Anche gli olandesi? Oltre agli inglesi? Altre certezze a spasso. Non che questi mutamenti aiutino l’Italia a conquistarsi un nuovo assetto nell’antologia dei luoghi comuni positivi dove in genere rifulgono i giudiziosi paesi nordici. E non suscita goduria assistere al tremolio se non addirittura al crollo di miti acclarati, ora assai abbacchiati.
Il fatto è che le mitologie a rischio declassamento di Olanda e Gran Bretagna coinvolgono pure noi. Per la prima c’è il problema scottante dell’Ema. Per l’altra la questione è meno viscerale pur tenendo sul chi vive migliaia di nostri concittadini. Ma in entrambi i casi sembra esserci una vacatio di precisione e chiarezza, epiche caratteristiche olandesi e britanniche molto invidiate da noi (anche un po’ barbose secondo l’affollato côté cicala e opportunista degli italici).
Com’è noto, a vincere la gara per la conquista dell’Ema, l’agenzia europea del farmaco, è stata l’Olanda arrivata a pari merito dell’Italia grazie alla sconcertante procedura del sorteggio. Ma adesso è apparso un fumus, il dubbio della sede mancante, cioè che l’edificio olandese adibito alla fase transitoria non abbia la capacità di accogliere tutto il personale come invece prospettato nei documenti, scatenando sospetti e scenari da spy story internazionale.
Reazioni: sconcerto di Palazzo Chigi e ira meneghina che si appella al Pirellone pronto all’uso e all’ottimo dossier, lodato persino dal severo Financial Times, coordinato da Enzo Moavero Milanesi, ex ministro per gli Affari europei. Risultato: l’atterraggio alla Corte europea di Giustizia di due speranzosi ricorsi del Governo e del Comune di Milano per riconsiderare la tenzone. Sulla faccenda tre fazioni, chi applaude i ricorsi, chi ricorda che tutto fa brodo in campagna elettorale, chi sostiene che si fa la figura dei rosiconi.
Ma piuttosto. Come gli olandesi? Proprio loro così calvinisti al centro di un pasticcio come questo, loro i più solerti, persino più dei tedeschi, a farci la morale sulle nostre finanze, sulla nostra affidabilità? Quando Carlo Azeglio Ciampi lavorava come un forsennato per l’entrata nell’euro il più ostile non era il germanico Theo Waigel ma il ministro delle Finanze olandese Gerrit Zalm, arrivato, in caso di approdo italiano, a minacciare l’uscita del suo paese dall’Unione monetaria per difendere i risparmiatori.
Nonostante la dimensione, i Paesi Bassi sono molto influenti in Europa, Frans Timmermans è primo vicepresidente della Commissione europea (nomina creata ad hoc retrocedendo a numero tre l’italiana Federica Mogherini ) e Alexander Italianer (quando si dice la beffa del cognome) è il segretario generale della Commissione. Infatti sul clamoroso dubbio della sede provvisoria, a Bruxelles la cautela ha il passo felpato della pantera rosa.
Fosse successo al nostro Paese sarebbe scattato il florilegio sui soliti italiani pasticcioni, arruffoni, e soprattutto furbacchioni. Almeno ci si potesse consolare con uno dei nostri miti più apprezzati, quello del latin lover. Per carità, con i tempi che corrono sarebbe bollato come un molestatore seriale da mettere al bando della società.
Oltre agli olandesi, anche gli inglesi brillano ma sono già un pezzo avanti dopo l’incredibile autogol Brexit. E il film sbanca-botteghini “L’ora più buia” su Winston Churchill e la Gran Bretagna agli inizi della Seconda guerra mondiale mostra il deficit della premier Theresa May in testa per l’assegnazione del Nobel per la swinging politic, quella dell’oggi sì, domani no. Al momento nella specialità il suo più temibile concorrente è Luigi Di Maio.
In un’alternanza di dichiarazioni e altolà, assicurazioni e retromarce, aperture e chiusure su accordi o nuovi referendum, difficile starle dietro. Ultimi up and down di May: nessuno ha ancora capito, per esempio, se gli studenti stranieri pagheranno le stesse tasse degli inglesi e se i cittadini Ue arrivati dopo la Brexit avranno gli stessi diritti di quelli arrivati prima.
È così. Dall’olandese volante all’olandese mancante. E da Di Maio a (Di) May.