Enrico Letta: «Dobbiamo alzare l’asticella, pretendere di più per dimostrare di meritare il consenso dei cittadini»

«Non abbiamo l’arroganza di essere antropologicamente superiori agli altri. Ma dobbiamo avere l’umiltà di provare ad essere migliori: più seri, più attenti, più responsabili nei confronti del Paese». L’intervento del segretario del Pd

Oggi non mette più le bombe, la mafia. Ma corrompe e prospera sotto altre forme, più striscianti e fors’anche più redditizie. Oggi non fanno più troppo clamore e titolo, la corruzione e l’illegalità. Ma inquinano e contaminano la vita pubblica ed economica del Paese, condannandolo al fondo delle graduatorie europee e internazionali sull’attrattività e la trasparenza dei sistemi nazionali.

 

A quasi quarant’anni da quella intervista di Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari sulla “questione morale”, della tensione verso un paradigma diverso di etica pubblica sembrano restare poco più che evocazioni sbiadite. Non l’aspirazione a combattere intrigo e privilegio, che pure rappresentavano uno dei messaggi di quella svolta complessa che precedette Tangentopoli e la fine controversa della Prima Repubblica, ma l’utilizzo mistificatorio che se ne fece a posteriori. Vale a dire la critica settaria al sistema dei partiti tout court, l’antipolitica come scorciatoia per non riconoscere lucidamente i limiti del nostro ethos pubblico e porvi rimedio, il pensiero debole e tagliato con l’accetta in luogo del confronto tra ideali e della cultura politica.

 

È un approdo paradossale e corrosivo per la qualità stessa della nostra democrazia. Più la politica è debole, maggiore è la pervasività dei fenomeni di degenerazione e corruttela. Più la forma partito è fragile, disarticolata, svilita nella sua funzione costituzionale di intermediazione tra popolo e rappresentanti del popolo nelle istituzioni della Repubblica, più quelle stesse istituzioni si rivelano permeabili alle infiltrazioni devianti, italiane e anche estere.

 

Si tratta di un approdo che una sinistra popolare e non populista, erede anche di quella tradizione, ha il dovere storico di contrastare senza timidezze.

 

Prima di tutto sgombrando il campo da un grande abbaglio: noi non abbiamo l’arroganza di essere antropologicamente superiori agli altri. Ma abbiamo - dobbiamo avere - l’umiltà di provare ad essere migliori: più seri, più attenti, più responsabili nei confronti del Paese. A cominciare dai giovani e dai più fragili e vulnerabili, che a ben vedere sono le prime vittime di un sistema squilibrato e iniquo.

 

Nella selezione del personale politico, nei processi di aggregazione del consenso e del tesseramento, perfino nelle relazioni personali dentro il partito, il Pd sta provando ad essere migliore. Non esiste una sovrapposizione tra etica e strategia politica. Il nostro modello è un partito moderno che sappia essere progressista nei valori, a partire dai tre pilastri dei diritti civili, della giustizia sociale e della sostenibilità ambientale; riformista nel metodo; radicale nei comportamenti.

 

È con questa radicalità - da praticare e monitorare ogni giorno, al centro e sui territori, senza pretendere dagli elettori cambiali in bianco - che possiamo e dobbiamo dimostrare la nostra diversità dalla destra peggiore di sempre.

 

Il banco di prova forse più impegnativo è ancora una volta la Sicilia. Subito, con il rinnovo, tra una manciata di giorni, delle giunte comunali a Messina e a Palermo, dove il candidato del centrodestra - sostenuto da Dell’Utri e Cuffaro, come se due sentenze pesantissime della Cassazione fossero lettera morta - diserta le celebrazioni in memoria di Falcone e Borsellino senza che nessuno nella coalizione abbia nulla da obiettare.

 

E in autunno, con le Regionali, per le quali stiamo provando a mettere insieme una grande coalizione di forze progressiste e democratiche, aperte al civismo e all’associazionismo che nell’isola hanno conservato negli anni radicamento e credibilità.

 

Alzare l’asticella, pretendere di più da noi stessi per dimostrare di meritare il consenso dei cittadini e restituire speranza e protagonismo ai giovani: questo faremo. Perché il futuro di un’Italia migliore passa anche dalla rivoluzione di persone e comportamenti in Sicilia in questo 2022.

 

Passa oggi, come ai tempi di Pio La Torre - cui il Pd dedicherà, per il quarantennale del suo assassinio, la Festa nazionale dell’Unità che per la prima volta si terrà proprio a Palermo -, dal contrasto al legame perverso tra criminalità, affari e politica. È ancora e sempre lì - nel patrimonio, nella “roba”, nell’interesse particolare in contrasto con il bene pubblico - il cuore della questione, morale e politica insieme, che condiziona le sorti del nostro Paese.

 

Enrico Letta è il segretario del Pd

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