Il boicottaggio digitale al comizio di Tusla dimostra che gli adolescenti hanno saputo trovare una forma originale e inattesa di impegno politico
Centinaia di migliaia di utenti social si sono registrati al rally di Tulsa, che ha dato inizio alla campagna elettorale di Trump per le presidenziali, senza avere alcuna intenzione di andarci. Lo hanno fatto per mandarne in tilt l'organizzazione che infatti aveva previsto, ma immagino senza troppo contarci, un milione di presenze e un maxischermo per chi sarebbe rimasto fuori.
Non era un evento a numero chiuso e la registrazione era funzionale a farsi un'idea sull'affluenza e a raccogliere un po' di dati, quindi nessuno ha impedito ai veri sostenitori di Trump di prendere parte all'evento. Forse la pandemia e le proteste delle ultime settimane hanno scoraggiato chi in condizioni normali sarebbe andato, ma la capienza massima del Bank of Oklahoma Center è di 19 mila posti, quindi quegli spalti vuoti hanno davvero avuto un sapore strano.
Tutto ciò che riguarda Trump prima di accadere deve essere raccontato; tutto attorno a lui deve avere una storia prima ancora di essere storia. E infatti Tulsa non era stata scelta a caso: Trump voleva trasformare in una prova di forza il primo comizio organizzato dallo scoppio della pandemia e dopo l'assassinio di George Floyd proprio nella città in cui, nel 1921, si era verificato uno dei più gravi massacri di afroamericani della storia degli Stati Uniti.
Ma questa volta le cose sono andate diversamente e
a decidere il corso che avrebbe preso la narrazione di Tulsa non è stato Donald Trump.
Non esiste azione più eclatante di quella che ha come protagonista l'uomo più potente del mondo e non esiste scherzo più divertente di quello che gli adolescenti riescono ad assestare a chi, tra gli adulti, si mostra oltremodo sicuro di sé. L'età media degli utenti di TikTok e Twitter che hanno messo in atto questa sorta di pacifico sabotaggio è molto bassa, li chiamano Generazione Z. La loro età mi fa pensare che le teorie secondo cui queste azioni sarebbero il risultato di una palese alienazione, sono palesemente fesserie. Si tratta di ragazze e ragazzi per i quali i social network sono come per gli adolescenti degli anni Novanta le sale giochi dopo la scuola. Noi ci perdevamo in sfide infinite a Tetris, loro si cercano, si trovano e tra le mille cose che fanno e dicono, decidono di mettersi alla prova, di capire fino a che punto possono spingersi e fino a dove possono arrivare.
Non c'è per me alienazione, piuttosto un normale, sano e finanche costruttivo delirio di onnipotenza, lo abbiamo provato tutti a quell'età, il problema è quando si continua a esserne preda da adulti, finanche da anziani.
E a quanto pare è ciò che sta accadendo a
Trump che non è più in grado di leggere il mondo in cui vive, perché un conto è parlare agli irriducibili, a coloro i quali - per capirci - si sono presentati al Bank of Oklahoma Center senza mascherina perché lo stesso Presidente si rifiuta di indossarla; un'altra è parlare agli scettici, a coloro i quali sono spaventati e che non hanno ancora capito se la diminuzione dei test promessa da Trump perché emergano meno casi di contagio sia uno scherzo o una promessa/minaccia per il futuro.
È esattamente su questa politica del tutto priva di logica che si innestano le azioni di pacifico sabotaggio sui social media.
Molte volte mi sono trovato nella condizione di sentirmi disarmato di fronte al muro di gomma di una politica che spesso oppone idiozia quando servirebbe buon senso; che criminalizza gli immigrati mentre decine di migranti continuano a morire in mare. È come se al racconto di un dramma, in risposta arrivasse sempre un rutto e dopo il rutto nulla ha più senso. Ho spesso pensato che la Generazione Z, gli adolescenti di oggi, avrebbero avuto ben poche possibilità, volendo mantenere anche la dignità, di fare il loro ingresso in un dibattito che sia davvero politico. A loro sarebbe stato richiesto ciò che si è preteso dagli altri: di scegliere una parte e portare quella scelta fino alle estreme conseguenze, di essere un esercito che sui social non si diverte, ma si incazza e possibilmente insulta.
Ora sappiamo che non è così, che l
e regole possono dettarle loro e, che sia scherzo o protesta, una strada l'hanno trovata.