La pace alla fine della prima guerra mondiale che sanciva la fine dell’Impero ottomano è all’origine dell’interminabile conflitto mediorientale

Nel 2018 che finisce è stato dimenticato un centenario. È stata ricordata la fine della Grande guerra in Europa, tra i paesi dell’Intesa (Francia, Gran Bretagna, Italia) e gli Imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria). Ed è stata evocata marginalmente la resa dell’Impero ottomano, alleato degli sconfitti Imperi centrali, avvenuta il 30 ottobre 1918 su una corazzata britannica, ancorata a Mudros, porto dell’isola greca di Lemnos. Quel che è stato dimenticato è il non sempre larvato, implacabile, interminabile conflitto, esploso subito, in Medio Oriente, nel novembre dello stesso 1918, a ridosso dell’armistizio di Mudros, e che continua a singhiozzo nei nostri giorni. Un secolo dopo nessuno ha pensato di ricordare il centenario dell’inizio delle ostilità provocate da quella pace appena conclusa. Le indispensabili opere di Eugene Rogan, professore a Oxford di storia contemporanea del Medio Oriente, sono tra quelle che sottolineano la grave distrazione.

Il nuovo conflitto, che nasce dalla fine della Grande Guerra, dice Rogan, mette a confronto da un lato le due nazioni vittoriose, la Gran Bretagna e la Francia, dall’altro le forze arabe loro alleate contro gli Ottomani, che invece di essere ricompensate con l’indipendenza, come promesso, vengono trattate da nemiche. Dall’Ottocento la questione d’Oriente era dominata dal timore di una decomposizione dell’Impero ottomano, considerato “l’uomo malato d’Europa”. La sua disintegrazione avrebbe acceso inevitabili conflitti tra le potenze ansiose di estendere i loro possedimenti coloniali ai territori non più controllati da una Costantinopoli decaduta, che da tempo perdeva pezzi del suo impero.

Nel 1914 l’Impero ottomano entra in guerra a fianco della Germania e dell’Austria-Ungheria: e i governi avversari, di Londra e di Parigi, sicuri della vittoria, pensano che la sua disintegrazione sia inevitabile e imminente: e che quindi spetti a loro, alle potenze europee, garantire l’equilibrio della regione, ridotta in frantumi dalla definitiva sconfitta della Sublime Porta.

Già dal 1916, in maggio, gli accordi segreti Sykes-Picot (nomi dei diplomatici che li firmarono: l’ inglese Mark Sykes e il francese François Picot), gettano le basi di una spartizione che si concluderà alla conferenza di Sanremo nel 1920. Viene creato il sistema dei “mandati”: istituzioni coloniali contro le quali i movimenti nazionalisti arabi insorgono. Erano in molti a volere una fetta della torta ottomana. Alcuni ne avevano approfittato da tempo: gli inglesi occupavano militarmente l’Egitto dal 1882 e avevano imposto il protettorato nel 1914. Anche l’Italia, frustrata dal non avere una colonia sul Mediterraneo aveva conquistato, tre anni prima, la Libia, e poi occupato il Dodecanneso. Al banchetto voleva partecipare la Russia prerivoluzionaria, che nel 1915 manifestò il suo interesse per il controllo di Costantinopoli, dello stretto dei Dardanelli e della Tracia occidentale. Un appetito territoriale che si spegnerà nel ’17 con la Rivoluzione d’ottobre. Al momento degli accordi segreti Sykes-Picot, la Francia precisò le sue ambizioni, che più tardi realizzò, sulla Siria e sul Libano; l’Inghilterra si riservò la Mesopotamia, la penisola arabica, e la Transgiordania. Londra ottenne un mandato sulla Palestina, al quale dovrà rinunciare trent’anni dopo, alla nascita di Israele.

La prima guerra mondiale, secondo Eugene Rogan, crea in Medio Oriente una situazione all’origine di tanti conflitti. I siriani non hanno mai riconosciuto la separazione del loro paese dal Libano imposto senza il loro accordo. L’Iraq fu ritagliato senza tenere conto delle correnti islamiche e dei gruppi etnici. Questa precipitosa, sommaria, incompleta ricostruzione dell’ultimo secolo mediorientale riporta al 1915, quando l’Alto Commissario britannico in Egitto tratta con il governatore arabo della Mecca, lo sceriffo Hussein, l’entrata in guerra contro l’Impero ottomano delle forze arabe sotto la sua influenza, in cambio della creazione di un “Regno arabo” sui territori liberati. Che invece diventeranno possedimenti coloniali, imposti da amministratori militari e con la legge marziale. Se si vuole decifrare l’agitato presente mediorientale bisogna leggere quel passato. Quando i vincitori della Grande guerra non tennero la parola data.