Criminalità
La mafia nigeriana, storia delle cosche venute dall'Africa Nera
Alleanze con Cosa nostra, 'ndrangheta e camorra. Apparato gigantesco, gerarchia rigida. Un libro spiega come è cresciuta la mafia nigeriana
La mafia nigeriana non è leggenda metropolitana, ma una realtà criminale presente nel nostro come molti altri paesi, eppure quando se ne parla senza conoscenze, quando il racconto viene strumentalizzato per criminalizzare gli immigrati, ci si allontana pericolosamente dal comprenderne la reale portata. Anche per la mafia nigeriana vale la regola aurea: parlarne in maniera superficiale è il più grosso favore che le si possa fare.
Oggi, chi volesse approfondire, potrà leggere il libro di Leonardo Palmisano, “Ascia Nera”, edito da Fandango. Palmisano ci presenta una mafia che non è affatto minore, ma un’organizzazione criminale che parte dal delta del Niger e trova terreno fertile ovunque decida di estendere le proprie attività. E avverte: guai a ritenere la mafia nigeriana dedita unicamente alla tratta degli esseri umani e allo sfruttamento della prostituzione, ha in realtà la capacità di entrare anche in altri mercati, grazie alle consorterie che è stata in grado di creare con le mafie autoctone.
I punti di riferimento di Black Axe sono rintracciabili nella predicazione antischiavista, derivata strumentalmente dalle Black Panther. Agli esordi l’egemonia di Ascia Nera si determina grazie alla massa di giovani istruiti, studenti universitari che imbracciano le armi a Benin City, nel 1977. Nasce come confraternita studentesca (Neo Black Movement), ma si distingue subito per l’adesione al cultismo e alla pirateria. Nel libro di Palmisano gli Aye (African Youth Empowerment), i picciotti, rivelano la lunga trama degli affari e delle affiliazioni, l’evoluzione di un apparato gigantesco. Dalle grandi città universitarie nigeriane, si sono spostati nel mondo occidentale, prima governando la tratta delle donne, poi entrando nello spaccio di piazza, nella gestione partecipata del narcotraffico transcontinentale, nel riciclaggio di denaro sporco nelle banche svizzere, nella compravendita di armi e di pietre preziose sul mercato olandese e di Dubai. L’affidabilità del sistema è garantita da una gerarchia rigida e molto ben strutturata, un’organizzazione che ha preso a modello le mafie italiane. Palmisano trova similitudini tra la stratificazione interna di Ascia Nera e le gerarchie ’ndranghetiste e anche la suddivisione del territorio, come i processi decisionali, sono mutuati dalle organizzazioni criminali italiane.
In Nigeria, Ascia Nera continua a farsi chiamare Neo Black Movement e si comporta come un’associazione benefica, aprendo ospedali, regalando automobili alle polizie locali, edificando un sistema di welfare criminale in parte paragonabile a quello vigente in vaste aree del sud Italia. Contemporaneamente il movimento mafioso corrompe colletti bianchi, politici ed imprenditori, diventando un interlocutore privilegiato per le classi dirigenti nigeriane. E, in ultimo, partecipa alle elezioni con l’arma della minaccia e dell’assassinio. Fuori dalla Nigeria fa affari con i narcos messicani e con i fondamentalisti pakistani per l’importazione di cocaina e di eroina gialla. Si raccorda con grande facilità alle grandi mafie sul territorio italiano, approfittando dell’esclusione sociale dei neri per ricattare, minacciare e assassinare chi si oppone alle sue regole. Palmisano racconta di come in Italia si sia insediata in Sicilia, dove ha patteggiato il proprio radicamento con una decina di mandamenti; in Calabria, dove gestisce con la ’ndrangheta i ghetti; in Puglia, dove compera marjuana dalla mafia del Gargano e smercia droga al dettaglio per conto della mafia barese e dalla Sacra Corona Unita. E in Campania, dove spaccia e ricetta al servizio della camorra. Poi c’è il radicamento al Nord, dove gode dello spazio conquistato dalle mafie meridionali e della permeabilità del tessuto economico e imprenditoriale. In Europa ha relazioni con la camorra marsigliese insediata a Parigi e con la mafia russa a Londra e a San Pietroburgo.
Di tutto questo possiamo continuare a parlare come di un pericolo tanto onnipresente quanto generico, cosicché nulla cambierà. La marginalizzazione e l’esclusione dal mercato del lavoro sono le prime cause di affiliazione tanto per gli italiani quanto per gli stranieri. Continuino pure i nostri politici a urlare #primagliitaliani e #lamafiafaschifo: non avranno risolto nulla, ma tutti quegli hashtag li avranno fatti sentire almeno al passo con i tempi. Magra consolazione.