L’incompetente
Il canale pubblico continua a proporre repliche senza alcuna cura del prodotto, perdendo una grande occasione e umiliando le professionalità
di Luca Bottura
I bei tempi in cui l’estate sportiva era un apostrofo beige tra le parole “replica” e “replica” sono finiti da tempo. La lotta senza quartiere tra le varie piattaforme e i diversi metodi di trasmissione - digitale terrestre, satellite, streaming - ha fatto sì che anche la più miseranda delle amichevoli sia coperta da un’esposizione televisiva, anche perché, nell’era dell’on demand estremo, solo quel che accade in diretta è valore aggiunto per i media tradizionali. Traduco: Don Matteo te lo scarichi su Raiplay e te lo vedi quando ti pare, la finale di padel no. E magari te la guardi anche se il padel, fino a un attimo prima, credevi fosse quello di nonno. Da svuotare. Presto. In questa competizione estrema, in questo accaparrarsi di eventi, in questa guerra commerciale fatta anche di tagli, ritagli, frattaglie, valorizzazione del poco che si ha grazie al montaggio, alla grafica, alla produzione, insomma: al lavoro, l’assoluto convitato di pietra è la rete diretta da Auro “Matteo” Bulbarelli. Che non solo non trasmette quasi nulla live, ma sconta tempi biblici anche per le differite. L’esempio più calzante è quello olimpico. Chi scrive ha a lungo pensato che non solo la Rai si fosse persa i diritti online per i Giochi, ma anche quelli del cosiddetto “secondo passaggio”.
Questo perché, nonostante la miriade di medaglie vinta dagli azzurri, il tran tran del canale 57 è proseguito per settimane con la solita programmazione: repliche del Tour de France, repliche del Giro d’Italia, repliche di telecronache ciclistiche a caso svolte da Bulbarelli medesimo, qualche benemerito frammento di vero archivio trasmesso sempre e comunque random. Poi, d’improvviso, dopo giorni e giorni, ecco spuntare le immagini di Tokyo. Quindi i diritti c’erano, ci sono. E il tempo per rimontare, organizzare, ricreare la cavalcata tricolore, anche.
Invece, gli spettatori che inciampino sulla frequenza di cui sopra, si ritrovano la riproposizione “dritto per dritto” di quanto già andato in onda su Raidue. Quello che veniva chiamato “best of” senza esserlo (i “best of” si fanno alla fine, ma dell’uso a capocchia dell’inglese parleremo un’altra volta) e viene ritrasmesso senza la minima lavorazione. Così ti ritrovi il capitano del basket che racconta di come vinceranno senz’altro contro la Francia, gli ospiti in studio che confermano, e già sai com’è andata: a casa, pur con onore. Il punto è che di quel povero canale e di chi ci lavora – gente brava ce n’è eccome – non frega nulla a nessuno dacché l’intera testata è diventata portatrice d’acqua a Raidue, cui propina un tg sportivo al giorno e stop. Eppure ce ne sarebbe da mandare in onda, persino svolgendo servizio pubblico.
Le federazioni ormai coprono i loro avvenimenti, basti pensare a quel che la Fit ha fatto con Supertennis, rilanciando l’intero settore. E li mandano gratis sui social. Basterebbe prendere quelle dirette e trasmetterle. O commentarle in proprio, sennò i telecronisti col piffero che crescono. Invece niente, nada, nothing. Frequenze buttate al vento, competenze irrise e frustrate. Chissà dove finirà Bulbarelli nel prossimo valzer di poltrone però… ecco, ha voluto la bicicletta: sarebbe bello se pedalasse almeno un po’.
GIUDIZIO PHOTO FINISH. SOPRATTUTTO FINISH.