Nei giorni scorsi ho letto attentamente un libro di Tolstoj intitolato “Sonata a Kreutzer”. Sono rimasto sbalordito non soltanto dal racconto ma anche dal titolo, importante per diverse ragioni.
Il racconto è fatto da un signore di mezza età (naturalmente siamo in Russia dove Tolstoj vive e scrive) che ha commesso un delitto: ha ucciso la propria moglie per una serie di incomprensioni non soltanto psicologiche, ma anche di fatti realmente avvenuti, privi però dei significati che il personaggio invece gli attribuisce. La prigione è durata otto anni e poi il suo comportamento e i dubbi insorti nei giudici che l’hanno condannato hanno abbreviato la pena e il risultato è stato la messa in libertà di quella persona. Il racconto, molto diffuso nei particolari, viene fatto dal protagonista del libro a un altro viaggiatore del tutto a lui ignoto che però è il solo che possa ascoltare in quel lungo viaggio in treno nello scompartimento che i due occupano. Quello che racconta non si ferma un attimo, quello che ascolta interviene di tanto in tanto e soltanto per la richiesta di qualche chiarimento.
È una vita assai singolare quella raccontata dal protagonista del libro, durante la quale lui e sua moglie vivono per parecchi anni amandosi intensamente e anche fisicamente in certi momenti della giornata, mentre in altri l’amore è sostituito dall’odio, motivato da sciocchezze che l’uomo considera gravissime e la moglie egualmente. Insomma è un alternarsi continuo, nel racconto che costituisce il nerbo del libro, tra amore e odio. La conclusione è che il treno arriva al termine della corsa e i due interlocutori si salutano e il libro finisce lì. La lettura è affascinante per il lettore, del resto Tolstoj scrive come uno dei più grandi autori della storia letteraria dell’Ottocento e quindi non c’è da stupirsi del fascino che quel racconto suscita.
Resta da tornare sul titolo. Che cos’è Kreutzer? È una sonata di Beethoven per violino e pianoforte. E perché mai Tolstoj usa per la vicenda proprio quel brano musicale? La ragione è la seguente: la sonata di Beethoven si compone di quattro tempi, musicalmente parlando: nel primo tempo pianoforte e violino alternano o congiungono i loro suoni con piena armonia. Nel secondo tempo predomina la parte assegnata al pianoforte e il violino si limita ad un accompagnamento assai modesto. Nel tempo successivo le parti si invertono: quella assegnata al violino è dominante e il piano l’accompagna con un significato marginale. Il tempo finale vede i due strumenti che suonano con pieno vigore e quasi in lotta l’uno con l’altro. Il risultato è questo alternarsi di potenza musicale tra l’uno e l’altro strumento fino al punto in cui entrambi danno il massimo della propria parte facendo scaturire una conclusione musicale di formidabile significato e impressione sugli ascoltatori.
A questo punto il titolo del libro del quale abbiamo accennato il contenuto acquista un significato ulteriore: la sonata di Beethoven realizza tra i due strumenti un comportamento analogo a quello tra moglie e marito raccontato dal protagonista del libro stesso.
Questo modo di abbinare titolo e racconto è molto singolare ma rispecchia l’arte di Tolstoj: ha sempre raccontato nelle sue molteplici opere il bianco e nero, il bene e il male, la buona e la cattiva sorte, la tirannide e la libertà, la pace e la guerra, ma non sempre i titoli hanno affrontato direttamente il tema trattato. Questa è stata la grande arte di uno degli scrittori più importanti di tutta Europa; del resto lo si vede benissimo in “Anna Karenina”, in “Guerra e Pace” e in tutta l’opera di questo grandissimo artista e dei significati profondi che ciascuno dei suoi romanzi porta con sé. Qui naturalmente bisognerebbe che il lettore mentre legge ascoltasse la musica di Beethoven, questa sarebbe la pienezza e il maggior godimento e non è un caso che nella stessa epoca Tolstoj e Beethoven furono al vertice, l’uno nella letteratura e l’altro nella musica.
Naturalmente nella stessa epoca dominata letterariamente da Tolstoj ci furono altri artisti assai diversi ma di analoga importanza letteraria. Il più eminente è Proust e la sua “Recherche”, scrisse anche libri di assai minore importanza e la ragione è questa: la “Recherche” in apparenza è un unico libro ma nella sostanza sono almeno tre: tre diverse fasi della vita dell’autore perché la “Recherche” è un’autobiografia che però varia continuamente poiché riflette analoghe variazioni di Proust e delle persone da lui frequentate. Proust è Proust ma non è mai lo stesso e contemporaneamente registra nel suo racconto i mutamenti che avvengono intorno a lui; mutamenti reali e non fantasticati dall’autore del libro.
Nella stessa epoca e in modi completamente diversi della tecnica letteraria ma sostanzialmente analoghi nei contenuti c’è Kafka nell’Europa germanica, Joyce in Inghilterra. Questi nomi sono i più importanti ma ovviamente non i soli. Se per esempio prendiamo i grandi letterati del nostro Paese oltre a Manzoni potremmo indicare Alfieri e Foscolo. Limitarsi a questi nomi tuttavia non riflette la ricchezza della letteratura europea che a partire dall’Ottocento raggiunge probabilmente il massimo fino ai primi del Novecento, ci vorrebbe un libro ma qui ci limitiamo ad un articolo.