con due noci nelle guance nei panni di don Vito Corleone spande la sua espressione buona e piena di gioia di vivere. Anche l’impugnatura è ammiccante una lucida pistola le cui canne perforano la tazza. Non manca il set completo con il grembiule da Padrino e il guanto da forno con il viso di Brando ingentilito da gocce di sangue qua e là.

Non che l’iconografia della violenza sia prerogativa del Meridione, il fenomeno è nazionale, gli omicidi e le violenze familiari sono quotidiani, l’aggressività e la prepotenza sono atteggiamenti sempre più condivisi. I genitori picchiano i professori dei figli. Gli allievi si rivoltano contro i loro maestri. È l’epoca in cui è stato creato perfino un termine per definire una categoria numerosa e potente, quella degli “haters”, gli odiatori.

I baluardi sono via via più deboli, è stato proprio il linguaggio dell’attuale maggioranza a precorrere i tempi sdoganando l’insulto come contenuto e arma politica. In questo quadro va considerato anche il preoccupante rapporto tra Matteo Salvini e la lobby delle armi e il nuovo disegno di legge sulla legittima difesa depositato in Senato. Il leader della Lega ha tentato di placare le polemiche sulla ventilata ipotesi di un’Italia in versione Far West: «Il mio modello non è assolutamente quello americano, l’ultimo dei miei obiettivi è vendere le armi in tabaccheria». Intanto quelle finte fanno il loro ingresso in sagrestia.